Marta Collot: Cinque anni dopo lo sgombero di via Irnerio, sempre dalla parte del diritto all’abitare
Ieri sono stata con le compagne e i compagni in Tribunale per testimoniare sullo sgombero dell’occupazione di via Irnerio, il 3 maggio 2016, e della resistenza che durò tutto il giorno per aprire una trattativa con il Comune, che vide solo in tarda serata tutte le famiglie con una nuova soluzione.
Certo, abbiamo dovuto parlare dei fatti che vengono imputati ai compagni e alle compagne, di come la determinazione del presidio che si era formato permise di non disperderci anche dopo tre cariche partite a freddo dalla polizia, per cercare di allontanarci a manganellate e calci.
Ma abbiamo parlato anche di cosa è stata l’occupazione intitolata a Nelson Mandela, tre anni di organizzazione insieme alle famiglie occupanti, che insieme ad Asia-Usb avevano deciso di riaprire uno dei tanti edifici pubblici (proprietà del Sant’Orsola) abbandonati alla polvere, come era prima e come è tornato dopo, per aprire una grande vertenza politica sugli spazi vuoti e sulle case popolari che mancano.
Tre anni di occupazione di oltre venti nuclei familiari delle classi popolari, italiani e stranieri, nel pieno centro delle mura storiche della città, un pugno in un occhio per chi oggi come allora pubblicizza una città progressista ma pacificata dall’alto, senza conflitto.
Ed è in quegli anni che insieme ad altre giovani compagne e compagni ho iniziato a fare militanza a Bologna, nell’incontro tra lotta sociale e movimento studentesco che proprio dentro quell’occupazione si incontrarono, dando vita anche all’esperienza del Terzopiano e a una formazione politica che non si è dispersa con lo sgombero, ma ha saputo rilanciare nell’organizzazione e nelle lotte cittadine.
L’occupazione di Irnerio 13 era un tassello di un movimento che in quegli anni ha animato Bologna come altre città, in cui la lotta per la casa ha costruito diverse esperienze di recupero e riappropriazione di palazzi lasciati colpevolmente inutilizzati dal Comune. La risposta della giunta Merola, con le sue anime più o meno di sinistra, o con i suoi assessori riciclati candidati sindaco che ora fanno finta di non esserci mai stati, alla fine è stata quella che conosciamo: lo sgombero militare di tutte queste esperienze.
Soltanto la lotta e i momenti come la giornata del 3 maggio 2016 hanno portato ai risultati di garanzia sociale minimi per le famiglie.
Con lo sgombero di Irnerio e delle altre occupazioni abitative non si è certo arrestata la lotta per la casa. Due giorni fa sempre con Asia-Usb abbiamo impedito lo sgombero di una famiglia, a cui come al solito l’unica proposta che veniva fatta era una settimana in albergo, ma solo per la madre e il figlio. E come al solito, la responsabilità non è mai di nessuno, e continua a essere impallata tra servizi sociali, ufficiale giudiziario e Acer.
Dopo un anno e mezzo di pandemia, il Governo ha deciso che si può tornare a licenziare e sfrattare, ovviamente contemporaneamente visto che le due cose vanno di pari passo, e chi perde il lavoro non può più permettersi l’affitto. Per questo oggi si apre un nuovo capitolo nella lotta per il diritto all’abitare.
* candidata sindaca a Bologna per Potere al Popolo
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