Il 7 dicembre si svolgerà in Campidoglio un’importante manifestazione, nella quale varie vertenze hanno trovato una sintesi politica nel contrasto al modello imposto a Roma dall’amministrazione Gualtieri. Questo modello si va esasperando nell’orizzonte del prossimo Giubileo, che come tutti i grandi eventi si palesa come un pozzo senza fondo a cui attinge la speculazione più rapace.
In questa occasione sembra però utile sottolineare come le contraddizioni stanno esplodendo, e hanno trovato un naturale sbocco nella loro politicizzazione. L’asservimento al privato della cosa pubblica ha raggiunto un punto di rottura tale che non solo ogni opzione di mediazione sociale è impercorribile, ma si hanno ormai profonde ripercussioni anche sull’ambiente e sulla vita democratica della Capitale.
Il sistema su cui la giunta di centrosinistra ha fondato il suo governo non è una novità: è quello dell’esproriazione privatistica del pubblico e delle risorse colletive, da regalare al profitto. Contro questo processo tante forze hanno alzato la voce negli ultimi anni, tra cui Potere al Popolo che in più di una tornata elettorale locale ha proposto programmi politici imperniati sull’idea di “città pubblica“.
Intanto, nella cornice della metropoli mercificata, sono cresciute contemporaneamente esperienze di protesta più o meno vertenziali, che in questa fase hanno assunto però un valore per l’intera cittadinanza, proprio a causa della profondità della crisi generale. Innanzitutto, la lotta dei movimenti per il diritto alla casa, che a Roma è stato così sistematicamente ignorato da aver ormai raggiunto livelli tragici.
La turistificazione e i tagli all’edilizia residenziale pubblica sono leve usate per favorire le rendite e la speculazione immobiliare. Ma le mani del profitto sono diventate sempre più evidenti anche su altri nodi su cui, da anni, Gualtieri affronta una forte opposizione popolare: ad esempio, l’inceneritore ai piedi dei Castelli e il biodigestore di Casal Selice.
Nonostante le prove più volte portate di come queste due opere rappresenteranno una vera e propria bomba ecologica, l’amministrazione comunale prosegue sulla sua strada. E inoltre, ha da poco forzato le norme sulle gare d’appalto, con ulteriore danno alla trasparenza e a tutto guadagno del profitto.
C’è anche un altro biodigestore all’Agricola Salone, che nonostante il primo parere negativo, è tornato in costruzione dopo il ricorso del privato. Anche in questo caso, il nodo sottolineato dai comitati contrari è la mancanza totale di programmazione da parte della giunta dei servizi e del traffico collegati, lasciandone l’impatto conseguente libero di dispiegarsi su tutta la popolazione.
Il binomio tra devastazione ambientale e detrimento del processo democratico si riscontra in maniera evidente anche sul nuovo stadio della Roma. Un altro enorme regalo alla cementificazione e a chi ci guadagna, contro cui nell’ultimo paio d’anni e mezzo sono nati, hanno discusso e hanno lottato i comitati contro lo stadio di Pietralata e per la tutela del parco.
Anche in questo caso, nonostante quasi tutti i pareri tecnici in merito siano stati negativi, Gualtieri e compagnia stanno ignorando valutazioni di esperti e il dissenso diffuso per mettere a valore un altro pezzo della città, in cui intanto aumentano le disuguaglianze.
Del parco di 14 ettari, già previsto da oltre dieci anni come presidio di biodiversità e cerniera ecologica con la Valle dell’Aniene, l’amministrazione comunale è arrivata addirittura a dire che non sapeva nulla. Il che ci porta a un’alternativa tra due possibilità: o l’amministrazione è incapace, o sta mentendo.
In sintesi, la coesione sociale, che si fonda su servizi e prestazioni che accorciano le distanze tra i cittadini, è ai minimi storici. Il governo della città avviene esclusivamente in funzione degli interessi privati, non della collettività.
A esasperare la situazione ci sono le mancanze di soluzioni per altri problemi, come i fumi degli incendi che si ripetono costantemente e per cui Gualtieri dice semplicemente di “chiudere le finestre“. Oppure la promozione di iniziative come la ZTL che, seppur green di facciata, è in realtà un altro modo per far fare cassa alle case automobilistiche, che non riescono a stare al passo della competizione globale.
Il pubblico, come in quest’ultimo esempio, non si assume alcuna responsabilità politica di programmare uno sviluppo equilibrato. Anche quando sostenuto da ragioni con una parvenza più generale, quello che pensa e attua lo fa solo in funzione dell’appropriazione privata di quanta più ricchezza sociale possibile.
È in questa cornice che negli ultimi mesi le vertenze menzionate e altre ancora, insieme a solidali, associazioni e organizzazioni che hanno seguito le iniziative, hanno trovato un terreno di incontro, nelle piazze e nelle riflessioni. Soprattutto dalla scorsa estate, hanno cominciato a guardare con ulteriore preoccupazione al Giubileo e a ciò che avrebbe portato con sé, a riconoscerne una criticità comune per tutti.
Il pericolo non è solo quello della logica dei grandi eventi, che abbiamo già accennato, ma anche quello dei poteri commissariali per la realizzazione delle opere giubilari. Questi si presentano proprio come lo strumento migliore per portare agli estremi i processi già osservati.
Il protoccolo da poco firmato nel settore ferroviario per aumentare i giorni di franchigia di sciopero è un evidente sintomo. Si restringono ulteriormente diritti costituzionali, già oggi perennemente sotto attacco, con la scusa del Giubileo, e non c’è dubbio che anche la giunta Gualtieri si muoverà in questo senso.
La capacità dei percorsi di lotta che si incontrano il prossimo 7 dicembre in Campidoglio, quella di individuare e chiedere conto a un responsabile politico dell’intero parco delle contraddizioni riassunte dal modello Gualtieri, è un salto di qualità. Perché unisce sull’orizzonte della necessità di un’alternativa politica, sistemica, generale.
Le esperienze che si incontreranno sotto agli uffici del sindaco e alla sala consiliare hanno storie a se stanti, che si sono sviluppate per tempi, modi e motivazioni diverse. Ma hanno tutte la stessa controparte politica, e il fatto che le varie associazioni, organizzazioni, sindacati e movimenti siano riusciti a costruire una piazza di tale dirompenza politica è frutto dei tempi, ed è da prendere a modello.
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