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Friuli: la sanità privata mette in cig, chiede soldi e toglie medici dalla lotta al virus

Come in Umbria, anche in Friuli la sanità privata si sfila dalla lotta al coronavirus. Anzi, al colmo della carognaggine, chiedono soldi pubblici per pagare i propri dipendenti messi in cassa integrazione perché chiudono le cliniche, più o meno lussuose, non riuscendo più a fare abbastanza soldi.

E ammettono senza neanche vergognarsi di non svolgere alcuna funzione sociale utile!

Prendiamo ad esempio il Policlinico Città di Udine, che in una nota ha spiegato la decisione: “In seguito alle disposizioni regionali che hanno sospeso tutte le prestazioni ambulatoriali non urgenti per il contenimento del contagio da Covid-19, si è registrato un calo sostanziale delle attività in base al quale si è resa necessaria l’attivazione del fondo di integrazione salariale per 210 dei 270 dipendenti”.

Un rapido calcolo tra la proporzione dei dipendenti messi in cig e le “prestazioni non urgenti” garantite normalmente da questa e altre cliniche similari, emerge con chiarezza che il business sanitario privato si regge su “prestazioni” che nulla o quasi hanno a che fare con la salute della popolazione. In questo, sono paragonabili alle merci vendute come “parafarmacia” (estetica, cosmetici, ecc). Roba utile per un pubblico pagante e benestante, ma secondarie (“non essenziali”) e soprattutto che non riguarderanno la gran massa di gente che ha seri problemi di salute.

L’aspetto più irritante è che questo carattere “accessorio” della sanità privata – per favorire la quale si sono ridotte enormemente i fondi per quella pubblica, garantendo l’enorme business della “diagnostica in convenzione” – viene candidamente ammesso.

L’amministratore delegato della clinica udinese, Claudio Riccobon, racconta infatti che “Come ci è stato richiesto dall’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, nell’ambito di una concreta collaborazione con le strutture pubbliche, abbiamo messo a disposizione 50 posti letto di medicina non-Covid per far fronte al momento di emergenza. Fortunatamente tali posti letto non si sono resi necessari e quindi abbiamo ritenuto di limitare l’attività della struttura di viale Venezia ricorrendo temporaneamente a questo strumento di sostegno del reddito nei confronti dei nostri dipendenti”.

Tradotto: abbiamo riservato dei posti per malati normali, ma non è stato (fortunatamente) necessario che arrivassero dagli ospedali pubblici, però ora mandiamo in cassa i nostri dipendenti per tagliare i costi. Così facendo, oltretutto, si mettono a casa medici, infermieri ecc, utilizzabili in un momento di forte bisogno e con grandi perdite umane proprio tra il personale sanitario.

Un professionista che sta in cassa integrazione, infatti, potrebbe andare in corsi solo come volontario non retribuito. Il che sarebbe davvero eccessivo da chiedere…

Se ne è accorto anche il dirigente della sanità pubblica (Asu) del Friuli Centrale Massimo Braganti, guarda caso impegnato in queste settimane nella frenetica ricerca personale medico e infermieristico, divenuto talmente scarso in Italia da richiedere soccorso persino agli storici “nemici” (Cuba, Russia, Cina, e anche all’Albania).

Da metà marzo – racconta il dirigente pubblico – abbiamo incontrato il Direttore Sanitario della Casa di Cura. In quella sede, oltre a chiedere la disponibilità ad accogliere nostri pazienti dalle medicine per potenziare le aree dedicate al Covid-19, in conseguenza della riduzione di attività imposta dalla normativa vigente, abbiamo chiesto la messa a disposizione di tecnologia per rianimazione (ventilatori), ma anche di avere l’elenco di anestesisti, medici, infermieri e Oos che potessero metterci a disposizione secondo i vari istituti contrattuali (distacco dei loro dipendenti o prestazioni libero professionali)“.

Di tali elenchi non abbiamo a oggi avuto notizia, mentre apprendiamo della procedura di attivazione della Cassa Integrazione, in un momento in cui stiamo disperatamente cercando professionisti per garantire l’apertura dei posti Covid-19 a Udine e a Palmanova, che richiedono un maggior carico assistenziale. Appare assurdo ricercare medici e infermieri in giro per l’Italia, avendone la disponibilità nel nostro territorio“.

Appare assurdo a tutti, meno che a chi specula sulla salute di tutti per accumulare ricchezze in proprio…

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