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Israele, il genocidio e il pericolo poliomielite

Da che mondo è mondo, le guerre portano con sé carestia e pestilenza, anche quando per farle ci si affida a computer e algoritmi. La pulizia etnica a cui è sottoposto il popolo palestinese non poteva che portare gli stessi effetti.

Giovedì scorso il ministero della Salute della Striscia di Gaza ha fatto sapere che in sei sistemi per le acque reflue delle fognature di Khan Younis e Deir Al Balah è stato individuato il virus della poliomielite di tipo 2. A Gaza la malattia era stata debellata 25 anni fa.

I test sono stati effettuati in un laboratorio israeliano collegato direttamente all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Christian Lindmeier, portavoce dell’istituzione ha fatto sapere sabato che, comunque, ad oggi non è stato registrato alcun caso.

La polio è una di quelle malattie di cui in Italia si ha un pesante ricordo. Lo sforzo internazionale per la sua eradicazione oggi permette a quasi tutto il mondo di dichiararsi libero dalla malattia, ma rimane ancora il pericolo di forme derivate dalla mutazione dei ceppi dei vaccini stessi, seppur più facilmente controllabile.

Questo diventa più difficile in una situazione come quella palestinese, dove l’ammassarsi delle persone vicino alle acque di scarico e la difficile situazione sanitaria mette a rischio la possibilità di un’efficace sorveglianza.

Lo stesso OMS ha dichiarato che il conflitto “ha interrotto i programmi di vaccinazione di routine a Gaza“. Nel 2022, la copertura vaccinale nei Territori Occupati era del 99%, ma alla fine del 2023 era già scesa all’89%.

Questa è però una percentuale calcolata sull’insieme di quei Territori, come ha tenuto a sottolineare l’epidemiologo australiano Michael Toole sul sito scientifico The Conversation. Questo significa che probabilmente a Gaza la copertura è anche minore.

Il Direttore Generale delll’OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha scritto su X che “la distruzione del sistema sanitario, la mancanza di sicurezza, l’ostruzionismo all’accesso, i continui spostamenti della popolazione, la carenza di forniture mediche, la scarsa qualità dell’acqua e l’indebolimento dei servizi igienici stanno aumentando il rischio di malattie prevenibili con i vaccini, tra cui la poliomielite“.

Ad essere protetti da quest’ultima saranno solo i soldati israeliani, grazie a una campagna vaccinale su base volontaria. Non è previsto da Tel Aviv alcun sostegno alla popolazione palestinese, trattata come un problema da estirpare.

Ma questo potrebbe non bastare. In un contesto bellico non è facile fermare una malattia che potrebbe essere diffusa per settimane da individui asintomatici e così otto dei maggiori epidemiologi israeliani hanno indicato nel cessate il fuoco l’unico strumento adeguato a combattere la polio.

La guerra si può ritorcere contro Tel Aviv anche in questo modo.

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