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Incassi record delle banche, nonostante le norme sui tassi d’interesse

È notizia recente che le banche italiane per il terzo anno consecutivo registrino andamenti record. Utili per un valore di 15 miliardi nel 2022, 28 miliardi nel 2023 e per il primo semestre 2024 si parla di un aumento del fatturato di 13 miliardi di euro per le maggiori banche italiane (UniCredit, Intesa Sanpaolo e Monte dei Paschi di Siena), il 18% in più rispetto al 2023. La domanda che qualcuno potrebbe porsi è come abbiano fatto a raggiungere questi numeri.

Le possibili opzioni sono un aumento della fiducia da parte dei cittadini, che hanno aperto più conti e dato in gestione (nella varie forme di risparmio e investimento) maggiori soldi.
Oppure potrebbero essersi mosse tutte particolarmente bene nel mercato finanziario, registrando quindi degli utili sui rendimenti (il rendimento di ogni investimento può essere sia positivo che negativo, ndr).
Purtroppo, nonostante queste due possibilità siano plausibili, non spiegherebbero i numeri così alti e per tutte le banche. È infatti inverosimile che i risparmiatori siano aumentati a dismisura e che tutti gli investimenti (complessivi) di tutte le maggiori banche siano andati bene.
La motivazione quindi va trovata da un’altra parte. Motivazione che era già stata individuata mesi fa dallo studio di Milena Gabanelli, nel suo “Dataroom”. Le banche hanno utilizzato l’aumento dei tanti d’interesse, solo nella parte a loro più consona.

Quando la BCE aumenta o diminuisce i tassi d’interesse, le banche devono seguirne l’andamento. Si tratta della politica monetaria che le banche centrali usano per stabilizzare l’inflazione intorno al 2%. Ad oggi il tasso d’interesse fissato dalla BCE è del 3.75%. Quindi quando le banche chiedono un prestito alla BCE o depositano liquidità in eccesso alla stessa, riceveranno un tasso d’interesse del 3.75%. Da restituire in caso di prestito o da ricevere in caso di deposito.

Lo stesso dovrebbero fare le banche con i loro clienti. Quello che però è stato fatto dalle principali banche italiane è leggermente diverso. Per i prestiti hanno seguito la crescita del tasso d’interesse, mentre per i depositi hanno mantenuto i tassi, medi, intorno allo 0.35%. Si tratta quindi di extraprofitti.

Tutto questo nonostante il Testo Unico della legge bancaria con l’aumento dei tassi d’interesse debitori (quelli ricevuti da mutui e prestiti) devono aumentare anche i tassi creditori (quelli dovuti per i depositi). E viceversa. [Fonte Testo Unico Bancario]

Ad oggi la vigilanza (a cura di Banca d’Italia) non ha battuto ciglio, né con sanzioni, né provvedimenti, né con altro. Aveva risposto lo scorso anno il governo Meloni e tutti ricordiamo com’è andata a finire. La proposta era quella di una tassazione aggiuntiva del 40% sugli extraprofitti delle banche. Dopo l’alzata di scudi, il governo ha ritrattato, i soldi che dovevano diventare una tassa potevano essere messi in cassaforte, per un minimo di due anni. Di fatto aumentando la solidità della banca stessa.

Non a caso durante gli ultimi anni le banche minori, o che stavano iniziando a lavorare, in Italia offrissero tassi d’interesse sui conti deposito al 4% e si potevano osservare le loro pubblicità in televisione o su internet. “Offerte” che per la maggior parte oggi vedono un adeguamento al tasso d’interesse della BCE (3.75%) come giusto che sia.

Non sappiamo cosa ne sarà degli extraprofitti delle banche di questi anni. C’è il forte sospetto che il tutto si concluda come si è concluso per quelli del campo energetico. L’imposta straordinaria è stata portata dinanzi la Corte costituzionale, che lo scorso giugno ha deciso per l’illegittimità della richiesta. Ma questa volta c’è di mezzo una violazione (di fatto) del Testo unico, ossia l’insieme delle norme che disciplinano il settore stesso. Ancora una volta potrebbero essere solo i cittadini a rimetterci.

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