Menu

Strage di Ustica: è ora della verità! Venerdi dibattito a Bologna

«Ci sono persone che sanno cosa è accaduto quel 27 giugno 1980 nei cieli italiani. Gli eventuali reati commessi sono ormai caduti in prescrizione: Queste persone, dunque, non rischiano nulla e non hanno più niente da perdere. É ora che dicano la verità».

Con queste parole, Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio e della Corte Costituzionale torna a parlare della strage di Ustica in occasione del convegno organizzato dalla rivista MicroMega e dal comune di Fabriano in occasione dei 75 anni dell’entrata in vigore della Carta costituzionale che si è svolto nella città marchigiana dal 20 al 22 ottobre.

L’intervista che Amato aveva concesso a La Repubblica pubblicata il 2 settembre di quest’anno sembrava avere riposto l’esigenza del raggiungimento della verità sulla tragedia in cui persero la vita 81 persone mai giunte all’aeroporto di Palermo.

Amato attribuisce la responsabilità dell’abbattimento del Dc9 partito da Bologna ad un missile francese che avrebbe dovuto colpire un Mig nel quale si supponeva viaggiasse l’allora leader libico Gheddafi, inviso a quello stesso arco di forze che dopo avere destabilizzato la Libia, è stato mandante del suo assassinio circa 30 anni dopo.

Ma quella finestra che si sembrava fosse aperta per parlare di quella strage, si è ben presto rinchiusa dopo alcune settimane, ed ha avuto pochissima eco Oltralpe, nonostante le affermazioni fatte da un uomo politico della caratura d’Amato. Un silenzio assordante, anche da parte delle non poche testate giornalistiche francesi molto solerti a produrre coraggiose inchieste giornalistiche anche sugli aspetti più delicati della politica estera francese.

La cosa è stata ben presto derubricata, l’attenzione è svanita, cercando di far calmare le acque, anche perché la volontà di andare a fondo su quella vicenda crea non pochi imbarazzi proprio per gli interessi coinvolti direttamente: la Francia, la Nato, i vertici dell’Aeronautica militare, una parte dei servizi segreti e l’establishment politico che ha governato il Paese.

I primi sono diretti responsabili dell’accaduto, i secondi l’hanno coperto, accreditando ipotesi che si sono dimostrate prive di fondamento dal “cedimento strutturale” del veicolo, alla collocazione di una bomba nel bagno dell’aereo, facendo allontanare l’opinione pubblica dalla verità in primis facendo credere che non si trattasse di una strage ma dalla cattiva amministrazione da parte della compagnia aerea.

Circa 3 anni fa Cora Ranci, pubblicando per gli Editori Laterza, Ustica. Una ricostruzione storica, aveva contribuito a fare il punto sulle vicende processuali e contemporaneamente a contestualizzare la vicenda, ricostruendo il periodo storico in questione in una fase di prepotente ritorno della Guerra Fredda, si pensi solamente alla vicenda degli Euro-missili che interesserà da vicino il nostro paese.

A pagina 158 nel IV capitolo intitolato Crepe nel muro di gomma l’autrice fa un riflessione particolarmente pregante: «Si è persa, forse, l’opportunità di saldare la causa per la verità su Ustica con la protesta dei movimenti transnazionali antinucleari e pacifisti, che tematizzavano il problema della sicurezza a fronte della militarizzazione crescente nell’area del Mediterraneo.

Tutto il tema internazionale – il problema delle relazioni con gli stati Uniti e la posizione dell’Italia all’interno del sistema Nato – non ha trovato spazio all’interno di un discorso politico ripiegato sul versante nazionale interno, dominato dal tema della slealtà dello Stato italiano nei confronti dei suoi cittadini».

Alcuni apparati dello Stato, dimostrarono anche in quella occasione, che erano disposti a sacrificare sull’altare della loro fedeltà atlantica la vita di 81 persone, comprendo le reali responsabilità su ciò che era accaduto, mentre l’establishment politico non ha mai realmente espresso la volontà di fare piena luce sulla vicenda.

Dall’altra parte lo stesso Partito Comunista Italiano che con Berlinguer alla segreteria aveva di fatto accettato che l’Italia stesse sotto l’ombrello NATO, non era stato assolutamente all’altezza nel cercare di connettere l’accaduto ai nuovi venti di guerra che soffiavano in Occidente a causa della più aggressiva politica statunitense.

Ma la vicenda di Ustica si lega “a doppio filo” con un’altra strage che il 2 agosto dello stesso anno venne compiuta alla stazione di Bologna, progettata da tempo ma messa in atto anche per distogliere l’attenzione da quello che era realmente successo all’areo decollato dall’aeroporto del capoluogo emiliano.

La Procura generale grazie alla quale è proseguito l’iter giudiziario per l’individuazione dei mandanti e dei finanziatori, e quindi non solo degli esecutori materiali della strage del 2 agosto, è giunta ad una conclusione abbastanza precisa che la colloca nel continuum della «strategia della tensione non occasionale, ma programmata nel tempo» come emerso dalla sentenza relativa alla strage di Brescia.

Ecco le conclusioni riportate dall’ottimo libro di Paolo Morando, La Strage di Bologna. Bellini, i NAR, i mandanti ed un perdono tradito, pubblicato nel gennaio di quest’anno da Feltrinelli:

«In tale contesto non si può certo escludere, ed anzi appare logicamente coerente, che il disastro di Ustica, con le conseguenti problematiche connesse alle assordanti polemiche mediatiche per l’esistenza di una possibile azione di guerra nei cieli italiani, abbia determinato un effetto di accelerazione del progetto di colpire Bologna; un effetto che può cogliersi, nei fatti, nell’accentuato flusso finanziario che alimenta la preparazione della strage nel periodo di luglio del 1980 e trova eco nelle parole di Carlo Maria Maggi, capo di Ordine Nuovo in Veneto, e di Aldo Bellini, padre di quell’aviatore la cui presenza sulla scena del crimine è provata nel presente processo».

La strategia della tensione ha avuto come principale obiettivo il movimento operaio organizzato e le forze politiche che si facevano vettori di una radicale trasformazione del nostro paese, ed ha accompagnato l’offensiva padronale contro le conquiste imposte con durissime lotte dai lavoratori e dalle lavoratrici durante il Lungo ’68 italiano che termina proprio nell’autunno del 1980 con la sconfitta alla FIAT di Torino dopo 35 giorni dell’occupazione della fabbrica.

Per questo ci è sembrato importante come Rete dei Comunisti proseguire con le iniziative che avevamo promosso con lo slogan Stato francese: assassino “Nato” ad inizio di settembre di fronte alle rappresentanze diplomatiche francesi a Roma e Milano, e di fronte al Museo per la memoria di Ustica a Bologna.

Lo faremo con il dibattito Strage di Ustica: stato francese assassino “Nato” che si terrà venerdì 27 ottobre alle ore 18:30 all’Officina del Popolo “Valerio Evangelisti” in via dell’artigiano 11 a Bologna nel quartiere San Donato.

Lo faremo insieme a Soumalia Diawara (scrittore e attivista), Giorgio Cremaschi (Potere al Popolo) e Giacomo Marchetti (Rete dei comunisti) per affrontare il ruolo della NATO in Italia e nel mondo, tra stragismo, depistaggi e repressione del conflitto dal Mediterraneo al Sahel.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *