Presso la sede della quarta municipalità di Napoli, a San Giovanni a Teduccio, si è tenuto un incontro pubblico sui problemi ambientali relativi alla linea costiera. Promosso dalla casa del Popolo “Raffaele Perna” e dal Comitato Civico di San Giovanni.
Di fatto un reale appello alla mobilitazione, di questi tempi molto difficile, ovvero un invito a riprendersi il presente e con esso il futuro del proprio territorio.
San Giovanni un tempo era quartiere industriale, basti pensare che ancora negli anni settanta nell’area est di Napoli tra San Giovanni, Ponticelli e Barra, i tre quartieri orientali, vi erano qualcosa come 900 presidi industriali, adesso ve ne sono a malapena una decina. Per dire dei profondi cambiamenti subiti dal quartiere e dai suoi abitanti. Un tempo zona di operai manifatturieri, adesso di disoccupati, precari e sottopagati.
Il passato industriale si lascia ricordare soltanto per i danni ambientali che anni di sversamenti di rifiuti industriali hanno comportato al territorio, alla qualità degli arenili e del mare. Per la penosa situazione delle spiagge, che Madre Terra aveva progettato come bellissime, nere invece che bianche per la sulfurea attività vesuviana, e adesso invece intrise di nitrati e nitriti.
A introdurre la discussione Enzo Morreale, storico attivista di decennale esperienza, vero motore delle vertenze territoriali che hanno portato le istituzioni a sedersi a un tavolo con il Comitato Civico per parlare dello stato della linea di costa, degli sversamenti fognari in mare che tuttora continuano, dello stato di inadeguatezza delle infrastrutture atte ad assicurare che il mare rimanga pulito e balneabile ed invece….
E’ stato il suo certosino lavoro di vigilanza ed inchiesta che ha generato una marea di dati difficilmente smentibili, tratteggianti una devastazione del territorio a tutto svantaggio degli abitanti. Il mastodontico MasterPlan redatto dallo Stato e dalla Regione per ridisegnare il futuro dell’area e la sua vocazione , per adesso si sta rivelando soltanto come l’ennesimo piano di sfruttamento intensivo di suoli a beneficio dei profitti di pochi.
Difatti il piano prevede che la maggior parte della linea costiera diventi zona portuale ovvero zona di carico e scarico merci, containers, camion pesanti di transito e zone interdette alla popolazione. Di fatto l’area balneabile è ridotta a 700 metri su un totale di 3 km e mezzo. Che poi i 700 metri sono in realtà virtuali perché tra protezioni di strade ferrate e manufatti vari sulla linea, di metri di mare balneabili ne restano soltanto 150. In una zona che di abitanti ne fa più di centomila. Un granello di sabbia a testa.
Che poi questi siti balneabili il più delle volte non sono neanche balneabili. E questo è l’aspetto più ridicolo di tutti. Nell’estate scorsa il medesimo tratto di mare diventava balneabile o interdetto alla balneazione nel giro anche di sole 24 ore.Una tarantella evitabilissima che vedeva le istituzioni zampettare da una decisione all’altra facendo comprendere poco o niente alla popolazione. Ma allora in questo mare ci si può bagnare o si rischia qualcosa? Dipende dai giorni, dalle lune dei decisori, degli amministratori, dei politici in bilico tra consenso e interessi privati.
Ma allora di chi è la colpa, o comunque chi può risolvere questa situazione? Ecco: questo è stato uno dei punti dolenti degli incontri tra il Comitato e le istituzioni. Capire chi è responsabile della qualità delle acque, delle infrastrutture, dei progetti in essere, degli sversamenti, delle rotture e dei guasti è stato praticamente un rompicapo. Irrisolto.
Incredibile il numero di soggetti coinvolti. Regione Campania, comune di Napoli, AcquaBeneComune, Arpac, Capitaneria di Porto, Ente Idrico Campano,SMA. Un labirinto di rimandi di responsabilità ad altro ente, mezze responsabilità che rendono pressoché impossibile individuare il soggetto di riferimento specifico.
Gli incontri infatti, che pure hanno tenuto tutti i crismi dell’ufficialità, con i maggiori dirigenti e tecnici sempre presenti ai tavoli, in un clima di sostanziale cordialità e , sembra strano a dirlo, condividendo praticamente tutte le criticità. In pratica ad ogni incontro, che fosse con la direzione di Arpac o Abc o con gli assessorati regionali e comunali preposti il refrain era il solito: avete assolutamente ragione, ci sono problemi ma noi ( inteso come la nostra società partecipata o il nostro ente)stiamofacendo del nostro meglio per ciò che è di nostra competenza ma per tutto il resto dovete chiedere agli altri enti o società.
Snervante, frustrante. Questo è stato il punto toccato praticamente da tutti gli interventi al dibattito. In futuro servirà continuare a fare lavoro di inchiesta e lavoro di informazione alla popolazione. Soltanto con un maggiore coinvolgimento dei residenti si potrà avere quella massa critica in grado di bypassare il balletto delle responsabilità.
Da sottolineare l’intervento del presidente di Municipalità,Sandro Fucito, che ha criticato i piani previsti per il quartiere che prevedono tra le altre cose la realizzazione di un porto per imbarcazioni in un territorio invece che avrebbe invece bisogno di ben altre progettualità. È il quartiere con la minore speranza di vita , una mortalità maggiore che nel resto della città. Bonificare innanzitutto e come si deve.
Per finire ricordiamo anche l’intervento di Mario Avoletto del comitato Mare Libero. Lottano da qualche anno per la restituzione delle spiagge ai cittadini.Libere e non privatizzate a prezzi esosi.
Condividono il sogno di una linea di mare completamente balneabile che vada da est ad ovest , da San Giovanni a Bagnoli.
Un sogno che ci piace molto.
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Maurizio
se..te piacesse