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Comune di Napoli: dal Patto al Pacco mentre sopraggiunge l’America’s Cup

  1. Qualche spunto “etimologico” sul passaggio dal Patto al Pacco per Napoli e un po’ di ricostruzione.

A Napoli, per indicare una persona che ha subito un raggiro si suole dire che “a quello gli hanno fatto il pacco”, letteralmente il “pacco” è una confezione/scatola in cui ci dovrebbe essere l’oggetto che si è acquistato e, invece, quando si giunge a casa e lo si apre, all’interno si trova segatura, cartacce o un prodotto ben più scadente di quello che si è comprato.

Quando, nel marzo 2022, è stato firmato il Patto tra l’allora Presidente del Consiglio Mario Draghi e l’attuale Sindaco Manfredi, tutta una serie di realtà cittadine, forze politiche, Organizzazioni del sindacalismo conflittuale hanno avuto buon gioco, già da una prima lettura dal contenuto, a bollarlo come “Pacco” che nella nota ironia dei miei concittadini è, quindi, sinonimo di truffa.

Il Patto/Pacco fa parte di una serie di accordi simili sottoscritti tra il Presidente del Consiglio e i Sindaci di vari Comuni tra il 2022 e il 2023 e, tuttora, in piena implementazione perché hanno una durata che, di solito, è ventennale;

esprimono, tra l’altro, una tendenza alla centralizzazione delle politiche di rientro dal debito aumentando il ruolo dei vertici dei due esecutivi, quello nazionale e quello comunale, insomma una sorta di presidenzialismo per via politico-amministrativa rafforzando, per quanto riguarda l’Amministrazione centrale, il ruolo della Presidenza del Consiglio rispetto a quello tradizionale di Ministeri come quello dell’Interno.

I Patti, nella retorica ufficiale, sono una versione aggiornata dei periodici “Salva-Comuni” e quello di Napoli ha avuto, in più di un’occasione, un ruolo di traino per la sperimentazione di questi “salvataggi” messi in atto dal Governo nazionale e ciò sin dal 1993 con la normativa – allora quasi nuova di zecca – del dissesto finanziario;

successivamente, nel 2012, a cavallo della riforma liberista del pareggio di bilancio in Costituzione, ha dato avvio alle “nuove” regole per evitare il dissesto col piano di riequilibrio finanziario pluriennale (in realtà, i piani di riequilibrio si discostano ben poco dalle politiche del dissesto ma ne evitano le conseguenze politiche per i Sindaci che, se riconosciuti responsabili del dissesto, diventerebbero ineleggibili per 10 anni).

Ora, dopo le periodiche “riformulazioni” e “rimodulazioni” dei piani di riequilibrio, il Governo, con l’allora Presidente del Consiglio Mario Draghi, dalle “anticipazioni di liquidità” (debito nuovo per tagliare debito vecchio…) è passato al “contributo” statale per il rientro dal debito comunale, nella sostanza resta e diventa più duro lo scambio tra i soldi provenienti dal Governo nazionale e un rigido cronoprogramma di “riforme” da attuare da parte del Comune, ciò che cambia è la forma (quella del citato “contributo”) con cui arriva la liquidità all’Ente Locale.

In realtà, ai governi liberisti, in linea con i Patti di stabilità europei, non interessa realmente tagliare il debito quanto utilizzarne le misure messe in atto per il rientro/diminuzione delle masse debitorie per portare avanti politiche di privatizzazione dei servizi e sostanziale svuotamento delle Autonomie Locali obbligate a rispettare, come contropartita a perdere, rigide roadmap.

Infatti, basterebbe ripristinare una parte dei trasferimenti erariali e, soprattutto, restituire il ruolo di banca pubblica alla Cassa Depositi e Prestiti e il debito comunale calerebbe sensibilmente.

Insomma, per dirla con Marco Bersani, in un opuscolo non più recente ma ancora molto attuale nei contenuti, il saldo del debito “non è obiettivo primario, né fine ultimo”…”il debito come mezzo, strumento e, in sostanza, come trappola, dimostra dunque come non siano le politiche liberiste di espropriazione necessarie al pagamento del debito, ma quest’ultimo l’alibi necessario per poterle mettere in atto”.[1]

 

  1. Una prima questione di tipo preliminare: la demistificazione.

Da quanto affermato sinora, per impostare una contro-narrazione è preliminare un’opera di demistificazione.

Nello specifico del Patto/Pacco ci sono alcune mezze verità e, in altri casi, delle falsità che occorre evidenziare come quelle riguardanti la fine del pericolo del dissesto finanziario, il ruolo di INVIMIT e quello delle Partecipate comunali.

Ad esempio, l’Amministrazione ha affermato che con la sottoscrizione dell’accordo col Governo si sarebbe evitato il dissesto: ciò che è disposto nella norma a base del Patto (L.234/2021) dimostra che l’affermazione in argomento è vera solo in parte perché l’eventuale procedura di dissesto è sospesa solo per i primi due anni di vigenza dell’accordo, successivamente, se non si rispetta il cronoprogramma concordato di aumento dei tributi comunali, alienazione/valorizzazione/svendita del patrimonio e “razionalizzazione” delle Partecipate, può scattare il “dissesto guidato” tramite l’intervento della Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti, in pratica i due anni dal marzo 2022 sono già passati da un po’.

Rispetto al coinvolgimento di INVIMIT, cui sono stati conferiti degli immobili del patrimonio comunale attraverso la costituzione del fondo “comparto Napoli”, è stato affermato che si tratta di un’operazione “pubblico su pubblico” perché l’INVIMIT è partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia;

ciò è vero sotto il profilo meramente formale ed, invece, è falso sotto quello sostanziale perché la citata Società agisce sul mercato come qualsiasi altra Società di Gestione del Risparmio (SGR) e non è soggetta alle direttive del Ministero non avendo le caratteristiche della Società in house.

Per quanto riguarda le Partecipate comunali, soprattutto l’Assessore Baretta afferma che si opera per un rilancio delle stesse e, anche in questo caso, la realtà è ben diversa:

per le Terme di Agnano si sta cercando un operatore cui affidare la concessione (preludio ad un disimpegno del Comune), per la Società strumentale Napoli Servizi è in fase attuativa uno spacchettamento in due della Società creando, da un lato, una sorta di bad company concentrandovi le attività non redditizie e, dall’altro, una good company con le sole attività redditizie col pericolo che si generino problemi di equilibrio economico-finanziario per la Società con le attività non redditizie con i presupposti per una successiva messa in liquidazione che porterebbe ad affidare al mercato servizi come la guardiania e la pulizia degli immobili comunali oggi svolti da questa Società strumentale di cui il Comune è socio unico.

L’operatività di questi indirizzi è data dal budget 2025 dove dagli ambiti operativi della Società è già stato tolto quello riguardante il patrimonio in attesa della costituenda NEWCO che deve mettere a reddito gli immobili comunali compresi quelli ad uso sociale e quelli appartenenti al patrimonio ERP.

In questo caso, abbiamo anche un’ulteriore dimostrazione del ruolo inconsistente dell’attuale Consiglio dove vari consiglieri si sono limitati ad esprimere perplessità sulla costituzione della NEWCO in una seduta del settembre dello scorso anno della Commissione Trasparenza e poi non hanno dato alcun seguito alle stesse.

Peculiare la situazione di Acqua Bene Comune (ABC) la Partecipata in forma non societaria in quanto è un’Azienda Speciale che gestisce il Servizio Idrico Integrato rappresentando l’unico esempio di reale applicazione del referendum del 2011 sull’Acqua Pubblica.

ABC è in attivo e la giunta Manfredi anche in documenti ufficiali (si veda il DUP 2025-27) ha dichiarato l’intenzione di trasformarla in Spa e, soprattutto, in base ad una disposizione del d-lgs n. 201/2022 (Testo Unico sui servizi pubblici locali) alla scadenza dell’attuale affidamento nel 2027 non ha intenzione di prorogarlo.

Su questo punto all’opera di demistificazione si può dare seguito grazie al recente ed argomentato parere del prof. Lucarelli e del dott. Chiappetta, pubblicato sul sito del Forum nazionale dell’acqua dove, tra l’altro, si spiega perché si può ricorrere alla proroga dell’affidamento esplicitamente previsto anche dall’attuale convenzione tra il Comune e ABC (art. 6) ciò per non far cenno del fatto che si vuole applicare la norma del TUSPL che vieta alle Aziende Speciali di gestire i servizi a rete in maniera retroattiva, orientamento in palese contrasto con i prencipi generali che reggono il nostro ordinamento giuridico.

E’ chiaro che c’è un problema di mancanza di volontà politica da parte dell’attuale Giunta a causa del suo orientamento politico che è organicamente liberista.

 

  1. Una seconda questione: contrastare la chiusura del cerchio contenuta nella bozza di nuovo statuto del Comune.

A proposito di impostazione organicamente liberista, dal 20 giugno è stata pubblicata sulla home page del sito istituzionale del Comune la bozza di nuovo statuto che nasce anche da un’esigenza oggettiva: la mancata revisione organica della carta fondamentale da vari decenni.

E’ ovvio che dietro questa giusta esigenza di aggiornamento c’è anche l’operazione politica di voler dare una formalizzazione statutaria alla prassi e alla cultura liberista dell’Amministrazione Manfredi.

Sarebbe importante che la prossima approvazione del nuovo statuto non passi nell’indifferenza della città e, quindi, che potesse essere oggetto di confronto anche tra le forze dell’opposizione sociale e politica ormai tutte all’esterno del Consiglio Comunale.

La filosofia del nuovo Statuto, in alcuni passaggi chiave, è quasi un inno alla collaborazione pubblico/privato dall’enfasi sulla sussidiarietà orizzontale (art. 8 della bozza) al nuovo articolo 78 sul partenariato pubblico/privato;

inoltre, c’è una perla di tipo aziendalistico in uno degli articoli sul personale dove, in maniera del tutto inappropriata per un documento statutario, si fa riferimento ad una precisa metodologia di valutazione come se si trattasse del regolamento del Nucleo di valutazione dei dirigenti del Comune (a volte l’eccesso di zelo tira brutti scherzi…).

Più che un giustificabilissimo aggiornamento statutario, in realtà, ci troviamo difronte ad un’ulteriore supporto all’attuazione degli obiettivi del Pacco per Napoli dove, in qualche caso, ci si arrampica sugli specchi definendo, ad esempio, la risorsa acqua come “bene comune pubblico” (art. 3 bozza) ma quando dai principi generali si passa agli articoli sulla gestione dei servizi pubblici si assiste ad una disposizione che mira a svuotare dall’interno l’Azienda Speciale permettendo alla stessa di costituire delle Spa o di assumervi partecipazioni (art. 67, co. 3 della bozza).

Altro aspetto da non sottovalutare è il riferimento volutamente generico che si fa sul patrimonio dove non si distingue tra il patrimonio da mettere a reddito e quello a fini sociali e appartenente all’ERP e ciò è in perfetta aderenza alle finalità che abbiamo visto in precedenza sia per il ruolo di INVIMIT che per la ristrutturazione di Napoli Servizi.

  1. Una terza questione: agli albori del Pacco e le possibili linee di una sua rimodulazione/rinegoziazione.

L’attuale Sindaco, sin dalla campagna elettorale del 2021, come condizione per “scendere in campo” ha posto quella di avere un’agibilità finanziaria negata all’Amministrazione precedente e, da allora, si sono poste le condizioni per il successivo Patto/Pacco per Napoli.

Manfredi è un vero e proprio uomo di potere e ciò è testimoniato sia dagli incarichi che ha avuto nel passato (Rettore dell’Università napoletana, Presidente della Conferenza dei Rettori, Ministro dell’Università e della Ricerca scientifica) che per i suoi buoni rapporti anche col centro-destra (si vedano i positivi rapporti col Governo Meloni e l’opposizione soft della destra in Consiglio comunale) oltre agli incarichi che ha attualmente (oltre ad essere Sindaco è Presidente ANCI e Commissario Straordinario per Bagnoli);

un altro dato interessante sono i giudizi altrettanto positivi sul rating del Comune che dal 2022 al 2024 sono andati migliorando (il rischio di default secondo Fitch è passato da medio-alto a medio-basso nonostante che il Comune sia in riequilibrio finanziario fino al 2032).

Sappiamo che i giudizi di queste Agenzie solo apparentemente sono “tecnici” e, quindi, Manfredi e la sua giunta rassicurano i mitici mercati, ossia i poteri forti.

Di fronte a questa situazione, che vede una giunta senza nessun tipo di reale opposizione, occorre iniziare a riflettere anche sui percorsi formalmente praticabili per provare a bloccare quella sorta di “pilota automatico” che sta guidando la città dal 2022.

A tal fine, è utile rilevare che nella struttura dei Patti e, quindi, anche in quello per Napoli è prevista una limitata flessibilità in quanto “previa deliberazione del Consiglio Comunale” è possibile “proporre una diversa rimodulazione delle misure da adottare”;

in realtà, in quasi tutti i Patti liberisti c’è sempre una clausola sulla flessibilità (anche in quelli europei) e ciò è dovuto sia a motivi oggettivi causati dal sempre possibile verificarsi di eventi imprevedibili e sia in relazione ad eventuali forme di resistenza sociale miranti ad eliminare gli aspetti più antipopolari dei Patti.

In relazione a quest’ultima evenienza (forme di resistenza sociale) a Napoli, nelle ultime settimane si è iniziato ad aprire un dibattito sulla rinegoziazione antiliberista del Patto/Pacco anche perché dal non lontano 2026 diminuirà sensibilmente il contributo statale al rientro dal debito e, di conseguenza, aumenterà quello comunale rendendo, così, ancora più opprimente la gabbia del Pacco.

Tra le linee della possibile rimodulazione/rinegoziazione che si cominciano ad individuare ci sono:

  • una revisione dell’aumento dell’addizionale comunale IRPEF da attuare rispettando il principio della progressività della tassazione[2];
  • la fissazione di una data in cui, in relazione al rientro, seppur parziale dal debito, si torna alla precedente aliquota dell’addizionale IRPEF già al massimo per il riequilibrio finanziario pluriennale;
  • la rinuncia a valorizzazioni speculative del patrimonio comunale adibito a fini sociali e all’ERP;
  • una salvaguardia delle Partecipate comunali parte integrante del patrimonio cittadino;
  • una verifica trasparente del tesoretto di 32 milioni in più che l’Amministrazione afferma di aver realizzato attraverso la riscossione coattiva;
  • una rapida ed attenta valutazione per l’estinzione anticipata dello swap ancora attivo da parte del Comune con Banca Intesa e Deutsche Bank che ha flussi finanziari negativi fino al 2035 dirottando a fini sociali il risparmio di spesa che ne deriverebbe dalla chiusura;
  • eventuale nuova rimodulazione/rinegoziazione del Pacco a fine 2027 qualora ci siano effettivi introiti nelle casse comunali derivanti dall’America’s cup.

 

  1. Una quarta questione: Pacco e America’s cup.- L’esigenza di una visione d’insieme

Nella cornice del Pacco è sopraggiunto l’ennesimo “grande evento” costituito dalla trentottesima edizione dell’America’s Cup accompagnato dalla solita retorica miracolistica per cui, ad esempio, si prevederebbero almeno 10.000 posti di lavoro e un impatto socio-economico di un miliardo di euro.

Questa retorica, in una città dalla drammatica situazione sociale, ha il rischio di attecchire quantunque non vengano mai effettivamente precisati gli elementi che danno concretezza alle mirabolanti previsioni, tantomeno si precisa la qualità dei posti di lavoro che, ipoteticamente, verrebbero a crearsi, inoltre non si fanno i conti sui costi dell’evento per le casse pubbliche, la nuova ondata di overtourism che si potrà abbattere sulla città con il collegato aumento degli alloggi, dei prezzi e degli ormeggi.

Il Sindaco Manfredi, quando, a fine maggio, si è fatta la conferenza stampa di presentazione dell’evento, ha avuto il coraggio di evidenziare l’aspetto sociale dell’evento come se stessimo parlando di una gara tra qualche barchetta a vela guidata da appassionati dilettanti e non di una competizione tra team supertecnologici con alle spalle sponsor miliardari, naturalmente il Primo cittadino, a proposito di aspetto sociale, si è guardato bene dall’accennare su quale distribuzione potrà avere quella parte degli eventuali ed ipotetici utili che dovrebbe ricadere nelle casse pubbliche pur nella remota evenienza che ciò possa realmente verificarsi.

Non a caso, proprio le problematiche legate a questo evento per ricchi sono state alla base delle contestazioni avutesi a Barcellona, sede della precedente edizione della Coppa, dove si è costituita la Plataforma contra la Copa del America.

Per comprendere ulteriormente il contesto in cui cade la scelta di Napoli per lo svolgimento della gara velistica internazionale – che in una sua componente essenziale avrà sede in un quartiere storico della città come quello di Bagnoli – occorre risalire, seppur brevemente, alle vicende relative alla chiusura negli anni 90 dell’ex- Italsider e, più recentemente, a quanto determinatosi negli ultimi mesi per l’emergenza bradisisma perché Bagnoli è quella parte del capoluogo partenopeo che si trova nella zona flegrea, ossia la stessa del Comune di Pozzuoli da decenni epicentro del fenomeno bradisismico aspetto su cui, non appena si è diffusa la notizia sull’assegnazione a Napoli delle regate, è calato un omertoso silenzio.

Nella sintetica ricostruzione, si parte nel 1991 con la chiusura dello stabilimento siderurgico, nel 1994 si decide la bonifica del sito d’interesse nazionale (SIN) che viene formalizzata nel 1996 col d-l n. 486 e, da allora, si susseguono varie leggi e decreti con avvicendamenti di diversi soggetti attuatori da Bagnoli Spa, a Bagnolifutura Spa, alla SOGESID Spa all’attuale INVITALIA Spa e nomine di diversi Commissari Straordinari per la bonifica.

Questo variegato e iper-articolato quadro è stato già fotografato sin dal 2004 dalla Corte dei conti – e, allora, era sicuramente meno complesso di come lo è progressivamente diventato – rilevando la “copiosa stratificazione legislativa intervenuta nella materia”.[3]

Il d-l n. 96, in corso di conversione in Parlamento, contenente un articolo con le disposizioni per lo svolgimento della manifestazione, è destinato ad aumentare il groviglio interistituzionale perché, nel frattempo, oltre al Commissario Straordinario per Bagnoli, la Cabina di regia, ecc. è stato nominato anche un Commissario straordinario per i Campi flegrei, ci saranno uno specifico soggetto attuatore e il Comitato tecnico di gestione dell’America’s Cup.

Questo frammentato quadro politico-amministrativo basato sull’intreccio tra figure extra ordinem, strutture centrali e decentrate, Società Partecipate, istituzioni ordinarie è uno degli elementi che rende particolarmente importante e impegnativa la richiesta di trasparenza venuta anche di recente da alcune assemblee cittadine che hanno aperto un vivace confronto in città sulle criticità legate allo svolgimento del grande evento in questione.

La storia della bonifica di Bagnoli è una sorta di telenovela particolarmente contorta ed opaca in cui, tra l’altro, sono intervenuti tutti i rami e i gradi dell’ordinamento giudiziario da quello penale per un’inchiesta su truffa, falso, disastro ambientale (con relativi sequestri e dissequestri giudiziari dell’area SIN) a quella contabile per danno erariale, a quella del Tribunale fallimentare (vicende Bagnoli Futura e Fintecna) a quella amministrativa (ricorsi al TAR Campania e al Consiglio di Stato) e per i gradi di giudizio andiamo dal primo grado fino alla Cassazione (per la pronuncia sull’appello relativo alla sentenza di primo grado del Tribunale napoletano che aveva emesso delle condanne a tecnici e politici coinvolti nella bonifica).

Questo accidentato percorso, insieme al fatto che la bonifica di Bagnoli, sia quella a terra che quella a mare, è stata ed è tuttora un vero e proprio “Pozzo di San Patrizio” per le risorse finanziarie assorbite, giustifica abbondantemente la diffidenza e, in vari casi, l’ostilità verso l’America’s Cup che per molti è vista come un “acceleratore” di progetti già in corso.

Tuttavia, su questo tipo di definizione- che ha una sua oggettiva base di verità – occorre intendersi perché alcuni, collocati politicamente nella maggioranza consiliare che sostiene Manfredi, l’adoperano, nei fatti, per minimizzare l’impatto sulla città del grande evento in argomento, per altri, invece, proprio perché ha tali caratteristiche occorre accelerare anche la contronarrazione e la mobilitazione popolare e quest’ultima accezione ci sembra quella corretta.

Infatti, la Coppa America è un aspetto di quelle nuove mani sulla città che caratterizza il Pacco per Napoli perché con essa si vuole attaccare parte del Parco pubblico di 130 ettari previsto nella riqualificazione di Bagnoli per aumentare le cubature così come, sempre per cedere ad interessi speculativi, si vuole rinunciare ad un’eliminazione completa della colmata a mare[4] che verrà rimossa solo in piccola parte e ciò comporterà la rinuncia al ripristino della linea di costa e alla sua balneabilità.

Insomma, dietro la Coppa America non c’è solo una competizione sportiva d’élite ma, soprattutto un disegno di città ed è proprio su questo terreno che occorre organizzarsi per una nostra visione di città dalla zona occidentale al centro storico alla zona orientale dove ci sono problemi simili a quelli di Bagnoli se non più gravi.

Ciò, ovviamente, significa che occorre costruire una visione d’insieme che ci permetta di superare la frammentazione programmatica e politico-organizzativa che anche a Napoli caratterizza la sinistra sociale e politica rilanciando anche il meglio della tradizione delle Assise dando, tra l’altro, coraggio all’intellettualità critica della città che nel passato ha dato un grosso contributo civico e culturale e che oggi sembra in gran parte scomparsa per l’influenza che ha l’attuale blocco di potere cittadino sul mondo accademico.

[1] Cfr. Marco Bersani in: Dacci oggi il nostro debito quotidiano” Edizioni Derive e Approdi pag. 142. – Nella sinistra di classe, sia a livello nazionale che locale, da anni, si affrontano le problematiche legate all’uso liberista del debito, ricordiamo, ad esempio, i Comitati NO DEBITO del 2012, il contributo di Paolo Ferrero in: “La truffa del debito” edito sempre da Derive e Approdi e, a livello locale, gli esempi di audit sul debito capitolino di “Decide Roma” e quello sul debito napoletano nella seconda giunta De Magistris.

[2] L’Amministrazione ha proceduto all’aumento dell’addizionale comunale sull’IRPEF, dopo aver fissato la fascia di esenzione a 12.000 euro di reddito, in maniera indifferenziata ispirandosi più ai principi della flat tax che a quelli della progressività della tassazione come previsto in Costituzione.

[3] Cfr. Corte dei conti Sezione centrale di controllo dello Stato deliberazione n. 8/2004 su: Piano di completamento della bonifica del recupero ambientale dell’area industriale di Bagnoli”.

[4] Per chi non conosce specificamente le vicende della bonifica del SIN di Bagnoli – che comunque ha vari aspetti in comune con tanti altri siti inquinati sparsi nella Penisola – la “colmata a mare” è stata realizzata tra il 1963 e il 1965 per poter ampliare l’acciaieria, col riempimento a mare del tratto compreso tra due pontili e il “tombamento” della relativa fascia costiera.

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