L’area dello SDO è collocata in un quadrante strategico di Roma: vicino al centro più delle altre periferie, adiacente alla Stazione Tiburtina. È per questo investita in pieno dalle trasformazioni che vedono protagonisti gli attori economici sui cui interessi si sta plasmando la città.
Si parla di fondi internazionali e gruppi multinazionali, come il Friedkin Group che porta avanti il progetto dello Stadio della Roma, ma anche ACEA, Leonardo, ENI e Unicredit, che collaborano alla realizzazione del Rome Technopole.
Su questo, l’accordo è stato appena siglato a La Sapienza tra Gualtieri e la Regione, contestualmente ad un rendering in cui figura anche lo Stadio dando per scontata la sua realizzazione, a rimarcare l’organicità con il progetto di città portato avanti dalla giunta.
Un progetto di città in cui però emergono ipocrisia e greenwashing: Gualtieri si vanta di un Tecnopolo energeticamente autosufficiente e ad emissioni zero, esattamente come ha sbandierato i pannelli solari a corredo dello stadio o il “verde pertinente” a queste strutture.
Eppure gli stessi studi realizzati in vista della costruzione del Technopole evidenziano l’impatto devastante del cemento, che renderebbe l’intera area una gigantesca isola di calore in un quadrante già compromesso.
D’altra parte, se l’affollamento della zona sembra eccessivo, c’è già chi è pronto a rimediare: Rocca annuncia il dietrofront sulla realizzazione del nuovo Policlinico Umberto I.
È questo il rovescio della medaglia: le opere destinate alla popolazione (case, ospedali, parchi) non devono ostacolare i progetti dei grandi capitali, che invece possono permettersi di assediare gli ospedali, assaltare il verde pubblico e snaturare i quartieri.
Questo cambio di piani sul Policlinico rientra nell’ottica della “cabina di regia” creata con il favore del Giubileo e dei poteri speciali, che si propone di far lavorare di concerto Comune, Regione e Governo per soddisfare gli interessi degli attori economici protagonisti della trasformazione della città, mentre gli abitanti diventano sempre più spettatori impotenti ed inascoltati.
Noi non ci stiamo, ed è proprio dai quartieri che rifiutiamo il modello Giubileo e la colata di cemento che porta con sé.
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