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Mosca libera la neonazista Savchenko, Kiev i russi Erofeev e Aleksandrov

Che nel colloquio telefonico di lunedì notte del “Quartetto normanno” francese-tedesco-russo-ucraino si fosse parlato anche di temi “a latere” della guerra nel Donbass era dato per scontato. Infatti, appena due giorni dopo, ieri pomeriggio, Nadežda Savchenko se ne è tornata a casa e non dovrà scontare in Ucraina la condanna a 22 anni di colonia inflittale lo scorso 22 marzo dal tribunale della città russa di Donetsk (regione di Rostov sul Don) per concorso in omicidio nella morte di Igor Korneljuk e Anton Vološin. I due giornalisti russi rimasero uccisi il 17 giugno 2014 per i colpi di obice D-30 esplosi contro il posto di blocco di Stukalova Balka (un piccolo villaggio della provincia di Lugansk) secondo le indicazioni di tiro fornite dalla volontaria del battaglione neonazista “Ajdar”.

Con sottofondo pilatesco, Vladimir Putin, secondo Interfax, avrebbe concesso la grazia alla Jeanne d’Arc ucraina dietro richiesta dei familiari di Korneljuk e Vološin, coi quali il presidente russo si è incontrato prima di firmare il provvedimento.

Contemporaneamente, Petro Porošenko ha concesso la grazia ai due cittadini russi Evgenij Erofeev e Aleksandr Aleksandrov, che il tribunale rionale Goloseevskij di Kiev aveva condannato a 14 anni di prigione lo scorso 18 aprile, accusandoli di essere esploratori del GRU, l’intelligence militare russa, feriti in prossimità della cittadina di Sčaste, nell’area di Lugansk, nel maggio 2015. Anche nel caso di Erofeev e Aleksandrov, la grazia li libera da ogni responsabilità penale e, al pari della Savchenko, non dovranno scontare la pena in patria, dove sono arrivati, atterrando ieri all’aeroporto moscovita di Vnukovo.

All’aeroporto “Borispol” di Kiev, l’aviatrice e correttrice di tiro, “eminenza grigia” del battaglione “Ajdar” – come l’aveva definita il giudice del tribunale di Donetsk – è stata accolta trionfalmente, secondo un copione già scritto un mese fa dall’ex direttore del dipartimento stampa del Ministero degli esteri ucraino, Oleg Vološin, secondo cui una volta in patria Nadežda Savchenko non avrebbe  “scontato la pena nel carcere giudiziario “Lukjanov” di Kiev, bensì sarebbe passata in trionfo per le strade della capitale”. Profeticamente, Vološin aveva aggiunto che “i maggiori leader politici ucraini temono, per un qualunque disguido, di non essere i primi ad abbracciarla” e che invece tale privilegio tocchi in sorte a Julija Timošenko. Così pare sia stato, a giudicare dalle prime immagini riportate da Interfax, che ritraevano ieri la bionda “pasionaria” dei media occidentali congratularsi con la giovane “Proiettile” – lo pseudonimo della Savchenko – che, come avevano raccontato vari testimoni processuali, nel Donbass si distingueva per particolare crudeltà, sia nei confronti dei prigionieri militari, che di quelli civili.

Salti di gioia e sospiri di sollievo per la perfetta forma fisica in cui è apparsa la neonazista ucraina, sono venuti da esponenti politici di mezzo mondo, rimasti così in ansia per i due anni trascorsi dalla Savchenko tra circensi “scioperi solidi della fame” e inni banderisti e SS intonati nella gabbia del tribunale. Angela Merkel ha espresso la speranza che il ritorno della Savchenko dia una nuova spinta ai negoziati sulle questioni umanitarie e lo scambio di prigionieri. Il Segretario di stato americano John Kerry ha detto che la liberazione dei militari ucraini costituisce una parte importante degli accordi di Minsk. Quelli che sono andati al nocciolo della questione hanno immediatamente dichiarato che “sì, benissimo, ma non basta per togliere le sanzioni a Mosca, che sono un utile strumento contro l’aggressione russa”. E’ stato il caso del Presidente del Consiglio d’Europa, Donald Tusk, il quale ha detto che è necessario conservare le sanzioni antirusse fino alla completa attuazione degli accordi di Minsk; accordi che Kiev, nei diciotto mesi dalla loro firma, si è sempre guardata bene dall’attuare. Lo ha detto subito anche la verde (evidentemente per la bile) tedesca Rebecca Harms, che ha aggiunto che ora è necessario mettere le frontiere delle Repubbliche popolari sotto controllo ucraino. A questo proposito, già ieri Alexandr Zakharčenko aveva dichiarato che la Repubblica popolare di Donetsk potrà tornare in ambito ucraino quando “l’Ucraina tornerà a essere uno Stato. Cioè: ci sarà un cambio di potere, verrà condannato il colpo di stato del 2014 e sarà attuata la denazificazione. Dopo di che si dovrà ripristinare lo Stato, tenere elezioni libere e riconoscere la legittima eredità di quell’Ucraina che a majdan è stata sepolta come Stato. Infine, si dovrà trasformare l’Ucraina unitaria in una confederazione”.

Dopo la sceneggiata all’aeroporto, Savchenko si è incontrata con Porošenko che, definendola “simbolo di orgoglio e di ribellione”, l’ha insignita della Stella d’oro di Eroe dell’Ucraina, giurando che “allo stesso modo in cui abbiamo ottenuto il ritorno di Nadežda, così avremo quello di Donbass e Crimea sotto sovranità ucraina”, grazie a Merkel, Hollande e Obama.

La speaker del Consiglio di federazione (il senato) russo, Valentina Matveenko, annunciando ieri la “trasmissione” di Nadežda Savchenko all’Ucraina e di Evgenij Erofeev e Aleksandr Aleksandrov alla Russia, ha tenuto a precisare che “non si tratta di uno scambio. Russia e Ucraina hanno ratificato la Convenzione europea sulla consegna delle persone condannate, perché scontino la pena in un altro paese”. Nel merito della faccenda, la Matveenko ha tenuto a sottolineare che tanto rumore attorno alla liberazione della volontaria di “Ajdar”, è stato sollevato apposta per fare di Nadežda Savchenko un’eroina nazionale. Sono molto dispiaciuta per un paese in cui diventano eroi nazionali i membri delle organizzazioni nazionalistiche radicali, dell’UPA, persone le cui mani sono intrise di sangue, collaboratori dei fascisti. Per quanto riguarda Savčenko, non vi è alcun fondamento per farne un’eroina nazionale, perché il tribunale russo ha dimostrato che lei è colpevole della morte dei giornalisti russi”.

Con il consueto “spirito pratico americano”, il portavoce del Dipartimento di stato USA, Mark Toner, ha dichiarato che la cosa migliore sarebbe che la Savchenko si prendesse un meritato riposo, dedicando il proprio tempo alla famiglia. Nemmeno avessero concordato insieme le rispettive parti, “l’ispiratrice ideale di Ajdar”, appena scesa dall’aereo ha urlato ai giornalisti di essere pronta a tornare immediatamente sul campo di battaglia. La grazia doveva servire a questo?

Fabrizio Poggi

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