Una partecipazione superiore a quella prevista nel clima sospeso del dopo lockdown e più di venti interventi hanno reso l’assemblea cittadina convocata da Potere al Popolo un appuntamento significativo.
Evocando la “Città pubblica” come discrimine e come visione, Potere al Popolo ha chiamato al confronto personalità e realtà sociali e politiche attive per cominciare a chiarire i contenuti di una alternativa per una città che molti indicano in declino, devastata socialmente e urbanisticamente ed in cui l’emergenza Covid 19 sta lasciando segni pesanti nei settori popolari già impoveriti da tempo.
Già la scelta del luogo dove tenere l’assemblea – l’occupazione abitativa di via delle Province – indica una scelta di campo e di priorità rispetto alle location salottiere nelle quali continua a trastullarsi “la sinistra” romana.
Negli interventi si sono alternati le attiviste e gli attivisti di Potere al Popolo e le realtà invitate. E ne è venuto fuori un quadro concreto di esperienze sociali sul campo – anche durante le lunghe settimane di clausura – e di necessaria proiezione politica dei conflitti e dei momenti di resistenza e autorganizzazione sociale.
Periferie, questione abitativa, devastazioni ambientali, lavoro povero, il ripristino e la centralità della sanità pubblica, lo stop alle privatizzazioni, sia quelle padronali sia quelle soft , ma altrettanto devastanti e disgreganti del cosiddetto “terzo settore” o privato sociale nel quale si sta infognando anche tanta “compagneria”, l’ipoteca insopportabile del debito comunale e del patto di stabilità, hanno cominciato a non sembrare più la lista della spesa o elenco di doglianze, ma il corpo delle contraddizioni di un’area metropolitana che nei decenni è stata consegnata totalmente nelle mani degli interessi privati, annullando proprio quella “città pubblica” che dovrebbe invece rappresentare le priorità sociali, la visione della città, la dislocazione delle risorse e degli investimenti nel segno degli interessi collettivi.
E proprio il tema e la dichiarazione di principio sulla città pubblica è stato apprezzato dagli interlocutori intervenuti nell’assemblea – dall’urbanista Berdini a Stefano Fassina, dall’Usb agli economisti di Coniare Rivolta, dai lavoratori Aec al comitato per l’Acqua Pubblica, dai partiti aderenti al coordinamento delle sinistre d’opposizione e ad associazioni come “Nonna Roma”.
Inutile negare che molti degli interventi abbiano semplificato questo confronto già in termini di ricadute elettorali per le comunali del prossimo anno a Roma.
E questo è stato, rimane e sarà una delle differenze che restano con l’impianto e il percorso avviato da Potere al Popolo, che in diversi interventi ha sottolineato come oggi la “sinistra” sia invisa nelle periferie. Un nodo questo non eludibile.
La destra punta apertamente a strumentalizzare il disagio sociale nelle periferie – ma anche a diventare il nuovo referente dei poteri forti – per tornare al governo di Roma dove, è bene ricordarlo, ha fatto danni inenarrabili e spianato definitivamente la strada al malaffare, meritandosi la definizione di “destra de panza e de governo”.
Il M5S, che pure aveva capitalizzato politicamente il disagio delle periferie, è venuto meno clamorosamente alle aspettative suscitate ed oggi è in piena crisi liberando spazi contendibili sul piano della rappresentanza sociale e politica.
Il Pd e il mondo a lui collaterale – da Sinistra italiana all’associazionismo del terzo settore fino a settori di “compagneria” in piena caduta di difese immunitarie – punta a tornare ad essere il riferimento dei poteri forti e interessi privati che agiscono sulla Capitale, per ripristinare la sua funzione di “partito-sistema” rivelatosi decisivo nell’interdizione e lo smantellamento della città pubblica.
Sulla base delle esperienze accumulate in questi mesi sul piano sociale ma anche sul piano politico come la riuscita partecipazione alle elezioni suppletive al collegio di Roma 1 e la campagna per la sanità pubblica, con l’assemblea del 1 luglio Potere al Popolo ha fatto capire chiaramente che su Roma sarà in campo nel costruire un percorso indipendente ma aperto al confronto e convergenze nella costruzione di una alternativa popolare agli scenari esistenti, ma proprio a partire dalla rottura delle compatibilità. La “città pubblica”, appunto, è una affermazione di principio ma anche un programma di rottura con gli interessi e la narrazione dominante.
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