Il tribunale di Kiev ha condannato i due cittadini russi Evgenij Erofeev e Aleksandr Aleksandrov, che Kiev accusa di essere esploratori del GRU, l’intelligence militare russa, a 14 anni di prigione e alla confisca dei beni. Dal maggio 2015 i due erano rinchiusi nelle carceri ucraine dopo esser stati feriti in prossimità della cittadina di Sčaste, nell’area di Lugansk; il processo a loro carico era iniziato lo scorso 10 novembre.
Di loro si è parlato a più riprese, soprattutto nelle fasi finali del processo in Russia alla Jeanne d’Arc ucraina, Nadežda Savčenko, condannata lo scorso 22 marzo a 22 anni di colonia a regime ordinario, perché riconosciuta colpevole di concorso in omicidio per la morte dei giornalisti russi Igor Korneljuk e Anton Vološin, rimasti uccisi dai colpi di obice D-30 esplosi contro il posto di blocco di Stukalova Balka (un piccolo villaggio tra Sčaste e Slavjanoserbsk) seguendo le indicazioni di tiro fornite, secondo l’accusa, dalla volontaria del battaglione “Ajdar”, appostata su un ripetitore televisivo a 40 metri da terra. Successivamente, si era parlato di Erofeev e Aleksandrov – non sui media nostrani, per carità – quando l’avvocato del secondo, Jurij Grabovskij, era stato rinvenuto cadavere sul ciglio della strada nella regione di Čerkass, poco meno di un mese fa e gli osservatori non di parte avevano immediatamente legato il suo assassinio con la difesa di Aleksandrov.
In base alla legge ucraina, Erofeev e Aleksandrov rischiavano l’ergastolo; ma i loro avvocati avevano dichiarato che avrebbero dovuto esser considerati prigionieri di guerra, dato che al momento della cattura non facevano parte dell’esercito russo, come sostenuto dall’accusa, bensì delle milizie della Repubblica popolare di Lugansk. I due russi erano accusati di terrorismo e guerra di aggressione al territorio ucraino.
Il tribunale non ha tenuto in considerazione alcuna attenuante, ma Valentin Rybin, il nuovo avvocato di Aleksandrov, ha però detto che il tribunale li ha assolti dalle altre imputazioni mosse dall’accusa: contrabbando d’armi, porto d’armi abusivo e ingresso clandestino nei “territori temporaneamente occupati”, vale a dire il Donbass. Rybin ha dichiarato che i condannati hanno ora 30 giorni di tempo per accogliere o appellare la sentenza, ma non si è espresso, perché non di sua competenza, circa l’eventuale scambio di Erofeev e Aleksandrov con Nadežda Savčenko. Un tema questo che, probabilmente, verrà svolto in sede ufficiosa, come aveva lasciato intendere il portavoce presidenziale Dmitrij Peskov, all’indomani della condanna della “eminenza grigia del battaglione Ajdar” (come l’aveva definita il giudice): “la russofobia isterica con cui Kiev sta trattando la questione” della liberazione di Nadežda Savčenko, aveva detto Peskov “invece di agevolare, rende più difficoltosa la soluzione del problema. Simili problemi non si affrontano, e tantomeno si risolvono, con tanto clamore”.
FP
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