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Contro i venti di guerra successo della mobilitazione contro la base USA di camp Darby

Nonostante la velocità con la quale gli eventi bellici ci hanno costretto a indire il presidio di fronte alla base USA di camp Darby di domenica 12 gennaio, la partecipazione è stata più che soddisfacente.

Oltre cento militanti e pacifisti hanno animato un momento di mobilitazione importante, in una fase nella quale il movimento pacifista stenta a rialzare la testa, anche grazie ai voltagabbana di tanti ex “pacifinti” che in questi anni hanno ingrossato le fila dei governi di centro “sinistra” e dell’Unione Europea.

Il numero delle realtà presenti, oltre a Potere al Popolo che ha promosso l’iniziativa, sono state molte, da Pisa, Livorno, dalla Toscana e anche da Genova, presente con una delegazione di Potere al Popolo! e di lavoratori del collettivo autonomo dei lavoratori portuali (Calp)che nel maggio scorso bloccarono la Bahri Yanbu, la nave saudita delle armi.

Un segnale importante per il rilancio del movimento contro la guerra su basi completamente nuove rispetto al passato, fuori e contro compatibilità governiste che ne minerebbero alla radice la ripresa.

In questi giorni abbiamo letto appelli di CGIL, ARCI e altre organizzazioni organicamente legate al PD, che non a caso evitano accuratamente di denunciare il ruolo di guerra del governo Conte, che in questi giorni ha dimostrato per l’ennesima volta la trasversalità subalterna dei governi in carica ai voleri sia dell’imperialismo statunitense, sia ai diktat dell’Unione Europea che si sta armando a fini imperialistici e di competizione economica e militare.

La storia recente delle mobilitazioni No War ci insegnano che senza una demarcazione netta tra chi si batte coerentemente contro le aggressioni imperialiste e i governi che la coadiuvano e chi, invece, si erge a rappresentare il pacifismo a fini elettorali o di copertura a sinistra su questo tema centrale, la sorte delle mobilitazioni saranno le solite: rabbia, disillusione, riflusso.

Altro elemento essenziale emerso dai tanti interventi succedutisi durante il presidio è stato quello del collegamento tra la lotta contro la guerra e il più generale conflitto sociale e politico. Senza una connessione con i bisogni reali dei lavoratori, dei precari, dei pensionati e di tutti i settori sociali colpiti dalla crisi, il rischio è quello di riportare la lotta contro la guerra in un recinto testimoniale totalmente inadeguato alle sfide mortali che ci impone l’incedere della crisi economica, generatrice delle tensioni militari in corso.

Il sistema di guerra risucchia come un’idrovora immense risorse economiche che potrebbero essere usate per il rilancio dello Stato Sociale. Questo sarà il terreno sul quale potremo, nelle fabbriche e in tutti i posti di lavoro, nei quartieri popolari, nelle scuole e nelle università, ridare ragioni al nostro blocco sociale di riferimento per riempire le piazze contro i pericoli di guerra.

La strada è tracciata, e le mobilitazioni di questi giorni, da camp Darby a Sigonella, dalla Sardegna a Ghedi, testimoniano di un tessuto militante e una disponibilità da valorizzare al massimo.

Potere al Popolo! su queste basi contribuirà attivamente alla ripresa del movimento contro la guerra.

 

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