Quando Amazon ha aperto i cancelli del sito di Casirate d’Adda, l’accoglienza era quella che si riserva alle inattese fortune. Abbiamo già sottolineato con quanta enfasi ci veniva raccontato delle grandi opportunità che questo polo avrebbe portato con sé nel nostro territorio. I mesi successivi all’inaugurazione hanno portato poi anche parecchie lamentele da parte degli abitanti del paese, turbati nella loro quiete da una gran quantità di traffico e dagli annessi problemi di viabilità.
La voce dei lavoratori in tutto questo era difficile da sentire. Avvicinarsi troppo ai cancelli dello stabilimento non è consentito e si segnala l’evidente assenza di organizzazione sindacale all’interno. Ad insistere però si viene a sapere di ritmi sfiancanti di lavoro e grande attenzione al controllo dei lavoratori, di grande disparità tra i vari contratti applicati e di una persistente precarietà. Per l’azienda sono tutte queste basi solidissime per mantenere le redini del ricatto: accettare di buon grado queste condizioni o rimanere disoccupati.
L’avanzata del Coronavirus non ha fatto che accentuare le storture di questo sistema. Ma non tutto è rimasto nel silenzio. Lo Sportello Lavoro ha ricevuto alcune segnalazioni a proposito di Amazon a Casirate, che si aggiungono alle segnalazioni ricevute da alcuni sindacati. Senza entrare qui nel dettaglio, anche recentemente i lavoratori constatavano insoddisfacenti misure di tutela, quali:
La tardiva fornitura di mascherine, tant’è che qualcuno ha dovuto provvedere da sé a procurarsene una.
Un’organizzazione del lavoro (in quanto a tempi e modalità) e degli spazi ritenuta non sicura. Numerosi lavoratori svolgono la loro attività in un unico ambiente, con particolare criticità nelle baie di scarico merci, gli spazi dei bagni comuni risultano inadeguati per l’afflusso dell’utenza, e molto altro ancora.
Al momento parecchie persone risultano essere in malattia e si ha notizia che alcuni lavoratori siano positivi al COVID-19. Questo fatto, sul quale l’azienda sembra voler tacere, sta ovviamente generando preoccupazione nei lavoratori stessi per la propria salute e per quella dei loro familiari.
Si aggiunge poi che non è cessata la spinta a ritmi di lavoro elevati per raggiungere i target di produttività, così non possono essere rispettati nemmeno i timidi accenni dell’azienda in termini di tracciati e percorsi meno pericolosi.
Nei magazzini affollati insieme alle merci corre veloce anche il virus e sale sempre più il profitto dei big dell’ecommerce, che beneficiano della chiusura delle attività commerciali tradizionali per vendere beni di non prima necessità.
Nonostante i ritmi e i tempi di lavoro, il controllo sui lavoratori e, oggi, l’emergenza COVID-19 rendano molto difficile qualsiasi forma di assemblea e coordinamento fra gli stessi, non regna solo il silenzio: nella logistica tutta si son visti scioperi e agitazioni. Non stiamo parlando solo di Amazon e non parliamo solo dell’Italia.
Siamo perciò certi che, se l’azienda si è mossa – anche a Casirate – su minime concessioni in termini di sicurezza, l’ha fatto anche grazie al contributo di queste iniziative di lotta.
La strada è indicata, solo l’organizzazione tra lavoratori, in tutti i posti di lavoro, può garantirci la sicurezza, permetterci la riconquista dei diritti erosi e gettare le basi per la costruzione di un modello di territorio abitabile.
I risultati sono sempre sotto i nostri occhi. E allora non è il momento di arretrare. Non è il momento di rimandare al dopo.
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