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La UE proiettata nello spazio, con l’Italia in prima fila

Negli ultimi giorni vi sono stati alcuni passi importanti per l’industria aerospaziale europea, con l’Italia in prima fila in questa nuova corsa allo spazio. Questo è un settore strategico che da tempo è tornato al centro della competizione globale per le opportunità che offre per il futuro, e perciò è bene tenere il passo con gli avvenimenti.

A Siviglia si è svolto il vertice annuale dell’Agenza Spaziale Europea (ESA), seguita dall’EU Space Week organizzata dall’Agenzia dell’Unione Europea per il Programma Spaziale (EUSPA).

Per la prima la UE è il principale cliente per lanci istituzionali, ma è la seconda che è diretta emanazione di Bruxelles e che nel futuro guiderà i progetti strategici europei.

Alla testata specialistica Airpress l’ingegnere ed esperto Marcello Spagnulo ha detto chiaro e tondo: “l’Europa dovrebbe avere una sua autonomia nel volo spaziale umano e robotico perché il mondo è divenuto davvero multipolare, non solo geopoliticamente, ma anche tecnologicamente“.

La sfida posta dai programmi indiani, giapponesi e persino sauditi impone di affrontare le mancanze alle nostre latitudini.

Il pensionamento del lanciatore Ariane 5 ha lasciato alla UE unicamente vettori statunitensi per implementare la propria infrastruttura satellitare. L’obiettivo è di portare l’Ariane 6 e il Vega-C (dell’italiana Avio) sulle rampe di lancio entro il 2024, mentre ci si prepara al Consiglio ministeriale dell’ESA del 2025.

A questo incontro si prenderanno decisioni importanti riguardanti la realizzazione e commercializzazione dei lanci spaziali. Si tratta, insomma, di garantire un migliore accesso a diversi soggetti, in particolare privati, al mercato della New Space Economy, che ad oggi vale 460 miliardi di dollari, ma che si stima raggiungerà i 1000 miliardi nel 2030.

La collaborazione con l’ESA è fondamentale anche per lo sviluppo dell’acceleratore Space for a green future (S4GF). Questa è una partnership indipendente che coinvolge attori di varia natura per trovare nello spazio vie concrete per l’agognata neutralità delle emissioni di carbonio entro il 2050.

La seconda scelta di rilievo presa a Siviglia è quella di mettere in cantiere lo sviluppo di un servizio autonomo di navicelle per il trasporto di materiali, ma anche di astronauti. Per ora il punto di arrivo sarebbe la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), struttura di ricerca gestita congiuntamente da USA, Russia, UE, Giappone e Canada.

Su questo lato, però, si vede l’effetto del mondo multipolare anche sul piano tecnologico, di cui ha parlato Spagnulo. Già dal 2009 la Russia aveva annunciato la volontà di separare i moduli russi a fine operatività, prevista per il 2030, per dare vita a una stazione spaziale russa e farne il punto di partenza per le previste missioni umane sulla luna.

L’attenzione europea sta quindi virando verso Starlab, il progetto di Nanoracks. selezionato dalla NASA insieme a Blue Origin di Jeff Bezos e a quello della Northrop Grumman, per la creazione di una nuova stazione spaziale commerciale.

L’ESA ha firmato un’intesa con Airbus e Voyager Space per approfondire la collaborazione su questo dossier e garantire all’Europa un autonomo accesso allo spazio.

Il direttore generale dell’ESA, Josef Aschbacher, ha commentato affermando che “guardano con fiducia all’iniziativa industriale transatlantica per la creazione della stazione spaziale commerciale Spacelab“.

Insomma, l’euroatlantismo trasportato su un livello orbitale.

In questo schema l’Italia vuole assumere un ruolo di maggior rilievo. A margine del summit di Siviglia, il ministro Urso, quello francese dell’Economia Le Maire e il Vicecancelliere tedesco Habeck hanno sottoscritto una dichiarazione che è stato il lasciapassare per buona parte delle decisioni elencate, a partire dalla programmazione dei lanci dell’Ariane 6 e dei Vega-C per far mettere piede sulla luna a un’astronauta europeo entro il 2030.

Questo format trilaterale, che ha dato seguito agli indirizzi individuati dai tre paesi alla riunione ESA dell’anno scorso, prova a essere il motore di una UE come attore geostrategico a tutto tondo.

A giugno si è svolto a Berlino un incontro sul tema delle materie prime critiche, a fine ottobre a Roma uno su innovazione e intelligenza artificiale, e ora si attende quello di Parigi sulla green economy, a gennaio 2024.

Urso ci ha tenuto a dire che l’accordo appena raggiunto “può aprire la strada a una più ampia convergenza sulla politica industriale di difesa“, ricordandoci come le prospettive spaziali e quelle belliche sono strettamente collegate.

L’intesa, inoltre, “troverà riscontro anche nel nostro nuovo ordinamento legislativo, così come delineato nel collegato alla Manovra per incentivare e sostenere l’industria nazionale sullo spazio“.

Non a caso, quasi contemporaneamente è stata presentata la Space Smart Factory, nata nel Tecnopolo Tiburtino e finanziata anche attraverso fondi PNRR.

Si tratta di un hub digitale che dovrebbe essere pronto per la metà del 2025 e dovrebbe mettere in sinergia una serie di imprese italiane per la produzione di satelliti altamente tecnologici – si spera almeno due a settimana.

Roberto Formaro, direttore Programmi dell’ASI, l’Agenzia Spaziale Italiana che è annoverata tra i principali finanziatori, ha affermato come ci fosse il bisogno di “trovare un campione nazionale” per questa filiera.

A promuovere questo progetto è stata innanzitutto Thales Alenia Space Italia, la joint venture tra la francese Thales e l’italiana Leonardo: altri due ‘campioni’, europei e di morte.

Intanto, il presidente dell’ASI Teodoro Valente ha seguito il Presidente Mattarella nel suo viaggio in Corea del Sud, per firmare un documento sulla cooperazione nel settore spaziale.

Questo si affianca ad altri due accordi sulla collaborazione scientifica e industriale su nodi strategici, ulteriori tasselli per cementificare le relazioni euroatlantiche con gli alleati del Pacifico, con dichiarate finalità anticinesi.

Nel brindisi alla cena di Stato Mattarella ha parlato di “sensibilità affini” tra Roma e Seoul, citando l’appoggio di entrambe le capitali alla riforma dell’architettura ONU e l’attenzione al “rispetto del diritto internazionale del mare e, dunque, alla libertà di navigazione, anche nell’immenso spazio indo-pacifico“. Il riferimento a Pechino è evidente.

In sintesi, grandi movimenti guardando al cielo, sotto il quale, comunque, la confusione rimane grande.

Un assetto multipolare si sta ormai delineando anche per lo spazio, con la UE che vuole assumere rilievo: contrastare anche questa tendenza avrà importanti effetti nell’incrinare il piano inclinato che ci invischia nella “terza guerra mondiale a pezzi“.

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