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Irlanda: la “ripresa economica” ai tempi della Troika

L’Irlanda è formalmente in piena ripresa economica, dopo che la crisi si è pesantemente abbattuta sulla ex “Tigre Celtica”, mostrando le debolezze di un modello che si basava sulla speculazione immobiliare e su una bassa imposizione. Ma ripresa per chi?

Nel 2015, nonostante la “ripresa”, ben 35.000 irlandesi sono emigrati. Secondo i dati dell’Università di Cork la maggior parte di loro sono giovani: l’86 per cento degli espatriati ha un’età compresa fra i 15 e i 44 anni. Come già nel caso del Portogallo, fra le ragioni della fuga all’estero, soprattutto nel caso della manodopera qualificata, c’è il fatto che il settore pubblico abbia bloccato le assunzioni per anni recependo le draconiane misure di austerità imposte dalla Troika in cambio del pacchetto di aiuti finanziari.

A questo si aggiunge la crescente precarietà del mondo del lavoro. Ai giovani vengono spesso offerti contratti di breve durata, mal pagati oppure esperienze di lavoro semi-gratuite ai fini dell’inserimento nel mercato del lavoro. Ne è un esempio il programma JobBridge, che offre tirocini di 6 o 9 mesi per persone disoccupate, e che ha permesso a centinaia di datori di lavoro di fare uso di manodopera a bassissimo costo.

Una recente ricerca dal sindacato “Unite” ha rivelato inoltre che, a 7 anni dall’inizio della recessione, l’economia irlandese è ora un’economia a bassi salari. Nonostante il PIL pro capite sia piuttosto alto rispetto alla media europea, negli ultimi 3 anni la crescita salariale media nell’Europa a 15 stati è stata 3 volte maggiore rispetto a quella irlandese. Rispetto ai salari dei paesi dell’Europa del Centro-Nord (escludendo cioè i paesi mediterranei), i salari irlandesi sono più bassi del 18 per cento. Intanto i profitti (anche al netto delle multinazionali straniere, che spesso fanno base in Irlanda per mere ragioni fiscali) sono tornati a crescere. Non sorprendentemente quindi quella Irlandese è un’economia ad altissima diseguaglianza: con l’eccezione del Portogallo, l’Irlanda ha il più alto livello di diseguaglianza (misurata come il rapporto fra i guadagni del 10 per cento più ricco della popolazione rispetto a quelli del 10 per cento più povero) nell’Europa a 15 stati.

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Nel frattempo gli affitti sono tornati a salire, raggiungendo e superando i livelli astronomici toccati nel 2007, poco prima dello scoppio della bolla immobiliare. Una ricerca basata sui dati del popolare sito di intermediazione immobiliare daft.ie ha rivelato che solo nell’ultimo anno gli affitti sono saliti del 10 per cento, una situazione ingigantita dal blocco dei mutui a seguito dello scoppio della crisi. Se la ripresa c’è, c’è solo per i proprietari immobiliari, mentre in molti si ritrovano a vivere in un ostello nell’attesa di trovare un’abitazione a prezzi decenti.

Frattanto i cittadini irlandesi residenti nel Regno Unito sono chiamati (unici fra i cittadini dei paesi dell’Unione Europea) a votare al referendum sulla Brexit del 23 Giugno prossimo. Il premier Enda Kenny si è prodigato perché i propri cittadini votino affinché la Gran Bretagna rimanga dentro l’Unione Europea e questa settimana incontrerà il suo omologo Cameron per esprimergli il suo sostegno. Come dargli torto, a fronte dei brillanti risultati prodotti anche nell’ex Tigre Celtica dalle politiche di austerità volute dall’UE…

 

Panofsky

 

 

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