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Gerusalemme est, censura sui libri nelle scuole private palestinesi


GERUSALEMME

Libri di testo censurati nelle scuole private palestinesi a Gerusalemme Est, la zona araba della città occupata da Israele nel 1967. E’ la volta dei palestinesi di puntare l’indice contro le autorità israeliane che in questi ultimi anni hanno più volte messo sotto accusa il ministero dell’istruzione dell’Autorità nazionale di Ramallah per i libri «politicamente scorretti» nei confronti di Israele, adottati dalle scuole in Cisgiordania e Gaza. Jalal Abukhater, commentatore palestinese ed una delle penne più taglienti del sito arabo-ebraico 972mag.com, ha ottenuto una copia del rapporto presentato dal Comitato per l’educazione (formato da esperti della municipalità di Gerusalemme e del ministero dell’istruzione israeliano) che riferisce in modo dettagliato quali parti sono state sbianchettate dei libri di testo in uso nelle scuole palestinesi nella città Santa. Ispiratore delle censure sarebbe il deputato Alex Miller, del partito ultra-nazionalista Yisrael Beitenu, che presiede la commissione istruzione della Knesset. Miller insiste da tempo affinché il programma delle scuole private palestinesi rispetti alla lettera le direttive del ministero dell’istruzione israeliano, così come sono già costrette a fare le scuole pubbliche arabe. Jalal Abukhater sottolinea che la censura attuata da Israele è una violazione della Quarta convenzione di Ginevra che tutela la cultura e il sistema educativo dei popoli sotto occupazione.
Il commentatore palestinese riferisce su quali parti è passato il bianchetto del censore. Se fa notizia fino ad un certo punto l’eliminazione dai libri palestinesi del logo dell’Anp e i capitoli che raccontano la prima e la seconda Intifada, è invece molto significativo il fatto che da un testo della prima elementare sia stata cancellata la storia di una prigioniera palestinese che fa ritorno a casa. Oppure che siano sparite vicende storiche dei secoli passati. In un libro destinato alla quarta elementare è stato eliminato il capitolo riguardante la vittoria del Saladino nella battaglia di Hittin, così come l’assedio di San Giovanni d’Acri da parte di Napoleone. Da un testo per la seconda elementare è svanito il racconto di una gita nella città vecchia di Gerusalemme. Il bianchetto è passato anche su di una pagina di un libro di geografia per le scuole medie nella quale, a proposito del problema dell’inquinamento, si fa riferimento agli scarichi di fogna di alcune colonie israeliane in Cisgiordania verso i villaggi palestinesi. E’ inoltre sparito dal capitolo che descrive il problema della siccità nella regione, il riferimento alla quantità di acqua potabile a disposizione degli insediamenti colonici della Valle del Giordano, largamente superiore rispetto a quella destinata ai civili palestinesi. Infine il censore ha eliminato dai libri di storia per le scuole superiori parti del capitolo relativo alla storia palestinese dalla Dichiarazione di Balfour (1917) fino alla nascita di Israele (1948) e la Nakba.
A Jalal Abukhater ha risposto il Jerusalem Post. Le parti censurate erano soltanto una normale espressione del nazionalismo palestinese o un serio tentativo di delegittimare lo Stato ebraico, si è chiesto il quotidiano israeliano. Per il Comitato per l’educazione a Gerusalemme non ci sono dubbi: l’uso del bianchetto è stato necessario per eliminare quelle parti dei libri che «incitavano alla violenza e all’intolleranza». E in ogni caso i suoi membri ha detto precisato di aver agito seguendo le direttive giunte dalla Knesset tralasciando il particolare, certo non secondario, che il ministero dell’istruzione israeliano non ha autorità sulle scuole private palestinesi. Yohanan Manor, presidente di Impact, un’organizzazione che fa il monitoraggio dei contenuti dei libri di testo, invece ha denunciato «la crescente islamizzazione dei testi scolastici palestinesi». Risultato inevitabile di queste misure israeliane è stato l’abbandono da parte di molti insegnanti delle scuole private di Gerusalemme Est dei libri censurati, sostituiti con testi ugualmente non in linea con l’orientamento storico-politico del ministero dell’istruzione.

da “il manifesto” del 26 ottobre 2011

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