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Vendere l’acqua pubblica è una scelta irresponsabile

Giovedì 23 maggio a Napoli, davanti la sede della regione Campania, si è tenuto il presidio del Coordinamento Campano per l’Acqua Pubblica (in rappresentanza delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Napoli e Salerno).

Una delegazione ha incontrato l’assessore all’ambiente Bonavitacola per riaffermare la piena disponibilità a collaborare con la Regione, per una gestione totalmente pubblica della grande distribuzione dell’acqua. Bonavitacola ha ribadito, invece, la volontà dell’amministrazione De Luca di privatizzare la gestione della grande adduzione regionale, con una società mista, che gestirà le reti idriche e consentirà ai privati enormi profitti sulla vendita all’ingrosso dell’acqua.

Questo vuol dire spalancare alle multinazionali le porte della Campania, la regione più ricca di risorse idriche del mezzogiorno. La Giunta regionale prima e successivamente il Consiglio regionale delibereranno in tal senso.

Sia Italgas, multinazionale quotata in borsa, che Acea, partecipata dalla multinazionale Suez, sono interessate ad entrare nella grande adduzione regionale delle reti. Italgas è già entrata in “Acqua Campania spa”, pagando decine di milioni, nonostante la concessione sia scaduta a novembre 2023, con l’evidente intento di gestire la grande distribuzione dell’acqua in Campania. Acea, già presente in Gori e in Gesesa, mira alla gestione dell’invaso di Campolattaro.

Nell’affare entreranno anche le preziosissime fonti di Cassano Irpino, che saranno sottratte alla gestione pubblica. Italgas ed Acea guardano anche alla gestione dei grandi invasi, affidata ad “Acque del Sud Spa”. Siamo di fronte ad una privatizzazione neocoloniale dell’acqua del Sud Italia da parte delle multinazionali, che produrrà enormi profitti, rappresentando il più palese tradimento della volontà popolare espressa con il referendum del 2011.

Il governo Meloni ha implementato questo disegno trasformando la società “Acque del Sud” da totalmente pubblica a mista pubblico-privata, con il 65% delle azioni ai Ministeri, il 30% ai privati e un misero e irrilevante 5% alle regioni del Sud Italia (proprio mentre le regioni del Nord chiedono invece la piena autonomia amministrativa con la scellerata proposta di legge dell’autonomia differenziata). Solo una società totalmente pubblica in Campania, può fermare questo disegno governativo.

Sia l’amministrazione regionale campana che quella pugliese, sono colpevolmente rimaste in silenzio subendo un notevole smacco dall’iniziativa del governo Meloni. Non ultimo il tentativo di inserire nel recente decreto legge 63 la possibilità per Acque del Sud di ”subentrare nei provvedimenti concessori del demanio o regionali”.

Il coordinamento regionale ha ribadito la netta opposizione alle scelte della amministrazione De Luca e la maggiore determinazione nella propria azione di lotta per la gestione totalmente pubblica dei distretti, della Grande adduzione e di “Acque del Sud”.

Abbiamo ricordato all’ assessore gli effetti della finanziaria regionale che ha sancito lo scorporo del distretto Napoli con i 31 comuni dell’ area Nord oggi abbandonati al loro destino. La Regione Campania fa finta di dialogare con i cittadini, mentre in realtà ha messo il bavaglio ai comitati con la vergognosa cancellazione dell’art. 20 della legge 15/2015, che legittimava la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali dell’Ente idrico campano.

Padre Alex Zanotelli al termine dell’incontro ha testualmente detto queste parole all’assessore Buonavitacola: “Davanti all’avanzamento dei cambiamenti climatici ed alla scarsità delle pioggia, vendere l’acqua ai privati è una scelta irresponsabile della politica che sarà maledetta dalle future generazioni”.

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