Ieri sera a Roma Potere al Popolo ha chiamato una assemblea pubblica per spiegare perché – coerentemente a quanto dichiarato prima e durante la campagna elettorale – non darà indicazioni di voto per nessuno dei due competitori per lo scranno di sindaco della Capitale. Tutti gli interventi hanno ribadito questo posizionamento.
Questa posizione era stata esplicitata da Potere al Popolo sin dalla prima assemblea su Roma Città Pubblica nel luglio del 2020, ed è stata ribadita in tutti gli incontri politici svoltisi prima e durante la campagna elettorale per le comunali. Su questa posizione relativa al ballottaggio, erano state chieste preventivamente garanzie e chiarimenti nei confronti con le altre forze politiche e sociali.
Anche nel ballottaggio per il Comune di Torino è stata espressa una posizione analoga dalle forze della coalizione che ha sostenuto la candidatura di Angelo D’Orsi al primo turno.
Inutile sottolineare come il “richiamo della foresta” sul voto utile o antifascista sia venuto crescendo proprio a ridosso del ballottaggio, utilizzando un copione ormai consumato.
Il sistematico ricorso alla catarsi per consegnare all’oblìo le responsabilità del PD sulla gestione politica e amministrativa di Roma, si avvale sistematicamente della trappola del voto utile o di un richiamo all’antifascismo che cresce nelle vigilie elettorali per scomparire subito dopo.
Nessuno sottovaluta il problema dei fascisti a Roma, anche alla luce di quanto avvenuto sabato scorso con l’assalto un po’ teleguidato alla Cgil e le pacche sulle spalle di Draghi a Landini.
Se è stato doveroso partecipare alla manifestazione antifascista e di solidarietà alla Cgil di domenica mattina, ben diversa è la manifestazione convocata per sabato 16 da Cgil Cisl Uil, una manifestazione che dietro l’antifascismo nasconde la ratifica del Patto Sociale con il governo Draghi e la Confindustria, una ratifica e un obiettivo al quale ha contribuito anche e proprio l’assalto dei fascisti alla sede della Cgil.
Potere al Popolo a Roma i fascisti li ha affrontati concretamente sul campo e ottenendo anche i risultati che servivano: a Tiburtino III, a Tor Bella Monaca (qui proprio contro Castellino) o a Casalbruciato. Lo spazio ai fascisti non si toglie nelle urne ma sul territorio e dentro le contraddizioni sociali.
Ma l’assemblea di ieri è stata anche l’occasione per ribadire un paio di questioni rilevanti alla vigilia del ballottaggio.
Una è l’esperienza storica negativa in occasione del ballottaggio tra Rutelli e Fini nel 1993. In quell’occasione una mobilitazione antifascista straordinaria impedì che un fascista diventasse sindaco di Roma (anche se il clima politico in città rimase comunque pesante, soprattutto nei quartieri) e si scelse la strada del meno peggio (Rutelli).
Ma se a dicembre 1993 Rutelli vinceva il ballottaggio, appena un mese dopo legittimava il violentissimo sgombero dell’occupazione abitativa di via del Tintoretto, dove le famiglie occupanti avevano votato Rutelli all’insegna dell’antifascismo. In molti all’epoca promisero che mai più sarebbero caduti in questo gioco a perdere.
Non solo. La Giunta Rutelli avviò la privatizzazione dei servizi pubblici locali (Acea e Centrale del Latte, fine dell’esperienza delle mense autogestite nelle scuole) e molti di coloro che lo avevano votato per “antifascismo” organizzarono un referendum contro le privatizzazioni volute dal tandem Rutelli-Lanzillotta.
La storia si ripete nel 2008 quando l’arroganza del Pd impose di nuovo la candidatura di Rutelli dopo le dimissioni di Veltroni da sindaco (per diventare leader dell’Ulivo diventato Pd, ndr).
Al ballottaggio andarono Rutelli e il fascista Alemanno. Ma in quel caso fu più Rutelli a perdere i voti che aveva al primo turno che Alemanno a vincere in modo del tutto insperato. Il richiamo antifascista si spense così rapidamente ed in modo talmente strumentale che proprio con il “fascista Alemanno” il Pd diede vita al “Patto della Carbonara” per trovare un accordo su spartizione di appalti, lavori etc. etc.
Ed eccoci dunque al ballottaggio del 17 gennaio tra Gualtieri e Michetti che sembra una riedizione di quelle sfide.
Curiosamente i partiti che sostengono i due competitori governano insieme nell’esecutivo di Draghi. Concordano sul Pnrr (e i fondi previsti per Roma) che però ha dentro la pancia la micidiale “Legge sulla concorrenza” che impone la privatizzazione dei servizi pubblici locali e introduce penali per i Comuni che intendono mantenere i servizi “in house”. Ma su questo nessuno dei due competitori ha sentito il dovere di prendere posizione, così come sull’emergenza abitativa dove entrambi balbettano solo di housing sociale.
Insomma, i fascisti sono fascisti e vanno combattuti concretamente e non a chiacchiere, ma gli uomini dell’establishment e dei poteri forti non sono diversi nella sostanza degli interessi strategici che intendono perseguire. Il progetto di Roma Città Pubblica avanzato da Potere al Popolo è contrapposto e alternativo ad entrambi.
Domenica 17 ottobre Gualtieri e Michetti se la cavino da soli.
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Mario
giusta la presa di posizione di Potere al Popolo Popolo riguardo il ballottaggio