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Roma. I magistrati scoperchiano il verminaio del Tpl, le linee Atac già privatizzate

Mentre i lavoratori del Consorzio Roma TPL sono costretti ogni mese a fare i conti con ritardati pagamenti degli stipendi anche di 20 giorni e mancati versamenti nei fondi pensione, un’inchiesta della procura di Perugia dimostra che nella società cui fa capo il 20% del trasporto pubblico della Capitale i soldi ci sono, ma vengono usati per alimentare il malaffare.

Il gip di Perugia Lidia Brutti ha iscritto infatti nel registro degli indagati il direttore generale di Roma TPL, Marco Cialone, e altre sette persone. La magistratura ha ordinato anche il sequestro di beni per 8 milioni (1,8 riconducibili direttamente a Cialone e altri tre) nonché calcolato un danno erariale di 45 milioni.

Le accuse alla cricca del trasporto pubblico sono di associazione a delinquere, corruzione aggravata e bancarotta fraudolenta, reati che si concretizzavano in auto di lusso per i dirigenti (a Cialone in particolare era stata data una Bentley), assunzioni di parenti e amici, somme per centinaia di migliaia di euro che attraverso finte sponsorizzazioni sportive a due squadre di basket di Ferentino finivano a Vittorio Ficchi, cugino di Cialone nonché consulente amministrativo di Roma TPL.

Questo il verminaio nel quale la magistratura e la Guardia di Finanza hanno messo le mani. Sullo sfondo restano i gravissimi comportamenti di una società privata continuamente denunciati dall’Unione Sindacale di Base e confermati dalla Prefettura di Roma: non solo stipendi in ritardo e denari sottratti ai fondi pensione, ma anche le assunzioni clientelari e il continuo ricorso allo strumento disciplinare contro i lavoratori che denunciano problemi di sicurezza. Più volte USB ha chiesto che il Comune di Roma intervenisse, ma finora nulla è accaduto.

Adesso l’inchiesta di Perugia fa cadere gli ultimi alibi: nel Consorzio Roma TPL l’illegalità è di casa, il Campidoglio riprenda in mano il servizio del trasporto pubblico affidato ai privati.

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