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Confindustria batte cassa, ma non vuol pagare

L’idea secondo cui la “spesa pubblica” è soltanto un costo appartiene alla preistoria economica e teorica del capitalismo, superata se non altro dal keynesismo. Ma al vertice del centro studi di Confindustria sono ormai insediati che neoliberisti poco abituati a riflettere. Solo nel 2008-2009 abbassero per un attimo le penne, trasformandosi tutti – senza alcuna distinzione, compresi i loro colleghi Giavazzi, Alesina, ecc – in “socialisti per i ricchi” (definizione di Joseph Stiglitz), che intimavano agli stati di spendere… per salvare le banche.

Ma Confindustria è solita lamentarsi (giustamente, peraltro) anche delle banche e della finanza, perché sottraggono troppa quota dei profitto proprio alle imprese manifatturiere o dei servizi. Il corto circuito è quindi evidente e gli interessi anche: vorrebbero, come si dice a Roma, “la botte piena e la moglie ubriaca”. Ovvero profitti alti e tasse basse, salari bassi e consumi alti. Quando si smette di ragionare e si parla per “luoghi comuni” la cui verifica empirica dà regolarmente risultati opposti, la capacità intellettuale e razionale di affrontare i problemi svanisce.

Qualcuno reintroduca un po’ di buon senso in quelle teste. I danni che stanno provocando – al paese, a chi lavora, ma persino alle “imprese” che pensano così di “sostenere” – sono infiniti.

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da IlSole24Ore

Chi evade, e chiunque aiuti a evadere, mina le fondamenta del patto di stabilità e agisce contro la crescita, ma va ascoltato e capito. A chiederlo il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli, nella relazione all’assemblea annuale. Occorre «ascoltare e capire le ragioni – dice – di chi davvero non ce la fa più a pagare troppe tasse. È gente che non conosce l’indirizzo dei paradisi fiscali, ma che sente sulla propria pelle il morso della crisi. Non meritano di essere tutti bollati come “evasori” e di essere condannati alla chiusura delle loro imprese». Per Sangalli, si deve procedere con determinazione sulla strada del contrasto e del recupero dell’evasione: «un imponibile evaso per almeno 255 miliardi è una tremenda ipoteca per la crescita del Paese».

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Da IlSole24Ore

Confindustria: senza riforme strutturali la crescita nel 2012 si fermerà allo 0,6%

di Nicoletta Picchio

 

Senza riforme strutturali la crescita per il 2012 si fermerà secondo il Centro studi di Confindustria allo 0,6 per cento. Una revisione al ribasso del Pil rispetto alle precedenti previsioni: per il 2011 la stima è dello 0,9 per cento, rispetto all’ 1,1 per cento di dicembre. Anche per il 2012 scende la previsione della crescita: 1,1 rispetto all’ 1,3 precedente.

Paolazzi: anche un aumento così limitato del Pil va conquistato
Si conferma così il ritardo italiano e in base alle stime di questo passo il recupero completo della caduta legata alla crisi avverrà solo nella seconda metà del 2015 . È l’analisi del Centro studi di Confindustria di cui è direttore Luca Paolazzi. Che avvisa : «Le previsioni sono condizionate all’immediato varo di un sostanzioso programma di riforme. Anche un aumento così limitato del Pil va conquistato, perché non è compatibile con il raggiungimento degli obiettivi sul disavanzo pubblico».

La prognosi sul mercato del lavoro non può essere sciolta
La prognosi sul mercato del lavoro non può essere sciolta, sostiene il Centro studi di Confindustria. E questa non è una peculiarità italiana: l’occupazione può aumentare solo con una crescita forte. Fra l’avvio della recessione e l’ inizio 2011 la perdita di posti ha riguardato 582mila persone, mentre la diminuizione della domanda di lavoro ne avrebbe coinvolte 1,1 milioni. Alla fine del prossimo anno tale domanda sarà ancora inferiore di 840mila unità rispetto all’avvio della caduta e i posti mancanti saranno pari a 453 mila. Il tasso di disoccupazione resterà sopra l’8 per cento. E la produttività dovrà recuperare ancora un 2,7 per cento rispetto al picco pre crisi.

 

 

Confindustria rivede al ribasso la stima per la crescita 2011: senza riforme altra frenata nel 2012

Il Centro studi di Confindustria rivede al ribasso la stima di crescita per il 2011 allo 0,9% (dall’1,1% indicato a dicembre) e avverte che, senza riforme strutturali, nel 2012 il Pil accuserebbe un’ulteriore frenata, portandosi a +0,6% rispetto alla stima tabellare dell’1,1%. Per coniugare un incremento del Pil solo di poco superiore all’1% – dice il direttore del CsC Luca Paolazzi – e il totale rispetto degli impegni assunti in sede europea sui conti pubblici, sono indispensabili subito riforme capaci di rafforzare la fiducia di famiglie e imprese e innalzare le rispettive propensioni a consumare e investire”.

I campi da dissodare
Quelli che Confindustria chiama i “campi da dissodare” sono: semplificazione e sburocratizzazione, accelerazione delle realizzazione di opere pubbliche, liberalizzazioni e apertura del mercato in molti servizi, formazione, efficienza della pubblica amministrazione, contrasto all’evasione, riforma fiscale che allevi il carico sui redditi da lavoro e impresa e lo sposti su altri guadagni e consumi. L’alternativa non é difficile da immaginare: diverebbero necessarie manovre aggiuntive che il Governo stesso – ha ricordato Paolazzi – cifra cumulativamente nell’1% del Pil al 2014, cioé altri 18 miliardi oltre ai 39 scritti nei documenti ufficiali. Il CsC – ha concluso Paolazzi- confida che verrà effettuato tutto quanto serve e perciò stima per l’anno venturo contemporaneamente un aumento del Pil dell’1,1% e un deficit pubblico ricondotto al 2,8%, a sancire il sostanziale raggiungimento dei target di finanza pubblica”. L’indebitamento quest’anno é atteso al 3,9% del Pil, mentre il debito salirebbe al 120,1% per attenuarsi al 119,8% l’anno venturo.

Le previsioni del CSC
Nella tabella che segue sono esposte le previsioni formulate dal Centro studi di Confindustria sull’economia italiana (variazioni percentuali)
2009 2010 2011 2012
Prodotto interno lordo -5,2 1,3 0,9 1,1
Consumi delle famiglie residenti -1,8 1,0 0,8 1,0
Investimenti fissi lordi -11,9 2,5 1,6 2,5
Esportazioni di beni e servizi -18,4 9,1 5,7 5,0
Importazioni di beni e servizi -13,7 10,5 6,0 4,7
Saldo commerciale (1) 0,1 -1,3 -1,8 -1,6
Occupazione totale (ULA) -2,9 -0,7 -0,2 0,6
Tasso di disoccupazione (2) 7,8 8,4 8,4 8,3
Prezzi al consumo 0,8 1,5 2,6 2,0
Retribuzioni totale economia (3) 1,8 2,1 1,7 1,8
Saldo primario della PA (4) -0,7 -0,1 0,8 2,2
Indebitamento della PA (4) 5,4 4,6 3,9 2,8
Debito della PA (4) 116,1 119,0 120,1 119,8
(1) Fob-fob, valori in percentuale del Pil (2) Valori percentuali (3) Per addetto (4) Valori in percentuale del Pil

Le attese per l’inflazione
L’inflazione è attesa al 2,6% quest’anno, dice il Centro Studi di Confindustria, rivedendo al rialzo la stima rispetto a dicembre (1,8%) per via dei rincari energetici e dei beni alimentari. I prezzi al consumo, che erano all’1,5% nel 2010, dovrebbero portarsi al 2% l’anno venturo. Contemporaneamente i consumi “continueranno a incedere lentamente: +0,8% nel 2011 e +1% nel 2012. Anche perché le famiglie hanno scarsi mezzi a cui attingere, giacché in questi anni – rileva il direttore del CsC Luca Paolazzi – hanno smentito la loro proverbiale parsimonia, pur di difendere gli standard di vita. Il tasso di risparmio netto é sceso al 6,1% nel 2010; era superiore al 20% all’inizio degli anni ’90”.

Osservando la Bce
“Se la Bce porterà al 2,25% i tassi entro fine 2012, gli oneri per interessi pagati dalle famiglie sui mutui risulteranno aumentati di 4,2 miliardi, 1.945 euro a nucleo”. Lo indica il Centro Studi di Confindustria nei nuovi “Scenari economici” presentati oggi a Roma. “Quelli sostenuti dalle imprese – aggiunge il CsC – saranno di 16,7 miliardi più elevati, una volta completato il rinnovo di tutti i prestiti, di cui 6,3 entro l’anno venturo”.

L’occupazione
Sono 582mila le persone che con la crisi, dal primo trimestre 2008 al primo trimestre 2011, hanno perso il posto di lavoro. Lo dice il Centro studi di Confindustria, secondo il quale il tasso di disoccupazione quest’anno si attesterà all’8,4% e nel 2012 sarà all’8,3%. “La prognosi sulla salute del mercato del lavoro non può essere sciolta – dice il CsC – e questa non è una peculiarità italiana”. La Cig, rileva il CsC, “insieme agli strumenti di flessibilità dell’orario lavorativo, ha molto attenutato la perdita di posti di lavoro”: la diminuzione della domanda di lavoro avrebbe coinvolto 1,1 milioni di persone. Alla fine dell’anno prossimo, spiegano gli economisti di viale dell’Astronomia, la domanda di lavoro “sarà ancora inferiore di 840mila unità rispetto all’avvio della caduta e i posti mancanti risulteranno pari a 453mila. Parte della differenza sarà costituita da 190mila unità assorbite dalla Cig, da cui é più difficile tornare all’impiego se si è over-50 o residenti al Sud. Non può essere diversamente con una produttività che dovrà recuperare ancora il 2,7% rispetto al picco pre-crisi e un clup che é del 6,3% più alto”. L’occupazione, per il CsC, “potrà aumentare solo con crescita forte, altra valida ragione per varare presto le riforme già chiamate in causa dal binomio inscindibile risanamento-crescita”. (Radiocor)


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