Come ogni anno, la memoria della strage di stazione di Bologna si traduce in città nella commemorazione di uno degli eventi più drammatici della storia della città e dell’Italia tutta. Una strage in cui la verità viene ancora oggi fatta trapelare a pezzettini, coperta da mille depistaggi e dai segreti di Stato, omertosa su responsabilità e mandanti.
La strage della stazione di Bologna da un lato, fu l’apice della politica delle stragi di Stato, a partire da Piazza Fontana, tesa a condizionare nel profondo i rapporti politici e di classe nella società. Dall’altro materializzò agli occhi di tutti il significato di una guerra concepita e combattuta sul fronte interno, in cui i killer fascisti sono stati utilizzati come manovalanza per il lavoro sporco. Una verità negata per anni, depistata, nascosta, ma che è una sola. Proprio quest’anno nel corso del processo sullo strage il giudice Tamburino ha confermato la connivenza tra i fascisti dei NAR – la manovalanza di cui le istituzioni si sono servite per le stragi – e i servizi segreti: nonostante il revisionismo imperante su quegli anni, su questa storia la verità è una sola e a piccoli pezzi sta venendo alla luce anche sul piano giudiziario.
Come ogni anno, le istituzioni e i famigliari delle vittime si danno appuntamento in piazza Maggiore, per proseguire fino all’orologio della stazione, ancora fermo alle 10.25, momento in cui esplose quella bomba che uccise 85 persone, e ne ferì a centinaia, fisicamente e moralmente.
Tutte le realtà antifasciste, sociali e politiche della città sfilano in coda al corteo delle istituzioni. Onorano le targhette che quest’anno sono state scolpite lungo via Indipendenza, con inciso i nomi di chi rimase vittima di quel vile attacco.
Ma nel momento in cui, dopo le parole dell’Associazione Famigliari delle Vittime, parlano le istituzioni, la ministra della giustizia Catabia che parla retoricamente della necessità di ricostruzione della verità, il sindaco Merola che dona simbolicamente il Nettuno a Bolognesi, una parte di quel corteo si divide, come tutti gli anni, perché rifiuta una commemorazione intrisa di connivenza e di retorica.
Quella parte del corteo, animata dalle realtà sociali e di movimento antifasciste militanti della città, porta in piazza XX Settembre uno striscione che non esprime equivoci: “Mandante è lo Stato, la mano è Fascista”.
Noi non dimentichiamo, purtroppo e per fortuna. Nemmeno dopo 41 anni, nemmeno ora, in un anno in cui una pandemia globale ha messo in luce come ancora la connivenza dello Stato con Confindustria non faccia che produrre scelte sconsiderate nella gestione delle crisi sanitarie, repressione e ingiustizie, sempre a difesa dei soliti.
Ricordiamo lo smantellamento della sanità pubblica e l’incapacità degli ospedali di reggere all’urto dei malati di Covid, ricordiamo la mancanza di sostegni economici dignitosi durante i lockdown, ricordiamo i licenziamenti per e-email, ricordiamo le rivolte in carcere, e il quasi totale silenzio della ministra di fronte alle prove dei pestaggi a Santa Maria Capua Vetere.
Ricordiamo tutto, purtroppo e per fortuna. E non dimentichiamo.
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