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Bologna. Matteo Lepore sceriffo: ma non ci eravamo liberati di Aitini?  

A urne chiuse dopo le primarie, Matteo Lepore aveva subito gettato la maschera e dichiarato di voler recuperare i consensi dei “grandi elettori” di destra.

Oggi qual è quindi la prima battaglia con cui l’assessore apre la campagna elettorale? La lotta alla movida di Piazza Verdi e della zona universitaria, rubando la titolarità del tema al collega manettaro Alberto Aitini, che del securitarismo ha fatto la sua bandiera.

Quello che cercano di fare tutti i maggiori esponenti del PD in materia di vita notturna, da Cofferati a oggi, segue sempre la stessa logica, volendo garantire il modello marcio di vita sociale propinato ai giovani da tempo a questa parte. Un modello fatto di chiusura di spazi di aggregazione dal basso, commercializzazione a tutto spiano, baretti, alcool e cibo da quattro soldi.

A monte, condiscono questa melma con “grandi eventi culturali” preconfezionati dall’amministrazione e – a valle – reprimono con telecamere, vigili e polizia qualsiasi libera scelta degli studenti di sottrarsi da questo recinto.

90mila studenti dell’Alma Mater insomma, schiacciati tra affitti impossibili e lavoretti schiavistici negli stessi locali di questa movida malata, dovrebbero pure stare zitti e buoni.

Dopo essersi visti sottrarre uno a uno tutti gli spazi per la produzione di cultura e per la libera espressione, sono anche chiamati a evitare di assembrarsi nelle piazze del centro, in cui vengono trattati come ospiti indesiderati.

Lo abbiamo visto plasticamente anche la scorsa settimana: il cinema popolare della Bolognina organizzato dal Circolo Granma, nonostante tutte le dovute autorizzazioni per svolgere in autonomia la propria attività, dopo le due precedenti edizioni estive che hanno coinvolto migliaia di famiglie, di lavoratori, di bimbi e di fuorisede, ha dovuto dare battaglia per riuscire comunque a svolgere anche quest’anno il proprio importante ruolo sociale in quartiere.

Perché se non sei il titolare di una discoteca, o se non sei nella rete dell’associativismo amico del Partito Democratico, in questa città la tua attività culturale è resa impossibile.

Penso invece che i ragazzi e le ragazze che attraversano Bologna siano la linfa che può mettere in moto lo spirito di rinnovamento di cui abbiamo bisogno dopo gli stravolgimenti della pandemia. Al contrario però noi giovani continuiamo a essere spremuti come limoni per poi essere gettati via.

Questa visione politica di corto raggio è l’esatto opposto di ciò di cui la città ha oggi bisogno, bisogna avere il coraggio di guardare oltre la punta del proprio naso.

La riconversione per uso pubblico delle caserme abbandonate, in favore di studentati e spazi di sport e cultura, così come la lotta al lavoro povero e senza diritti su cui hanno fatto al fortuna personaggi straccioni travestiti da imprenditori nel centro della città a disposizione dei turisti, sono i punti cardine di un’idea di Città Pubblica per ridare dignità e protagonismo ai giovani che fanno grande questa città, ma evidentemente non rientrano nell’idea di una Super Bologna in mano a palazzinari e sfruttatori.

Lepore, l’uomo di Bologna Estate e di Fondazione Innovazione Urbana, con il ruolo giocato in occasione degli sgomberi di spazi sociali aveva già dato prova di poter essere non solo il candidato dei grandi eventi normalizzatori, ma anche l’addetto alla manovalanza reprimenda.

Ora lo conferma: a Bologna non serve il ticket Conti-Aitini se l’erede di Merola può offrire il pacchetto completo di carota e bastone.

* Portavoce nazionale di Potere al Popolo e candidata sindaco di Bologna

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