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Maggioranza e opposizione unite. Vola il nuovo tassello del riarmo europeo

Martedì 21 ottobre la commissione Esteri del Senato ha approvato la risoluzione che dà il via libera sul Global Combat Air Programme (GCAP). Si tratta di un programma per lo sviluppo di un velivolo di sesta generazione, che potrebbe diventare un tassello fondamentale della difesa europea, e che proprio per questo ha trovato l’appoggio sia della maggioranza sia dell’opposizione.

È proprio questo allineamento strategico sulla difesa europea che ha permesso a Fratelli d’Italia e PD di trovare un’intesa sulla risoluzione da votare. Le integrazioni proposte dal senatore democratico Alessandro Alfieri sono finalizzate a due cose: informare il Parlamento dello stato di avanzamento del progetto e informare le commissioni nel caso di utilizzo di fondi europei o SAFE, con i quali deve essere anche rispettata la clausola di preferenza per l’acquisto del 65% dei componenti da produttori europei.

In pratica, è il PD che rafforza questa tendenza alla trasformazione definitiva del modello europeo in un modello armato, e per questo, alla fine, il Movimento 5 Stelle si è semplicemente astenuto. Nonostante le capriole sul proprio posizionamento pubblico intorno a quello che era il ReArm Europe, i pentastellati hanno sempre sostenuto la difesa comune e la proiezione militare della UE. Per questo, pur volendo cercare di distinguersi, non possono votare contro questo programma che ha un valore strategico sostanziale.

Più che un semplice caccia, il GCAP è un “Combat Air System“, capace di operare sia con equipaggio che senza, la cui funzionalità si proietta su cinque domini operativi (terra, mare, aria, cyber e spazio) e destinato a svolgere ruoli strategici (controllo aereo, sorveglianza e attacco). Allo sviluppo del progetto partecipano, oltre all’Italia, anche il Regno Unito e il Giappone (e forse Arabia Saudita).

L’idea del GCAP è partita alla fine del 2023, con l’alleanza tra Leonardo, Bae Systems e Mitsubishi Heavy Industries: un triangolo tra uno dei campioni UE del settore militare e altri omologhi del Regno Unito, altra principale potenza NATO europea ma fuori dall’UE, e del Sol Levante, fondamentale sponda nel Pacifico per lo scontro a lungo termine con la Cina.

In un progetto del genere si nota immediatamente l’assetto ‘geopolitico’, ma è chiaro anche l’interesse per lo sviluppo di una piattaforma aerea di ultima generazione, di cui la tecnologia e il software non sarebbe in mano a Washington, come per gli F-35. La risoluzione parla infatti di una “nuova ottica di partnership e rafforzamento dei rapporti con i fornitori strategici, accorciando la catena di approvvigionamento e rafforzando l’autonomia strategica europea“, e di “favorire la realizzazione di cluster tecnologici“.

Un passo avanti non di poco conto nella definizione del complesso militare-industriale europeo, seppur dentro la cornice atlantica. L’amministratore delegato di Leonardo, Roberto Cingolani, alla fine dell 2024 aveva parlato del GCAP come di un caccia stealth con il quale si potrà controllare da remoto una flotta di droni senza pilota: l’aveva definita una “portaerei che sta in cielo“. Per un progetto così, però, servono molti soldi, oltre che a molte competenze.

E qui arrivano i primi scostamenti dubbi con quanto votato dal Senato. Per Cingolani, i costi previsti per lo sviluppo del software e dei droni si aggirano sui 100 miliardi di euro – e per questo i sauditi sarebbero i benvenuti. Nella risoluzione proposta da Roberto Menia, di Fratelli d’Italia, si parla di un investimento totale dei tre paesi intorno ai 50 miliardi di euro… anche se la cifra precisa non è “ancora quantificabile con precisione a questo livello di attuazione“.

Viene insomma lasciata una porta aperta a un aumento esponenziale delle spese, che verranno giustificate con la necessità di ‘difendersi’ da minacce create ad arte. Del resto, l’impegno italiano nel GCAP è già lievitato: nel Documento programmatico pluriennale della Difesa 2025-27 il finanziamento italiano sarà di 9,6 miliardi entro il 2035. Nello stesso documento, stilato per il triennio 2024-26, tale importo era indicato in 8,9 miliardi fino al 2050.

Un aumento delle spese militari che farà felice il complesso militare-industriale europeo, Leonardo in primis. E a cui, sulla carta, il M5S aveva detto di opporsi, eppure in questo caso si è solo astenuto: è la contraddizione per cui non si può essere per la difesa comune e contro il riarmo, poiché questi due percorsi vanno necessariamente insieme.

E allora ciò significa che, chi vuole un’alternativa a questo modello instradato verso la guerra, innanzitutto deve percorre una strada di indipendenza dal centrodestra e dal campo largo. L’assemblea del 25 ottobre al Cinema Aquila, a Roma, sicuramente si è messa su questo percorso.

E deve poi opporsi con nettezza a tutte le forme di incremento delle spese militari e di Difesa Europea, alla conversione verso un’economia di guerra come soluzione alla crisi industriale, e promuovere invece la lotta ai vincoli UE e NATO. A partire dalla prossima legge di bilancio, che li esprime in ogni sua riga.

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