Dopo la bufera che si è scatenata in questi giorni in seguito alla vicenda che vede indagati per scambio elettorale politico mafioso il Presidente della Regione Antonio Fosson, l’assessore al turismo, sport, commercio, agricoltura e beni culturali Laurent Viérin, l’assessore alle opere pubbliche, difesa del suolo e edilizia residenziale pubblica Stefano Borrello e il Consigliere Luca Bianchi, la regione autonoma Valle d’Aosta è in piena crisi.
Che il Presidente della regione non debba più ricoprire la carica di Prefetto, ormai, data la gravità dei fatti accaduti, dovrebbe essere chiaro per tutti.
Ma al di là di questo, dato comunque l’enorme potere della Giunta e del Consiglio della regione autonoma, crediamo sia necessario domandarci chi trae veramente vantaggio da questa forma di governo e quali meccanismi innesca nel sistema politico, sociale e culturale di un territorio. È una cosa buona per tutti, o è un privilegio di pochi? È una forma di governo che garantisce diritti e servizi a tutti i cittadini o un sistema che aumenta le diseguaglianze sociali, favorisce il clientelismo e il malaffare?
Se facessimo un sondaggio fra i valdostani, forse a nessuno verrebbe mai in mente di metterla in discussione, e sarebbe normale. Chi rinuncerebbe mai a un vantaggio già ottenuto? Altro conto, invece, sarebbe parlare dell’autonomia differenziata di altre regioni: lì, siamo certi che molti sarebbero pronti a dire che non è una cosa buona, la secessione dei ricchi che divide in due il paese. Lì, probabilmente non ci sarebbe nessun problema a parlare. Invece, quando si tratta dell’autonomia valdostana, nessuno pare essere disposto ad esporsi, a metterla sul tavolo della discussione.
Ma se rinunciare a un privilegio così grande è un’ipotesi da abbandonare a priori, non possiamo almeno immaginare di rivedere qualcosa di questo sistema, per non cadere sempre negli stessi errori di valutazione?
Quando si vedono sperperare 160 milioni di euro per un casinò, spendere 3 milioni di euro al mese per un’indennità di bilinguismo riservata agli impiegati della pubblica amministrazione, quando si realizza che 1300 persone su 130.000 sono stipendiate per cariche politiche, quando si vede sprecare soldi in grandi opere inutili, mentre i dati ufficiali danno il servizio sanitario della regione in cui si vive agli ultimi posti della classifica nazionale, una ferrovia che non funziona e l’autostrada più cara d’Italia, quando si vede questo, non si può non sollevare la questione.
Esprimiamo quindi una profonda indignazione per quanto emerso dall’ennesima inchiesta sul connubio della politica con la mafia, ma non vogliamo fermarci al giudizio morale sull’accaduto bensì invitare a una riflessione sull’autonomia valdostana e sulla pratica ormai sempre più diffusa, in Valle d’Aosta come altrove, della compravendita dei voti.
Un’ interpretazione dei fatti che si limiti alle sole responsabilità individuali dei personaggi politici coinvolti è per noi fuorviante e limitativa.
Così come troviamo pericolosamente riduttivo e infamante immaginare che la causa di tutti i mali in VDA siano i calabresi o chiunque venga da fuori.
Il cosiddetto “pacchetto” di voti della ‘ndrangheta è solo uno dei tanti presenti e disponibili sul mercato della compravendita locale. Magari è fra i più “facili”, veloci e paradossalmente affidabili, ma sicuramente non l’unico a disposizione.
Il voto di scambio in Valle D’Aosta affligge diversi nodi economici e ampie porzioni del territorio regionale.
Non abbiamo nessun timore a dire che il voto di scambio è un fenomeno talmente diffuso che ormai è percepito come “normale”. Addirittura come un modo “snello” di far politica, senza complicazioni morali o ideali, un mezzo facile per incontrare i bisogni della popolazione.
Questo è quello a cui ormai ci hanno abituato a furia di ingiustizie e di soprusi. Ma rassegnarsi a questa abitudine ha un effetto devastante sui nostri diritti e sul bene comune.
Perché ogni volta che ci spacciano un diritto come un favore, questo diritto diventa moneta. E ogni volta che un diritto come quello alla salute, al lavoro, alla casa, diventa moneta privata, perdiamo un pezzo della nostra Democrazia. E più monete il politico ha in mano, più riesce ad allargare la sua clientela e la possibilità di rimanere al potere.
Lo abbiamo sempre detto e lo continueremo a dire forte e chiaro: il voto di scambio è un modo di fare politica che non ci piace e non ci appartiene.
È una cultura che non ha radici in una o nell’altra regione, ma nel sistema economico in cui viviamo, che sta dimostrando sempre più di non funzionare anche nella piccola, ricca e autonoma Valle d’Aosta.
Non auspichiamo quindi nessuna delle prospettive che sembrano aprirsi sul prossimo futuro del Consiglio regionale. Che si voti il Bilancio o meno, che si ricomponga una maggioranza e il Consiglio vada avanti rimuovendo i gravi fatti di cronaca di questi giorni nell’ennesimo dimenticatoio o meno, la nostra posizione rimarrà invariata.
Potremo sembrare dei folli irresponsabili, ma chiediamo innanzitutto che se autonomia deve essere in questa regione, che venga usata a favore di tutta la comunità e non a vantaggio di pochi. Non per alimentare il sistema clientelare e favorire il malaffare. Chiediamo più rispetto dei diritti dei cittadini da parte di chi sta nelle Istituzioni e un cambio immediato di rotta da parte di questo sistema che ci tratta come monete e non come persone. A questo sistema, opponiamo quello dei diritti di uguaglianza e giustizia sociale sanciti dalla nostra Costituzione.
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