Menu

Roma. Giovani under pressure e Capovilla

Perché parlare oggi di depressione? Il fenomeno non è più solamente percepito, ma è una realtà attuale ed è una delle patologie più rilevanti nel campo psichiatrico. Dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ci dicono che negli ultimi 10 anni questa patologia è aumentata del 20%, colpendo soprattutto le fasce d’età comprese tra i 15 e i 29 anni, tra i quali è addirittura la seconda causa di suicidio. Questi dati ci mostrano una situazione allarmante fra i giovani ma che non ci sorprende e che crediamo essere strettamente connessa alla condizione politica, sociale ed economica in cui ci troviamo a vivere.

Siamo una generazione che si trova di fronte un futuro di precarietà di vita, sociale e lavorativa, una generazione che vive una mancanza di punti di riferimento e di prospettive di medio lungo termine, nell’impossibilità di concepire orizzonti di riscatto sociale e quindi di prendere parte a processi di partecipazione politica e sociale attiva. Non percepiamo più la possibilità di un miglioramento dello stato di cose presenti, dalla propria vita alla società nel complesso, e non vediamo praticabile un vero movimento di protesta e di riscatto come era stato per i nostri genitori. La maggioranza dei nostri coetanei è convinta di vivere in un mondo irrimediabilmente immobile, irreversibile, arresa al fatto che questa società sia l’unica possibile e che tanto i nostri sforzi per cambiarla sarebbero vani, perché, per dirla alla Mark Fisher, “è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo”. Viviamo così in una società individualizzata, atomizzata, parcellizzata. Dalla scuola passando per l’università e approdando al mondo del lavoro ci insegnano che i valori da perseguire sono la realizzazione di sé, il profitto e la competitività, anche a discapito di chi ci sta intorno.

Famosi come la generazione dei social, siamo poi quelli perennemente pieni di stimoli esterni, talmente interconnessi tra loro e collocati in un contesto virtualmente globale da precipitare in uno spazio di solitudine, o talvolta a finire a ricercarlo. Gli hikikomori, i giovani che si rinchiudono in casa senza nessun contatto diretto con il mondo esterno, sono ormai una realtà numerosa, anche in Italia.

E anche dal punto di vista culturale, il disagio della nostra generazione finisce a riprodursi nelle forme del cinema, dell’arte e della musica. Siamo quelli che strizzano l’occhio a personaggi della finzione – pensiamo a personaggi delle serie TV o ai vari Bojack Horseman di turno – intrisi di un’introspezione afflitta ed impotente. O, nel campo della musica, assistiamo alla riproduzione di due estremi, specchio della condizione del nostro tempo: da un lato, una musica intrisa di riferimenti nichilistici, dove il rifugio in se stessi è l’unica forma di presa di coscienza e di critica allo stato di cose presenti; dall’altro, una musica espressione e ostentazione dell’individualismo, dell’affermazione di sé e della più estrema superficialità. La musica della critica sociale, della ribellione, della rabbia giovanile, ormai è solo di nicchia o legata a un tempo passato.

La comunità medica poi contribuisce a immergerci in questa condizione dicotomica tra normalità ed esclusione, assegnandoci patologie ed etichettandoci come depressi per una serie sempre maggiore di avvenimenti nella nostra vita; una diagnosi che proviene dai manuali americani degli anni 80, nati non a caso nel momento della più spietata controrivoluzione neoliberale che ha piegato ogni forma di valore a criteri utilitaristici. La soluzione che coerentemente ci viene proposta nei momenti di difficoltà è quella di trovare metodi per “rimetterci in carreggiata”, per riallinearci ai ritmi del mondo e tornare a essere operativi e produttivi, anche ricorrendo – spesso immotivatamente – a psicofarmaci e ansiolitici. E ciò risulta perfettamente in linea con una società come quella americana, che ci precede di vent’anni nelle trasformazioni politiche e economiche, in cui l’utilizzo di psicofarmaci sta diventando una problematica sociale.

Parallelamente, quelle che sono state le riforme progressiste più avanzate della proposta socialdemocratica, come la legge Basaglia, vengono messe oggi in discussione come tutto il resto del sistema del welfare. A fronte del massacro dello stato sociale, acuito dalle manovre di austerity, e la conseguente esclusione di una fetta importante della popolazione dai percorsi di riabilitazione e di recupero anche in campo medico e psicologico, è stato gioco facile delle destre cogliere la palla al balzo per negare queste forme di assistenza, proponendo risposte reazionarie, escludenti, ghettizzanti e di repressione del diverso. Arretramento che si impianta sulle grandi contraddizioni a cui già assistiamo sul trattamento repressivo e normalizzante delle persone diagnosticate con disturbi mentali. L’omicidio del maestro di scuola elementare Mastrogiovanni, con la copertura e la parziale assoluzione dei medici e infermieri, porta alla luce una società spietata con chi ritenuto non allineato e quindi deviante.

Il nostro dibattito vuole partire da questo. Come giovani, non possiamo accontentarci di un sistema completamente fallimentare che contribuisce a portare una persona su cinque a fare uso di psicofarmaci. Facciamo parte di Potere al Popolo per costruire un’alternativa sociale e politica e riteniamo che questo tema sia per noi dirimente per iniziare a pensare ad un futuro diverso, dove la risposta sia soprattutto collettiva e non solo individuale. Questa lotta la facciamo con tutti i compagni di strada che, ciascuno a suo modo e agendo anche nel suo specifico campo, scelgono di non arrendersi e di non abbassare la testa. Crediamo che per affrontare questo ambito sia quindi importante confrontarsi con chi produce cultura controcorrente e che quindi si relaziona con l’immaginario di una generazione che a noi sembra per certi versi sopita e immobile, ma a cui vogliamo e dobbiamo rivolgerci; e lo vogliamo fare con i tanti medici, psichiatri, psicoterapeuti, operatori sociali che dalla loro esperienza e dalla loro battaglia quotidiana ci permettono un momento di confronto e comprensione più profonda.

A SEGUIRE APERITIVO E SPETTACOLO DI CAPOVILLA:
https://www.facebook.com/events/344678286296118/

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *