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Il Ministero blocca d’imperio un convegno per docenti sulla scuola e la guerra

Il Ministero dell’Istruzione ha annullato nella mattinata di ieri, con un atto autoritario e incomprensibile, il convegno organizzato dal Cestes sul tema della guerra e dell’educazione alla pace nella scuola, oscurandolo sulla piattaforma ufficiale Sofia e comunicando ai dirigenti scolastici l’impossibilità di concedere il permesso ai 1400 docenti che si erano iscritti al corso. Il corso, dal titolo “La scuola non si arruola” era stato organizzato per martedi 4 novembre.

Il Ministero afferma che gli argomenti trattati non possono essere oggetto di formazione pedagogica nelle scuole. Ecco la motivazione ufficiale (citazione testuale): L’iniziativa “La scuola non si arruola” non appare coerente con le finalità di formazione professionale del personale docente presentando contenuti e finalità estranei agli ambiti  formativi riconducibili alle competenze professionali dei docenti, così come definite nel CCNL scuola e nell’Allegato 1 della Direttiva 170/2016”.

Il Cestes scrive in una nota che: “Il MIM sta sostanzialmente dicendo che un corso che ha come oggetto un tema estremamente attuale come la guerra e se l’educazione debba essere educazione alla pace e al rifiuto delle armi come soluzione dei conflitti non è oggetto di dibattito pedagogico, nonostante l’articolo 11 della Costituzione, per cui l’Italia ripudia la guerra” informa inoltra che i legali del CESTES stanno operando per restituire il diritto alla formazione libera e consapevole ad ogni docente.

Per il Ministro Valditara dunque l’educazione alla pace, la guerra, la corsa al riarmo e il genocidio non possono essere oggetto di formazione pedagogica, cancellando il libero diritto alla formazione del corpo docente.

Ma la dinamica sul come il ministero è arrivato a vietare un convegno di formazione per docenti quattro giorni prima del suo svolgimento, potrebbe essere un po’ più complessa, ma emblematica dell’aria che tira sia sul piano della libertà di espressione sia sul come funzionano gli apparati di interdizione e smantellamento delle iniziative ritenute dissonanti dai militaristi e dai gruppi sionisti.

E’ accaduto infatti che solo qualche giorno prima della decisione del ministero, un docente abbia inviato una lettera di protesta al ministero stesso, ma la stessa lettera è rapidamente pervenuta e pubblicata giovedi 30 ottobre anche da un noto sito ultrasionista in Italia.

Nella lettera, questo docente denuncia di aver ricevuto sulla casella di posta istituzionale della sua scuola il programma dei lavori del corso di formazione del Cestes del 4 novembre e la notizia di un’altra iniziativa sindacale contro il Ddl Gasparri svoltasi una settimana prima.

Mettendo in un unico calderone le due iniziative ha invocato “In particolare l’amministrazione scolastica ha da anni adottato le “Linee guida sul contrasto all’antisemitismo nella scuola”, che illustrano chiaramente come l’antisionismo sia oggi una delle forme più insidiose di antisemitismo” scrive il docente, precisando poi che “Il convegno del CESTES, oltre a prendere posizione contro il piano di riarmo europeo, assimila il sionismo al colonialismo e accusa Israele di genocidio. Come se non bastasse, si presenta come iniziativa di formazione professionale”.

Detto fatto e per una curiosa coincidenza, appena la lettera di protesta è stata pubblicata nel posto giusto (il sito ultrasionista), il ministero è intervenuto immediatamente per bloccare il corso di formazione, con una perfetta sincronizzazione.

E’ evidente che sulla scuola e l’università si va abbattendo una ondata normalizzatrice e reazionaria che punta ad arruolarle sia nella logica del riarmo e della guerra sia sul ripristino della narrazione israeliana della realtà. 

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1 Commento


  • Arrigo Cavallina

    Noto forte analogia con la recente circolare del Dipartimento penitenziario che avoca a sé, sottraendola alle Direzioni di carcere, ogni decisione su iniziative e progetti educativi, di fatto bloccandoli come è già successo a Padova per un convegno..

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