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“Per Giulia non fate un minuto di silenzio. Per Giulia bruciate tutto”

Lo sconforto e la rabbia di queste ore ha spinto molte di noi, me compresa, a chiedersi finanche a che valga scrivere.

La retorica nei casi di femminicidio è (preoccupantemente) sempre la stessa: la morbosa curiosità per la vita privata della vittima, la pornografia del dolore della sua famiglia e/o di quella del suo assassino, la scomposta difesa del bravo ragazzoche faceva i biscotti, ma poi è stato colto da raptus improvviso o, viceversa, gli urli belluini di chi invoca il pubblico linciaggio del mostro.

E, naturalmente, le raccomandazioni di rito alle donne: non andate allultimo appuntamento, sappiate riconoscere i segnali, non esponetevi al pericolo (qualcosaltro?).

Il tutto condito, in questo come in altri casi, da improbabili letture generazionali (“questi giovani doggi”!) che sembrano dimenticare che la violenza di genere attraversa classi, età, etnie, gradi di istruzione, continenti ed epoche; che il mondo e la casa, per le donne, non sono mai stati luoghi sicuri; che il delitto donore è stato abrogato solo nel 1981; e che lo stupro fino al 1996 era un reato “contro la morale” e non “contro la persona” (per dire).

Che di storie come quelle di Giulia ce ne sono più di un centinaio ogni anno in Italia.

Si chiede a gran voce lintroduzione di una formazione nelle scuole e sarebbe sacrosanto, per carità, ma dovrebbe essere fatta da persone realmente competenti su questi temi, perché chi parla di violenza di genere senza avere una cultura femminista fa la catechesi degli idioti.

Il/la docente medio non sa nulla di questioni di genere (esattamente come la maggior parte delle persone in questo Paese) e, quando prende parola sul tema, sovente scivola in un paternalismo zuccheroso che su un/una adolescente rischia di fare più danni che altro.

Le donne non si toccano neanche con fiore”, La donna è sacra”, La donna porta la vita, rispettala. Ma che significa?

Frasi dette, magari, in buonafede, ma che testimoniano solo il sessismo di chi le scrive e che, si spera lo si comprenda, continuano a rafforzare una deleteria mistica del femminile materno-endogamico e a veicolare lidea che occorra una qualche motivazione eterodiretta per non farci a pezzi.

La verità è che, qualora si volesse agire nelle scuole, bisognerebbe ripensare prima di tutto la formazione docente, rendere obbligatorio lo studio di una didattica delle differenze largamente intesa che impatti in modo sistemico sul canone e sul metodo, farne un requisito obbligatorio per labilitazione (lo stiamo chiedendo dalla prima edizione di Educare alle Differenze).

Non si tratta di aprire delle finestre, ma di ripensare lintero approccio alle discipline: si può fare. Io stessa, da docente, l’ho fatto. In tante/i l’abbiamo fatto.

Anche cosi, però, non possiamo aspettarci che la scuola da sola possa risolvere il problema della violenza degli uomini contro le donne, quando c’è tutto un immaginario discriminatorio del mondo, fuori e dentro di noi, che va nella direzione opposta, che plasma i pensieri e, a partire da quelli, poi ci rompe le ossa per mano dei maschi.

Dal porno al linguaggio politico, dalle pubblicità ai libri di scuola, dal cinema ai social media, dalla rappresentazione dellamore a quella della famiglia, tutto sembra stato costruito per tenerci in uno stato di minorità, sottoposte a controllo e violenza: finché non cambia il nostro linguaggio e la nostra rappresentazione del mondo e delle relazioni, finché non cambiamo noi, nulla cambierà mai.

Il patriarcato è un sistema che spinge gli uomini a reificare e infantilizzare le donne, un sistema fantasmagorico, antistorico e irrealistico, che costruisce un maschile relazionale insicuro e violento: non è un caso che lassassino, più indietro di lei con gli esami, abbia rapito Giulia Cecchetin prima della sua laurea, che le abbia tolto, oltre alla vita, anche la gioia di questo importante momento di autodeterminazione.

In queste ore le parole più lucide sono quelle di Elena Cecchetin, la sorella di Giulia. A lei va la nostra stima e il nostro affetto.

Al di là del dolore e della rabbia, quel che si inferisce dalle sue dichiarazioni è soprattutto linvito a vedere la natura strutturale del fenomeno e, con esso, la presa in carico a non trattare solo il caso isolato (a quello penserà la magistratura), ma il femminicidio stesso per quello che è: la manifestazione particolare e più estrema di un sistema storico, culturale, politico, religioso, economico, relazionale e legislativo, costruito su una dinamica di potere discriminatoria e violenta vecchia millenni; il patriarcato non va corretto, va distrutto.

Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto”.

Per noi significa linvito a non consegnare il dolore a una semantica antiquaria, ma a renderlo forza motrice per un cambiamento.

E a cambiare, sembra evidente, devono essere anche e soprattutto gli uomini, non perché il patriarcato non appartenga anche alle donne (tutti/e siamo dentro Matrix), ma perché, pur essendo questo un sistema che si perpetra con la complicità di ambo i generi, nei fatti poi gli uomini ammazzano e le donne vengono ammazzate.

Gli uomini ammazzano e le donne muoiono.

 * docente-ricercatrice, storica, antichista, attivista.

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8 Commenti


  • Manlio Padovan

    “…il patriarcato non va corretto, va distrutto”.
    Giusto; ma per farlo occorre risalire alle origini per ben rappresentarlo nella sua completa essenza.
    Che è ciò che mai si fa.
    Occorre divulgare la emancipazione dalla religione…ma ci si grada bene dall’attaccare quest’ultima!


  • Manlio Padovan

    Ma diciamolo meglio (se mi sarà consentito perché non si capisce mai come potrà agire il censore).
    “Ma fintantoché si proclama come fonte purissima di “verità divina”, come norma sacra della “perfettissima morale”, come pilastro di religioni di Stato un libro con, a star bassi, 50.000 varianti testuali (dunque in media 30 luoghi controversi a pagina!); il cui contenuto è pieno di contraddizioni e spesso oscuro; di rado attinente alla vita extrapalestinese; dove il buono che se ne cava (in parte già prima e meglio noto) poggia sulle ragioni insostenibili di un lugubre e sospetto entusiasmo teosofico: fino ad allora ci meritiamo i regimi e le situazioni che abbiamo! (A. Schmidt Ateo?:Altroché!)
    Nota. Quante considerazioni importanti, reali e definitive si possono imparare da un libretto di 35 pagine se l’autore è una persona seria, orgoglioso della sua cultura e dei padri che l’hanno fondata, e non uno dei tanti nostri eterni spaghettanti dello spirito!
    Le religioni cosiddette “rivelate” sono la codificazione scritta del pensiero che estromise la cultura della Dea per imporre una teocrazia di un dio maschio e guerriero che da 5000 anni ci procura solo guai.
    Vorrei sapere quanti dei cosiddetti credenti hanno letto il libro di Riane Eisler “Il calice. er la spada/ La civiltà della Grande Dea dal neolitico ad ogg”: libro che è stato definito il più imporante dopo “Origine della specie” di Charles Darwin.


  • Andrea Vannini

    piu’ che matrix servirebbe conoscere MARX. l’ educazione sessuale nelle scuole é assai auspicabile, assai piu’ di quella anacronistica religiosa. l’ educazione affettiva e sentimentale é altro. non attraversa solo cosa e come si studia a scuola ma come si vive nella società e quanto questa società é umanamente vivibile…e comunque chiediamoci perche’ mai, se nel 2023 sono state assassinate 105 donne, la 105sima é stata “sorteggiata” per una bella campagna pseudogiornalistica “distraente”. la notizia che “buca”, ciò che fa’ notizia, c’è chi lo decide nei piani alti. e tutti a comando a dire la loro…


  • Eros Barone

    Quella che è in atto è un’operazione politico-ideologica con cui, attraverso l’uso strumentale dell’attenzione al femminicidio e alla violenza di genere, si tende a far passare politiche repressive funzionali alla svolta reazionaria che avanza a livello nazionale, europeo e mondiale. La risposta che il potere dominante e l’opposizione subalterna e connivente dànno al cosiddetto “femminicidio”, che fra l’altro nel nostro paese, contrariamente a quanto fa supporre il pompaggio mediatico con cui viene gonfiato, rappresenta, nel campo dei reati, una delle percentuali più basse in Europa, è infatti di tipo penale e corporativo, ad un tempo vittimizzante e infantilizzante: le donne vengono considerate come esseri fragili da proteggere di fronte ad aggressioni brutali dovute non si sa bene a quali ‘raptus’ e, quindi, ignorando completamente la natura strutturale della violenza, non solo di genere, di cui è satura una società fondata sulla competizione e sul profitto. Si tratta di un’impostazione buonista che, mentre non recherà alcun vantaggio alle vittime della violenza, alimenterà un odio ancor più forte nei riguardi del genere femminile. Basti pensare che nel comune sentire sta passando il discorso secondo cui le donne sono la rovina della famiglia, i mariti devono vivere in miseria dopo la separazione e ad essi vengono negati i figli che i giudici assegnano sempre alla compagna ecc. ecc., ignorando bellamente che, se tutto ciò accade, non è certo colpa della donna, ma semmai di una società che dà stipendi da fame, nonché insicurezza e precarietà generalizzate: una società i cui organi di governo (dall’esecutivo al sistema dei ‘mass media’) usano il discorso e la pratica dei diritti e delle tutele ponendo fra parentesi il fatto che “il diritto non può mai essere più elevato della condizione economica e del grado di civiltà sociale che vi corrisponde” (K. Marx, “Critica del programma di Gotha”). Pertanto, la lotta per la liberazione della donna non può essere né concepita in modo corporativo, poiché sarebbe destinata alla sconfitta, né ridotta ai buoni propositi educativi (come “l’ora di lotta contro il femminicidio”), poiché si perderebbe nelle brume di una ‘cattiva infinità’, né tradotta in qualche articolo di legge, poiché nelle condizioni attuali la codificazione penale dei reati connessi alla violenza di genere servirebbe soltanto ad un uso repressivo da parte delle classi dominanti. Essa ha un senso non velleitario soltanto se viene integrata in una lotta più generale, economica politica morale culturale, degli sfruttati e degli oppressi, il cui scopo sia quello di trasformare, insieme con la società, la qualità stessa della vita e, dunque, delle relazioni tra l’uomo e la donna.


  • E Sem

    Ci stiamo svegliando dal lungo letargo della ragione e del raziocinio? Il fascismo oligarchico odierno, ex feudalesimo, ex diritto greco, ex, ex, ex all’ infinito ci opprime ci violenta giorno dopo giorno e continuiamo vigliaccamente a subire, a tacere, a non reagire. Le meravigliose nostre compagne di vita continuano ad essere le vittime della nostra consapevolezza di impotenza, di inadeguatezza di fronte alle sfide che ogni giorno questa società marcia ci propone. Siamo dei vigliacchi frustrati: calcio, calcetto e tifoserie politiche, informazioni pilotate, ipocrisie religiose aumentano la nostre reazioni violente tipiche di tutti gli allevamenti intensivi di carne da macello.
    Dicevo ci stiamo svegliando? vediamo ora una fine possibile ai nostri comportamenti demenziali?
    Purtroppo no, mai come questo momento, quello che chiamiamo impropriamente barbaria, con le sue crudelta’ necessarie ha potuto vantare un controllo della nostra società. In questo momento la violenza vigliacca e oscena sulle donne ha semplicemente la funzione del tappeto dove nascondere polveri orribili in corso di produzione. E’ una trappola e come sempre ci stiamo cadendo dentro: … e poi alimenteranno e studieranno altro, scavando sempre di piu’ nell’ immenso letamaio delle debolezze e delle crudeltà che solo noi umani possediamo (e che la nostra società malata, per ora, riserva quasi esclusivamente alla parte maschile e similmaschile (leggi prevalentemente invasati religiosi maschilisti).


  • Manlio Padovan

    Ha ragione Eros Barone quando puntualizza che l’emancipazione della donna e quindi al lotta alla violenza di genere , deve procedere come lotta più generale: “economica politica morale culturale degli sfruttati degli oppressi”.
    Ma la nostra è una società che privilegia l’amore per il denaro al rispetto delle giuste relazioni tra le persone.
    Ed anche qui c’entrano le religioni “rivelate”.
    Non molto tempo fa lo stesso Eros Barone riportava il pensiero di Karl Marx sugli ebrei esposto nella “Questione ebraica” dove si mette l’accento sul loro attaccamento al denaro. Ma la stessa considerazione vale per i cristiani se si legge attentamente la parabola de “I talenti” di Matteo 25 dove si invita all’amore del denaro per il denaro da soddisfare con qualsiasi mezzo non esclusa la prepotenza mafiosa.
    Cioè la società ebraico-cristiana è malata fin dalle fondamenta.
    E sono le sue fondamenta che bisogna ricostruire a partire dalle religioni cosiddette rivelate.


  • Mara

    In tutti questi femminicidi non ci raccontano mai i motivi che li hanno determinati non certo per giustificare questo tipo di reato ma per far capire sia agli uomini che alle donne quali sono le situazioni e gli errori da evitare.


  • Manlio Padovan

    a Mara.
    Io, infatti, mi aspettavo che nel caso specifico, di cui tanto si è detto. e tanto si dice, mi aspettavo notizie sulla famiglia dell’omicida, sulla su a mentalità, sugli ambienti che frequentava. Ma nulla ci hanno comunicato al proposito.

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