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I rapporti Kiev-Varsavia a suon di genocidi storici

Sembra una partita a poker: tu punti 6, io vedo e rilancio di 30. Solo che sul tavolo non c’è moneta contante, bensì cadaveri; decine di migliaia di cadaveri, morti assassinati per mano dei nazisti e dei loro “Komplizen” nei vari paesi occupati nell’Europa orientale. La disputa tra Kiev e Varsavia sulla questione dei massacri di popolazione polacca della Volinija a opera delle SS ucraine nel 1943-’44, riconosciuti come genocidio dal Sejm lo scorso 22 luglio, va avanti a suon di puntate al rialzo.

Nel 2013, in coincidenza col 70° anniversario della tragedia della Volinija (l’11 luglio 1943, al culmine dei massacri contro soldati sovietici, civili ebrei di Russia, Bielorussia, Ucraina, rom e altre minoranze, le SS ucraine di OUN-UPA attaccarono contemporaneamente oltre 150 villaggi polacchi delle regioni di Volinija e Galizia, facendo decine di migliaia di vittime, in gran parte donne e bambini) il Sejm polacco aveva adottato una risoluzione che definiva quegli atti come “pulizia etnica con elementi di genocidio”. Nel 2015, la Rada traboccante di nazionalisti e neonazisti, aveva proclamato le azioni di OUN-UPA “lotta per l’indipendenza ucraina”.

Poi, si era arrivati alla risoluzione polacca del luglio scorso sul genocidio. Due giorni fa il Segretario di stato polacco, Anna Maria Anders, aveva detto che è “un bene che alla fine abbiamo detto che quello fu un genocidio”. Ieri, alla Rada ucraina, Oleg Musij, deputato “indipendente”, ha proposto di adottare una risoluzione di risposta “sulla commemorazione delle vittime del genocidio commesso dallo Stato polacco nei confronti degli ucraini negli anni 1919-1951″. E, se nella risoluzione della Camera bassa polacca si parlava del genocidio perpetrato dall’OUN-UPA ai danni dei polacchi della Volinija e della Galizia sudorientale tra il 1939 e il 1945, pur considerando il periodo del 1943-’45 quello più nero per le carneficine commesse dai filonazisti ucraini, nel disegno di legge della Rada non si va tanto per il sottile e si considera un intero periodo, dal 1919 al 1951, evidenziando che “polonizzazione,  colonizzazione, pacificazione e distruzione fisica, con brutali uccisioni in massa di ucraini di Galizia orientale, Volinija, Zakerzonie, costituiscono l’essenza della reale politica sciovinista e antiucraina della Polonia di quegli anni. Per alcuni decenni gli ucraini di Polonia hanno sofferto e sono morti solo perché ucraini. Centinaia di migliaia di deportati e decine di migliaia di civili ucraini torturati, sono il risultato della politica di Grande Polonia”. La risoluzione propone di istituire il 24 marzo quale Giorno della memoria per le vittime del genocidio: il 24 marzo 1923, a L’vov, fu adottato il giuramento secondo cui “il popolo ucraino non riconoscerà mai il dominio della Polonia”.

Stai a vedere che la responsabilità di tutto, alla fine, verrà addebitata all’Unione Sovietica: così si metteranno d’accordo nazionalisti e neofascisti di ambedue i lati del confine.

In ogni caso, al Ministero degli esteri di Varsavia si sono detti “meravigliati” del nuovo passo ucraino e, pur sottolinenando che si tratta di “un incidente isolato, l’iniziativa di un singolo deputato”, hanno ribadito che “il cammino verso la comprensione e la buona atmosfera nei nostri rapporti deve procedere aperto, nel dialogo fondato sulla verità storica”. Lo speaker del Senato polacco, Stanisław Karczewski, ha detto che quella ucraina è una risposta politica: “Non ci sono mai state simili azioni. Sarà un male, se tale risoluzione verrà adottata. Quello che fecero gli ucraini, fu un genocidio. Noi dobbiamo tendere alla verità e lo stiamo facendo”.

La partita tra neonazisti e nazionalisti – la nazionalità è secondaria – si sta facendo sempre più accesa. Sembra che debba intervenire di nuovo il cartaio d’oltreoceano per regolare il gioco.

 

Fabrizio Poggi

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