Mercoledì 7 febbraio si è tenuta a Ravenna l’assemblea “Blocchiamo il traffico di armi nel porto di Ravenna!”, assemblea pienamente riuscita con più di cento persone che hanno partecipato e decine di interventi.
Oltre all’introduzione e alla conclusione di Potere al Popolo, sono intervenuti lo storico rappresentante palestinese Bassam Saleh, Jose Nivoi del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova, in collegamento rappresentanti della comunità palestinese di Parma e dell’Unione Arabo Democratica Palestinese ligure, un rappresentante della campagna Boicottaggio Disinvestimento Sanzioni, organizzazioni giovanili come OSA e Cambiare Rotta, organizzazioni sindacali e spazi sociali del ravennate.
Dall’assemblea emerge che il porto di Ravenna sta diventando uno snodo importante della macchina militare israeliana, con i pesanti investimenti della compagnia logistica ZIM.
Le autorità locali (in testa il sindaco PD De Pascale) intanto chiudono volutamente entrambi gli occhi su cosa la ZIM faccia passare attraverso il porto ravennate, mentre i fascisti di governo di Fratelli d’Italia continuano a fare polemica contro le iniziative a favore della Palestina che si susseguono in città.
L’esperienza dei portuali genovesi, che in passato hanno boicottato il traffico di armi saudite nel proprio porto e che a Novembre hanno accolto l’appello dei sindacati palestinesi bloccando il passaggio di una nave proprio della compagnia ZIM, ha dimostrato come l’organizzazione dei lavoratori e della solidarietà internazionalista può impattare direttamente l’andamento della guerra.
Tutti gli interventi hanno ribadito lo schieramento a fianco della Resistenza palestinese, per il raggiungimento di un vero cessate il fuoco, la liberazione dei prigionieri e contro la complicità del blocco euroatlantico con l’Italia che come al solito svolge il ruolo di servo zelante, correndo a bloccare i fondi dell’Agenzia ONU per i rifugiati palestinesi e assumendo il “comando tattico” della missione militare neo coloniale nel Mar Rosso.
Lo strumento del boicottaggio emerge dall’assemblea come uno strumento essenziale per continuare la mobilitazione, insieme alla mobilitazione di piazza che continua anche con l’importante chiamata nazionale del 24 febbraio per una manifestazione nazionale a Milano.
Il boicottaggio infatti può mettere sabbia negli ingranaggi della guerra, come già accaduto con le navi, e può spingere anche grandissimi marchi internazionali a ritirare sponsorizzazioni e appoggi con cui Israele si ripulisce l’immagina dal sangue che continua a versare a Gaza, in Cisgiordania, in Libano.
Il boicottaggio può agire anche sul lato accademico che vede, per esempio, proprio l’Università di Bologna impegnata in “corsi antiterrorismo” a cui intervengono direttamente i servizi israeliani.
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