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S. Giovanni a Teduccio (Napoli): i “fasti dell’Università” e la vita reale

In questi giorni gli ambienti accademici ed universitari napoletani – con il Ministro per l’Università, Gaetano Manfredi in primis – stanno celebrando il primo anno di attività della Accenture Cybersecurity Hackademy, nata nel campus universitario di San Giovanni a Teduccio per iniziativa della multinazionale Accenture e della Università Federico II di Napoli.

Si sprecano omaggi e commenti positivi per tale tipo di attività e si stanno tessendo le lodi ad un non meglio identificato processo di “positiva rigenerazione urbana” (ed economica) che l’insediamento dell’Università a San Giovanni avrebbe determinato negli ultimi anni.

Come attivisti di Potere al Popolo vogliamo intervenire in questa discussione che – al di là degli avvenimenti a cui allude – attiene molto con le condizioni di vita e di lavoro che si registrano in questo importante pezzo della metropoli partenopea.

Chiariamo subito: preferiamo l’apertura di un polo universitario nella nostra zona e non invece, come è accaduto per decenni, la allocazione di siti inquinanti, pericolosi e nocivi per l’ambiente ed il territorio.

Da qui, però, come affermano i principali organi di stampa e l’insieme delle autorità accademiche ed amministrative, far discendere che l’area Est di Napoli abbia beneficiato di effetti, diretti ed indiretti, che avrebbero migliorato la qualità della vita ed il benessere della popolazione ci sembra una inutile, e propagandistica, affermazione buona solo o per le campagne elettorali o per accaparrarsi di eventuali quote di finanziamenti.

Purtroppo, l’insediamento del Polo Universitario a San Giovanni a Teduccio è stata una operazione che non ha innescato nessun ciclo economico e sociale virtuoso per il territorio. Anzi, a tutt’oggi, la struttura universitaria non si è assolutamente integrata con il quartiere e continua ad essere percepita, sostanzialmente, come un “corpo estraneo”.

Certo, qualche piccolo proprietario di case avrà affittato qualche appartamento, qualche bar attorno alla sede universitaria avrà venduto qualche caffè in più, ma l’impatto con la zona si è limitato a queste piccole, quanto insignificanti, conseguenze nel tessuto economico.

Assenza di adeguati servizi di trasporto pubblico integrati (ad eccezione della metropolitana, quando non è guasta o soggetta a ritardi), una “blindatura” di fatto verso il quartiere, nessuna attività associativa, ricreativa e di interscambio con la zona, hanno reso la presenza di questa Università un “corpo estraneo”.

Se, poi, a questa situazione aggiungiamo che tutti gli indici di vivibilità della zona Est (disoccupazione, crisi abitativa, manomissione ambientale e desertificazione culturale) si sono aggravati – ben prima della crisi pandemica – è evidente che non si è potuto innescare nessuna significativa interazione tra Università e Territorio.

Infatti, la linea di condotta che sta alla base di questi “esperimenti di rigenerazione urbana” (che noi definiamo come “gentrificazione capitalistica”) non tiene conto delle complesse condizioni strutturali che si registrano in queste zone (come l’area Est di Napoli) che, a distanza di decenni, ancora pagano il costo umano e materiale dei selvaggi processi di ristrutturazione economica avvenuti.

Potere al Popolo – quindi – rilancia al Ministro dell’Università, alla Regione Campania ed al Comune di Napoli i temi e le questioni che, da tempo, agitiamo in questo territorio (un serio ed articolato progetto di risanamento ambientale dei suoli, della linea di costa e del mare, un piano per il lavoro pubblico rivolto ai tanti disoccupati storici e ai giovani, una rete di trasporti decente verso il centro città e tutta la fascia costiera vesuviana…).

Solo avviando una Rinascita Sociale dei quartieri popolari può costituire un buon viatico per l’innesto e l’integrazione tra Università, Centri di Ricerca e Territorio.

Perseverare, invece, a negare il grande tema della risoluzione dei diritti sociali dei settori popolari di questa parte della città non aiuta i processi di ridimensionamento della vecchia e nuova emarginazione salariale, sociale e culturale che vige nella nostra zona.

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