Se c’è un rito sempre uguale è quello della repressione poliziesca: ad ogni nuova generazione che si presenta sulla scena viene data una prima risposta durissima. Nella certezza – o nella speranza – che una violenza esagerata su coscienze ancora in formazione possa produrre il risultato atteso: la resa immediata.
Sembra ancora una volta questa la logica politica sottostante l’inchiesta che la Procura di Roma – evidentemente a corto di seri problemi penali da indagare, nella Capitale – ha avviato contro una settantina di studenti del liceo Virglio, nel cuore della città. Reati ipotizzati (secondo le agenzie di stampa): “ occupazione di proprietà privata, interruzione di pubblico servizio e danneggiamento”. E già qui ci sarebbe da discutere parecchio: che una scuola pubblica sia considerata “proprietà privata” è una bella contraddizione in termini…
Tra ottobre e novembre c’era stata una occupazione da parte degli studenti, affrontata dalle “autorità” con una feroce campagna stampa che accusava i ragazzi di ogni malefatta possibile e immaginabile. Nel mentre, dentro l’istituto, non accadeva nulla di rilevante (perlomeno sotto l’aspetto “ordine e decoro pubblico”).
Finita l’occupazione, con anto di sgombero da parte della polizia, ecco il “saldo giudiziario”. Studenti maggiorenni e genitori di quelli minorenni sono stati convocati in commissariato per vedersi notificare “l’inchiesta”. La denuncia di parte è partita dal vice-preside, Pasquale Spinelli, che evidentemente interpreta il suo ruolo da un punto di vista non esattamente “formativo”.
Come sempre più spesso accade, agli studenti viene probabilmente messa in conto anche la mancata manutenzione dell’edificio pubblico, con la richiesta di “danni” all’impianto elettrico e altre strutture. E’ l’uovo di colombo: lascia andare tutto in malora, e poi cerchi qualcuno cui addebitare il conto. Facile, no?
Il nostro auspicio è ovviamente opposto. A volte l’eccesso di repressione fa sviluppare coscienze maggiormente consapevoli, non “paura e timore”…
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