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Rinunciare al lavoro stabile nel Nord perchè gli affitti si mangiano lo stipendio

E’ di questi giorni la notizia che un quinto dei docenti siciliani entrati in ruolo, ma con assegnazioni nel nord Italia, hanno rinunciato all’incarico nonostante questo significasse perdere un contratto a tempo indeterminato e continuare a fare supplenze.

La ragione è semplice ma dolorosa: gli alti affitti a Milano e nelle città del Nord (ma ormai anche a Roma) si fregano gran parte dello stipendio e rendono quindi impossibile uno standard di vita dignitoso. Ma si potrebbe anche vedere in altro modo: le retribuzioni dei docenti e dei dipendenti pubblici sono talmente basse che rendono impossibile pagarsi l’affitto di una casa a Milano e nelle città del Nord.

Risultato: è più praticabile vivere di supplenze a casa propria che diventare di ruolo ma in città dove i prezzi degli affitti sono praticamente impazziti dalla fine della pandemia.

Una indagine del Formez, in riferimento ai dati del 2022, rileva come il tasso di copertura dei posti messi a bando dalla Pubblica Amministrazione nel Nord Italia raggiungeva appena il 75% del totale, con dati completamente opposti nel Meridione e nelle regioni del Centro Italia, dove la percentuale arriva al 150%.

Il problema è serio. Si era presentato prima episodicamente poi via via sempre più clamorosamente, tanto che se ne è accorta anche la Confindustria, la quale ha ventilato la richiesta di misure di contenimento per gli affitti dei nuovi assunti.

Certo, come sottolinea il sindacato Usb in una nota, la Confindustria si guarda bene dall’evidenziare la diminuzione costante del potere d’acquisto dei salari in Italia negli ultimi vent’anni, però individua nella questione abitativa una delle voci che maggiormente incidono su salari indecentemente bassi da troppi anni.

Nel Pubblico Impiego il tema è già esploso in quanto il problema degli affitti è una concausa delle numerosissime rinunce da parte dei vincitori di concorso che stanno generando una cronica carenza di personale in particolare nelle amministrazioni del centro nord” scrive Usb che sulla questione ha dato il via ad una vera e propria inchiesta. A questo link è possibile partecipare all’inchiesta: https://www.usbpi.it/campagne/alloggi.

Le centinaia di risposte che arrivano dai neoassunti all’ inchiesta di USB sulla questione abitativa, stanno confermando la gravità di questo fenomeno.

L’USB da un lato sta richiedendo, da tempo e in splendida solitudine, misure di sostegno proponendo un sostegno all’affitto dedicato ai nuovi assunti fuori sede attraverso il fondo credito e un piano di edilizia pubblica agevolata.

Dall’altro intende continuare a dare battaglia sulle retribuzioni nei tavoli di rinnovo dei contratti, chiedendo più risorse e misure da mettere in campo rispetto alla questione abitativa dei nuovi assunti che non possono non tenere conto della generalità del problema che investe tutti i lavoratori e le lavoratrici del nostro Paese, compresi i dipendenti pubblici.

La liberalizzazione totale degli affitti e la primazìa della rendita immobiliare si conferma così di essere una maledizione e un serio ostacolo alla mobilità sociale e allo sviluppo del paese. Sulla materia abitativa occorre mettere mano con lo spadone e non con incentivi alla speculazione – piccola e grande – come indicano le misure adottate anche da questo governo, come del resto hanno fatto anche quelli precedenti da decenni.

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