L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ci ha tenuto ad esibire le sue opinioni riguardo la transizione all’auto elettrica della UE. Il suo intervento alla ‘Giornata dell’Economia’ organizzata da Forza Italia è destinato sicuramente a far discutere.
“Non voglio essere antieuropeo“, ha detto Descalzi, “sono antistudipidità perché la stupidità uccide e ci sta uccidendo. La stiamo subendo alla luce di ideologie ridicole che ci vengono dettate da una minoranza dell’Europa“, con evidente riferimento alla bocciatura della proposta del ministro Urso (rinviare gli impegni al superamento dei motori endotermici).
Infatti, a fine settembre, il governo ancora sperava di ottenere appoggio sulla revisione della scadenza al 2035 per la fine della produzione di auto a benzina e diesel. E invece, Sven Giegold, segretario di Stato tedesco agli Affari economici, al Consiglio UE Competitività ha chiuso ogni spiraglio di trattativa.
“Per noi gli obiettivi climatici sono fondamentali“, ha dichiarato il politico tedesco, “e vediamo già un pericolo che l’industria UE non regga la competizione con veicoli elettrici provenienti da altrove. Il nostro obiettivo non è mettere in discussione l’uscita dal motore endotermico nel 2035“.
Tornando all’Eni, la società ancora a “controllo pubblico” nel settore idrocarburi, prima ha speso molto nel proporsi come azienda green, ma alla fine le condizioni di mercato cambiate con l’acuirsi delle tensioni internazionali e la crisi dell’auto occidentale hanno avuto la meglio.
Al solito, a governare sono i profitti, e il fossile (in particolare il gas, considerato anche da Bruxelles come fonte di transizione) rimane l’opportunità migliore per chi ha il terrore di investire in una effettiva “transizione energetica”.
Secondo Descalzi, le filiere europee sono competitive “sull’ambiente e non sulla crescita, e infatti americani e cinesi ci dicono che siamo bravissimi e intanto investono nella crescita“.
Per quanto riguarda gli e-fuel, ovvero carburanti sintetici prodotti da acqua e anidride carbonica, è stato nettissimo: è un’opzione che “al momento non esiste“.
Riguardo alla Cina, Descalzi ha fatto notare che “noi continuiamo a paragonare l’Europa alla Cina, ma la Cina è uno Stato mentre l’Europa è un continente, costituito da diverse culture e mix energetici“.
Per competere, “dobbiamo mettere delle basi a questo discorso e capire cosa fare, questo è un discorso politico, non sono le aziende che possono fare questi discorsi“. Una affermazione decisamente autocontraddittoria, visto che – come dirigente d’azienda – sta mettendo in discussione proprio le scelte politiche…
Il dirigente Eni ha fatto pure una riflessione più complessiva sulla politica economica europea di lungo periodo: “il settore secondario [industriale, ndr] è stato fermato. Si è andati sul terziario che era sollecitato dalla globalizzazione: noi importiamo più del doppio di quello che esportiamo“.
E anche dal punto di vista ambientale Descalzi non lesina le critiche: “Emettiamo meno CO2“, dice, “ma è una favola: l’Europa ha ridotto le emissioni nocive solo perché la produzione è stata spostata altrove nel mondo“. Una quasi paradossale manifestazione di onestà intellettuale che rivela la malafede dei discorsi secondo cui oggi tanti paesi del Sud Globale inquinano più dell’Occidente (dimenticando che molte delle industrie lì operanti sono occidentali…).
In pratica, Descalzi ha fatto il riassunto del processo di delocalizzazione dell’industria, su cui ora si vorrebbe fare un deciso passo indietro, almeno nel senso di rilocalizzare le produzioni in aree più facilmente controllabili dal punto di vista geopolitico. Una scelta del genere sancisce però la frammentazione del mercato mondiale, ossia la fine della globalizzazione citata dall’amministratore di Eni.
Non a caso, Descalzi ha evidenziato che è “la politica” che deve trovare le soluzioni per questa nuova fase storica, perché oggi quel che conta è l’orizzonte strategico della competizione globale. Ed è stato chiaro anche nel dire che Bruxelles, nella sua opinione, sta facendo scelte scellerate. Cosa vera, ma per i motivi sbagliati…
Forse dovrebbe farsi consigliare da Josef Nierling, Ceo di Porsche Consulting Italia, sicuramente più ferrato nel settore auto, che spiega: «Potremo continuare ad alzare i dazi all’infinito, ma in questo momento il gap di competitività e di costi è tale che la Cina potrebbe permettersi politiche di prezzo ancora più vantaggiose e comunque riuscirebbe a permeare i nostri mercati». Non è insomma un problema di “concorrenza sleale” o di “stupidità ecologista”, ma di competitività complessiva di un sistema.
E quello euro-occidentale è indietro perché ha privilegiato per decenni i profitti facili scansando gli investimenti…
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