La rielaborazione seguita dall’Ufficio Economico della CGIL sulla base dei dati ISTAT riguardante la situazione del mondo del lavoro in Liguria conferma un’analisi sostenuta da tempo da chi scrive e pare il caso di rivendicarla con forza: l’occupazione nella nostra Regione è in calo, si salva il settore manifatturiero (nonostante l’assenza d’investimenti e la crisi di veri e propri punti strategici del settore nell’area centrale: ILVA, Piaggio, Bombardier, chiusura di Tirreno Power, Mondomarine) e il tanto decantato turismo, sede di supersfruttamento e precarietà (come vedremo meglio) funziona da freno.
Prima di tutto il dato generale: nell’ultimo anno la Liguria ha perso 7.000 occupati.
Nel corso degli ultimi 5 anni gli occupati persi assommano a 20.000.
Mentre l’occupazione a livello nazionale sale dell’1,1% e nel Nord – Ovest (l’antico “triangolo”) dell’1% in Liguria, nel periodo gennaio – settembre 2017, il segno è – 1%.
La disoccupazione è al 9% (11,7% maschile, 6,8% femminile).
Sessantamila persone in Liguria cercano un’occupazione: l’8,4% in più se rapportiamo il trimestre Luglio – Settembre 2016 al trimestre Luglio – Settembre 2017.
Nel settore turistico, proprio nel periodo estivo, si registra un calo del 4% , con l’aggiunta che il quadro contrattuale del settore appare il più “provvisorio” del mercato del lavoro in Liguria. Tempo determinato e “lavoro nero” la fanno sempre più da padroni nel turismo ligure.
Si salva – come già accennato – il settore manifatturiero con una crescita del 2,3% corrispondente a 3.000 occupati in più.
Il terziario, inoltre, perde oltre 2.000 occupati.
Da notare ancora come su 100 assunzioni, 83 sono fatte con contratti a termine, con termini brevissimi, ovvero di qualche giorno, fino al massimo di uno – tre mesi, in media. Tutti gli 83 contratti a termine sono stipulati nei settori turistico e terziario mentre i 17 a tempo indeterminato nell’industria.
L’ufficio economico della CGIL fa notare ancora: la disoccupazione in Liguria è lo stato “normale” dei lavoratori che, temporaneamente e ripetutamente, diventano occupati. Si potrebbe parlare, cioè, di una sorta di “disoccupati circolari” perché quella è la condizione da cui lavoratrici e lavoratori partono e quella a cui ritornano nel corso della loro vita professionale”.
Ancora un dato riguardante l’agricoltura, il settore del celebrato “ritorno alla terra”: nel terzo trimestre 2017 l’indice ISTAT registra un meno 18% rispetto all’analogo periodo del 2016 (nonostante la disponibilità di forti quote di fondi europei destinati al settore).
Registriamo così, per l’ennesima volta, la fallacia del modello di economia del “mordi e fuggi” che si è voluto imporre alla nostra Regione e del quale Savona è stata capofila con lo scambio tra deindustrializzazione e speculazione edilizia che ha ridotto la nostra Città alla miseria delle crociere e alla cementificazione delle aree portuali “storiche”.
Modello pseudo – economico sul quale storditamente anche l’attuale amministrazione comunale di Savona insiste mentre i suoi componenti appaiono più preoccupati del loro personale “apparire” in luogo dell’”essere” della realtà economica e sociale.
I problemi però sono molto più drammatici e vengono da lontano: manca completamente (ed è mancata: centrodestra e centrosinistra indifferentemente: giunta Biasotti 2000 – 2005; giunta Burlando 2005 – 2015; giunta Toti 2015 a oggi, per ricordare che hanno governato tutti da Rifondazione Comunista a Fratelli d’Italia) una regia dello sviluppo da parte della Regione: un’assenza di regia che ha portato il terziario a rappresentare il 75% degli occupati. E’ evidente come la crisi del settore si stia rivelando assolutamente disastrosa.
Tutti dati sui quali non ci sarebbe soltanto da meditare ma da agire politicamente e progettualmente.
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