Ormai da diverso tempo, Bologna è tra le città i cui affitti sono tra i più cari d’Italia e dove, contemporaneamente sono stati azzerati tutti gli spazi sociali e i luoghi di aggregazione liberi dalle logiche del profitto, spesso con sgomberi violenti.
Contro tutto ciò varie realtà studentesche e antagoniste sono tornate ad occupare stabili dismessi per porre l’attenzione sulla insostenibile situazione che studenti e lavoratori devono affrontare nella città felsinea.
La situazione abitativa a Bologna è a livelli emergenziali da diverso tempo: tra l’annoso problema della speculazione, di interi condomini lasciati colpevolmente vuoti per mantenere i prezzi alti e l’abbandono e la progressiva svendita dell’edilizia residenziale pubblica, negli ultimi anni si è aggiunto il flagello di AirBnB.
Spinti dalla turistificazione del centro storico dietro lo slogan della “City of Food”, molti proprietari hanno colto la palla al balzo per massimizzare i profitti sfruttando l’aumento del turismo cannibale “mordi e fuggi” adibendo molti alloggi per affitti brevi e brevissimi.
Secondo Inside AirBnB, le stanze disponibili per alloggi brevi sotto le Torri erano oltre 3.600 a settembre di quest’anno. Pur non avendo ancora raggiunto i livelli pre-pandemici, quando gli alloggi disponibili sulla piattaforma erano quasi 5.000, è evidente come la mancanza di un regolamento stringente sugli affitti brevi stia alienando migliaia di posti letto per studenti e lavoratori precari e contemporaneamente drogando il mercato immobiliare, facendo schizzare i prezzi a livelli mai raggiunti.
Negli scorsi mesi, sia il Comune che l’Università avevano posto l’attenzione sulla questione affitti, ma per ora le loro dichiarazioni sono rimaste tali e anzi, il patrimonio pubblico continua ad essere svenduto, mentre i nuovi alloggi per studenti si limitano alla costruzione di mega-studentati di lusso con posti letto che spesso arrivano a cifre a tre zeri.
Ne sono un esempio lo Student Hotel, costruito nel complesso dell’Ex-Telecom (che fino al 2015 ospitava un’occupazione con oltre 300 persone), o il recente studentato di 19 piani di Beyoo, occupato simbolicamente per due giorni, dove i prezzi sono “a partire da 745 euro”.
Alla speculazione abitativa si affianca poi la chiusura totale di spazi sociali e di aggregazione che la città e l’Università di Bologna portano avanti in modo sistematico.
Dagli sgomberi di tutti gli spazi sociali, alla trasformazione del bar universitario delle Scuderie in un “Future Food Living Lab”, ossia luogo di sponsorizzazione di aziende e start-up, fino alla creazione di mini-distretti come il Guasto Village, l’obiettivo dichiarato è quello di creare un centro-vetrina a uso e consumo dei turisti o degli studenti più facoltosi, espellendo i soggetti indesiderati e promuovendo al contempo una decisa normalizzazione, spesso violenta, del dissenso interno.
Un modello che considera abitanti e studenti solo come utenti e che non mira a risolvere il disagio sociale, ma ad allontanarlo espellendolo dal centro.
In risposta a tutto questo nell’ultimo mese e mezzo sono stati occupati 4 stabili.
L’ultima in ordine di tempo è quella di Infestazioni, un gruppo nato dallo sgombero di Xm24, che il 19 novembre ha ripreso uno spazio abbandonato in via Stalingrado “in aperta sfida al clima di forte repressione del dissenso, di palese criminalizzazione di ogni forma di conflitto e di auto-organizzazione”.
Perché “su questo spazio, abbandonato da più di 10 anni, esiste dal 2015 un progetto di riqualificazione che prevede la destinazione del 69% dell’area ad affittacamere e Bnb. Se queste sono le opzioni (sovraprezzate e inaccessibili) offerte a Bologna in piena emergenza abitativa, decidiamo di destinare parte dello stabile al bisogno di un gruppo di compagnə che si stanno trovando senza una casa”.
La data del 19 novembre non è casuale, dato che in quel giorno ricorre l’occupazione della caserma Sani del 2019, dopo le vuote promesse di Merola e Lepore a seguito dello sgombero di Xm24.
Il primo spazio ad essere occupato è stato invece uno stabile in via Capo di Lucca di proprietà di Asp (Azienda Pubblica di Servizi alla Persona).
A differenza del “pugno di ferro” mostrato sempre finora con le altre occupazioni, questa è stata visitata dalla vice sindaca Emily Clancy e pare che gli occupanti (un collettivo vicino a Coalizione Civica, lista di cui fa parte la vicesindaca stessa) abbia raggiunto un accordo col Comune per lasciare l’immobile, dietro la promessa di Palazzo D’Accursio che il bene non venga venduto al mercato privato ma che venga riqualificato per essere adibito a “spazio sociale e a forme nuove ed innovative di abitare collaborativo, alla cui progettazione possono concorrere in tempi rapidi realtà dal basso (…)”.
Sorte diversa è toccata invece al palazzo in via Oberdan occupato dal Collettivo Universitario Autonomo e di proprietà condivisa tra un privato e l’Unibo.
Lo stabile infatti, vuoto da anni, è stato sgomberato con la forza pubblica lo scorso 17 novembre, dopo che era stato occupato per “mettere l’Università di fronte alle proprie responsabilità” e per chiedere che l’immobile venisse messo a disposizione per l’emergenza abitativa che colpisce molti studenti.
La stessa mattina, però, da Cambiare Rotta è stato occupato un altro stabile, sempre in disuso e di proprietà dell’Unibo.
Solidarizzando con gli occupanti di via Oberdan, rivendica l’occupazione “contro questo modello di Università: oggi la lotta continua con un nuovo spazio aperto nell’Università di Bologna, a disposizione della comunità studentesca, per organizzarsi, trovare spazi di socialità, costruire legami per lottare contro la frammentazione sociale e politica che ci impongono.
A fianco a questo, anche gli spazi di democrazia e di costruzione di pensiero critico sono completamente assenti: il controllo dell’università sulle iniziative, la difficoltà anche solo per chiedere un’aula e l’assenza di qualsiasi confronto con gli studenti sono l’altra faccia del bisogno di spazi”.
L’occupazione nasce anche all’interno del percorso che porterà lavoratori e studenti verso lo sciopero generale del sindacalismo di base del 2 dicembre e della manifestazione nazionale del 3.
E’ stata salutata in modo molto positivo anche dai delegati RSU dell’Unibo dell’Unione Sindacale di Base, i quali vivono con altre centinaia di lavoratori e lavoratrici la mancanza di spazi e di democrazia interna all’Università di Bologna dove – al pari di collettivi e associazioni studentesche – anche le organizzazioni sindacali subiscono trattamenti diversi in base al livello di critica e di conflittualità in termini rivendicativi che esprimono.
Come risponderà la giunta autodefinitasi “la più progressista d’Italia” a queste sollecitazioni?
I precedenti non fanno ben sperare, ma è ormai evidente che la situazione abitativa e di aggregazione sociale a Bologna abbia bisogno di prese di posizioni chiare e decise, rimane da vedere se saranno a favore dell’interesse pubblico o di palazzinari e speculatori.
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