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‘Essere skinhead’. Complici e solidali nelle lotte

Sgombriamo subito il campo da un equivoco ricorrente. Skinhead – testa rasata –  non è sinonimo di fascista e razzista. La storia del movimento è complessa, parte da lontano, passa attraverso gli anni Sessanta e Settanta, da Londra agli Stati Uniti e abbraccia generi e sottoculture musicali diverse. Giunge in Italia più tardi, ma presto conterà migliaia di appassionati e nuovi interessanti esperimenti artistici.

Il libro di Ruggero Daleno, “Essere Skinhead” per le edizioni Hellnation libri, prova a fare chiarezza e ci racconta uno spaccato culturale spesso trascurato dai media o confuso con movimenti nazisti vecchi e nuovi.

Lo scrittore chiarisce immediatamente la sua connotazione radicalmente antifascista e racconta un pezzo di sottocultura urbana che sarebbe più corretto definire controcultura.

Parte dalla propria esperienza personale di scoperta di un genere musicale che non resta confinato nei raduni o sotto il palco dei concerti, ma si dilata e comprende tutto un modo di vivere e di rapportarsi alla gente e ai problemi concreti delle nostre realtà.

La protagonista indiscussa è la strada, la vita di gruppo, i compagni di lotte, di bevute e di concerti; in strada nascono aggregazioni spontanee, la vita di strada rivendica i propri valori contro il sistema borghese che ci vuole nemici e divisi. L’autore calpesta il selciato di Barletta, sua città natale, e sente la rabbia crescere contro i cementificatori della bellezza, contro chi per soldi ha inquinato il mare; eppure questi personaggi la fanno sempre franca perché la legge non è sinonimo di giustizia e  non è uguale per tutti; la legge si accanisce soltanto contro quelli che non stanno alle regole, come Ruggero Daleno che scrive il suo libro mentre è agli arresti domiciliari.

Non si tratta di letteratura, a tratti la scrittura è immatura, ingenua. Il fascino del testo sta tutto nella rabbia delle lotte, nelle parole che scorrono come se l’autore ci stesse guardando negli occhi e raccontasse la sua frustrazione di recluso proprio a noi.

C’è il racconto dei legami di strada, delle crew sempre pronte a dare una mano e a sostenere un progetto. Ci sono le amicizie nate dopo sbornie collossali a base di birra. Poi c’è la musica, la protagonista indiscussa della vita dell’autore; il genere Oi, una branca del punk rock che accompagna tutte le imprese e le serate del protagonista.

L’autore attraverso la tessitura delle storie e dei ricordi personali, riflette sui concetti di fascismo e antifascismo. Non si tratta di luoghi comuni o di pensieri banali, perché Daleno ha vissuto direttamente le lotte di cui ci parla. Il razzismo raccoglie voti e consensi perché l’estrema destra ha imparato ad usare un linguaggio “sociale” che fa leva sui problemi economici dei più poveri e non serve a nulla rispondere con il pacifismo alla loro violenza.

I media raccontano una storia distorta e fanno passare per guerra tra bande gli scontri che avvengono tra fascisti ed antifascisti; eppure non esiste confusione possibile né dubbio alcuno sulla differenza valoriale che informa i due modi di pensare ed agire.

In questi giorni in Francia i lavoratori, gli studenti e tanti cittadini manifestano contro lo Stato e contro una legge sul lavoro che li vorrebbe schiavi del capitalismo. I francesi stanno combattendo una battaglia legittima e lo stanno facendo con ogni mezzo a disposizione: lo sciopero, la marcia, il sit-in ma anche scontri frontali con la polizia che ovunque incarna le logiche repressive del potere costituito. In Italia gli antifascisti che manifestano in modo duro e deciso contro le stesse logiche sono etichettati come “socialmente pericolosi”; scontano carcere e detenzione domiciliare, sono colpiti da vari provvedimenti restrittivi. I media raccontano di devastatori e delinquenti. Gli italiani che plaudono alle lotte degli altri Paesi, come nel recente caso francese, spesso non leggono allo stesso modo ciò che accade da noi. Gli stessi manifestanti sono cittadini esemplari, quasi eroici all’estero, ma dei mezzi terroristi in casa nostra.

Il libro invita al contrario ad essere complici e solidali; ci ricorda dei tanti colpiti dalla repressione, della fatica anche psicologica di stare soli in cella; racconta di un’esperienza comune a molti. Il fine del potere è proprio quello di spezzare le persone, di “addormentare” la rabbia con la rassegnazione.

Mentre il conflitto sociale viene ridotto a mera questione di ordine pubblico (o così si vuol far credere), Daleno ci racconta delle tante rivolte di strada, atti di rabbia che parlano di liberazione.

 

Pina Zechini

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1 Commento


  • erbetta

    Non da Barletta ma da Torino posso testimoniare che il movimento S.H.A.R.P. è assolutamente antifascista.
    S.H.A.R.P.= Skin Head Against Racial Pregiudice.

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