Menu

Bologna, licenziata per il colore dei capelli. No ai licenziamenti discriminatori

Oggi, lunedì 15 maggio, alle ore 12.30 si svolgerà una iniziativa di denuncia presso il negozio di abbigliamento Suite Benedict di Via Indipendenza 12 a Bologna.

Francesca Sparacino, 24 anni, consigliera comunale di Rifondazione Comunista a Granarolo, assunta come commessa nel negozio Suite Benedict (gruppo Hammersmith) del centro commerciale Gran Reno di Casalecchio è stata licenziata immediatamente dopo uno scambio di messaggi su Whatsapp con una dirigente. La ragione del “contendere”? Il colore dei capelli.

La sua responsabile le ha scritto una serie di messaggi su Whatsapp contestandole il colore dei capelli viola. Nulla a che vedere con la sua capacità lavorativa, si tratta di un licenziamento che riteniamo discriminatorio.

Quindi si tratterebbe di un’azienda che subordina il mantenimento dell’occupazione (tra l’altro a tempo determinato) di una lavoratrice al fatto che essa si tinga i capelli del colore voluto dalla dirigente aziendale.

La vera questione è che le aziende non cercano solo persone “competenti” ma le vogliono anche “addomesticate” e pronte ad obbedire ad ogni desiderio padronale anche se non riguarda la sfera lavorativa.

Ovviamente il licenziamento è stato impugnato da Francesca con l’assistenza legale di USB, ma per noi non basta: quello che è accaduto è una storia esemplare di una degenerazione che ormai è sotto gli occhi di tutti e tutte.

Il comando da parte delle aziende e del padronato vuole essere totale: o fai quello che ti dico oppure quella è la porta, o accetti la miseria che ti propongo oppure quella è la porta, o accetti di lavorare in nero oppure quella è la porta, o accetti di lavorare tutte le ore di straordinario che ti chiedo oppure quella è la porta.

Lavoratori e lavoratrici subiscono il peggioramento costante delle condizioni di lavoro tra lavoro sottopagato, precarietà, flessibilità, aumento dei ritmi di lavoro, part time obbligatorio, licenziamenti indiscriminati, condizioni di sicurezza del lavoro sempre peggiori.

Abbiamo visto stracciare quei diritti sociali previsti dalla nostra carta costituzionale, il diritto alla salute, il diritto alla casa, il diritto all’istruzione pubblica, il diritto ad un trasporto pubblico ed efficiente.

Per USB è necessario un percorso di mobilitazione, che passerà anche dallo sciopero generale del 26 maggio, un momento in cui dobbiamo iniziare a credere fermamente. Perché la condizione del cambiamento è quella che sta nella nostra sfrontatezza e nel nostro coraggio. Dobbiamo modificare la cultura di questo paese, cancellando la rassegnazione che, come una cappa, avvolge lavoratrici e lavoratori.

USB Bologna

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *