Il Comitato No Tunnel TAV risponde al comunicato dell’Ordine degli Ingegneri ricordando come i ritardi nei lavori del Passante AV non sono figli di burocrazia, ma di profondi e gravi errori nella progettazione.
Il più importante è stato quello di stabilire lo smaltimento di terre delle gallerie, che sono da considerare rifiuti, come terre pulite; per poter smaltire quello smarino a Santa Barbara si sono dovute modificare per due volte le normative sulle “terre e rocce di scavo”.
Nonostante questo snellimento burocratico quello che uscirebbe dalla fresa non sarebbe un sottoprodotto, ma un rifiuto speciale finché gli additivi non si sono degradati; fino a quel momento il trasporto di quelle terre sarebbe consentito con un regime diverso da quello normale. Restano tutti i problemi legali e penali del trasporto di rifiuti fuori dalle norme. Ricominciare i lavori in queste condizioni non è una iniziativa intelligente.
Il Comitato ricorda all’Ordine degli Ingegneri che se si fosse ricorsi al potenziamento del nodo ferroviario, realizzando i binari in superficie, i lavori sarebbero già conclusi da 15 anni e avrebbero dato la possibilità di gestire una rete di treni metropolitani con costi contenuti prevenendo anche la realizzazione di costose, impattanti ed inefficaci tranvie che si stanno proponendo nella Piana.
La cattiva progettazione di queste infrastrutture è la causa principale dei ritardi che si accumulano in tutti i grandi cantieri italiani; le inchieste della magistratura e quelle dell’Autorità Nazionale Anticorruzione hanno dimostrato come i ritardi sono stati, molto spesso, funzionali all’aumento dei costi per gli enti committenti, ma di grossi guadagni per i costruttori.
Questi ultimi non hanno mai esitato a spremere le ditte in subappalto e le loro stesse imprese come hanno dimostrato le storie dei general contractor che hanno gestito il cantiere TAV fiorentino: Coopsette e Condotte SpA.
Coopsette in particolare, le cui vicissitudini il comitato ha seguito meglio, ha lavorato in maniera disinvolta e spesso illegale come dimostra lo strascico di inchieste lasciate in tutta Italia, ha distrutto molti posti di lavoro, ha bruciato i risparmi di un intero territorio dell’Emilia; ma, come sempre, si sono prodotte ricchezze private.
Nella realizzazione della linea AV Firenze Bologna lo strapotere del general contractor ha provocato, oltre ai noti danni ambientali irreversibili, il fallimento di tante piccole imprese del territorio che avevano investito sperando in appalti che erano sempre concessi a condizioni gravose e con pagamenti sempre in ritardo. Dinamiche simili le abbiamo viste con i lavori collegati al Passante per la messa in sicurezza del Mugnone.
Del Passante TAV fiorentino si dimenticano volentieri tutti i problemi esistenti, ad esempio la mancanza di VIA per la stazione Foster per la quale si è utilizzata (con procedura irregolare) la valutazione relativa al altro progetto! Si dimentica anche come due valenti ingegneri, che immaginiamo iscritti all’albo dell’Ordine fiorentino, la professoressa Teresa Crespellani e il professor Giovanni Vannucchi, hanno duramente criticato il progetto evidenziandone errori, sottovalutazioni e rischi fin dal 2007; sono stati accuratamente ignorati.
Riprendere i lavori al cantiere è un grave errore, volerlo fare facendosi scudo del posti di lavoro rischia di illudere soprattutto i lavoratori stessi, poiché ci sarebbe un altissima possibilità di nuovo stop ai lavori; optare per cantieri in superficie di dimensioni e costi inferiori garantirebbe molti più posti di lavoro e rischi minimi. Ma la febbre del cemento è peggio del coronavirus: acceca.
Anche l’Ordine degli Ingegneri di Firenze dovrebbe sapere che comitati come questo non sono “quelli del NO a tutto”, ma quelli che indicano errori ed alternative; non volerli vedere e guardare solo al proprio fatturato non porterà fortuna né a Firenze, né alle imprese e nemmeno al buon nome della categoria degli ingegneri.
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