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Riprende la Resistenza Palestinese nel nord di Gaza: scontri nel gabinetto di guerra israeliano

Il gabinetto di guerra sionista è così irrazionale che spesso sembra credere alla propria propaganda. Dopo che qualche mese fa, infatti, i vertici militari avevano annunciato la “distruzione di Hamas” nel nord della Striscia (da cui derivava che mancasse solo Rafah per fare completamente piazza pulita), il la forte ripresa della Resistenza Palestinese in quell’area (https://contropiano.org/news/internazionale-news/2024/05/15/gaza-la-resistenza-palestinese-piu-forte-di-quanto-ritenuto-dai-comandi-israeliani-0172439, https://contropiano.org/news/internazionale-news/2024/05/16/gaza-morti-altri-cinque-soldati-israeliani-gli-usa-inviano-nuove-armi-a-israele-0172512) è stato un evento talmente imprevisto da riproporre gravi scontri fra i componenti del gabinetto di guerra, all’interno del quale si è palesato un ventaglio di posizioni diverse e opposte sul tema della governance di Gaza dopo la guerra.

Nei giorni scorsi, il Ministro della Difesa Yoav Gallant, del Likud, stesso partito di Netanyahu e come lui “candidato” ad un mandato di cattura internazionale, ha protestato nei confronti del suo primo ministro per non essersi mai espresso sul futuro di Gaza: “Da ottobre ho sollevato più volte la questione nel gabinetto di guerra, e non ho ricevuto risposta. Chiedo al primo ministro Benjamin Netanyahu di prendere una decisione e dichiarare che Israele non stabilirà un controllo civile sulla Striscia di Gaza e che Israele non stabilirà un controllo militare sulla Striscia di Gaza”.

Per Gallant, quindi, è necessario preparare un’alternativa di governo formalmente “in mano palestinese” e, eventualmente, ad una coalizione internazionale, altrimenti “rimarrebbero solo due opzioni negative: o il governo di Hamas, o il governo militare di Israele”. Ciò significa, per inciso, ammettere che uno degli obiettivi dichiarati – ovvero la distruzione di Hamas – è di fatto impossibile da raggiungere.

Concorda, in parte, con lui Benny Gantz, della coalizione “Blu e Bianco”, definita “centrista”, entrato nel gabinetto di guerra all’indomani dell’inizio del genocidio e strafavorito, secondo i sondaggi, in caso di voto anticipato.

Secondo Gantz, lo stato sionista può mantenere anche nel dopoguerra un certo grado di controllo militare sulla Striscia di Gaza, ma deve assolutamente progettare il subentro di un’autorità civile composta da una non precisata “entità palestinese”, accompagnata da “attori internazionali”.

Gantz ha posto addirittura un ultimatum: se non verrà presentato e discusso un piano del genere entro l’8 giugno, il suo partito non appoggerà più l’esecutivo:” Se scegli di seguire la strada dei fanatici e gettare tutta la nazione nell’abisso, saremo costretti a lasciare il governo”, ha detto rivolgendosi al primo ministro.

Entrambi questi ministri sono ex capi di stato maggiore dell’esercito ed hanno espresso tali perplessità proprio nei giorni in cui sono stati gli stessi vertici militari a farle trapelare per mezzo stampa. Sperano inoltre, in tal modo, di accreditarsi come alleati più affidabili dell’amministrazione USA, offrendo una sponda al tentativo, in corso da mesi, di reclutare diversi paesi arabi alleati, unitamente all’attuale governo dell’ANP, costruito sul calco degli interessi di Washington, per preparare il futuro governo della Striscia.

Sulla sponda opposta, ovviamente è schierato Ben Gvir, esponente del partito “Potere Ebraico”, ideologicamente appartenente al sionismo religioso estremista, che negli anni ’90 era considerato “terrorista” dalle stesse autorità sioniste.

Il controllo della Striscia di Gaza dovrebbe per lui rimanere “solo alla stato d’Israele, e nessun altro”, ha ribadito, “dovrebbe esserci la piena occupazione di Gaza e colonie ebraiche. Ma non è abbastanza. C’è un altro passo essenziale, che consiste nell’incoraggiare la migrazione volontaria (dei Palestinesi)”.

Tali colonie dovrebbero estendersi ben oltre quelle smantellate nel 2005 dall’allora governo Sharon: “Se davvero assistessimo all’emigrazione, con centinaia di migliaia di persone in partenza, potremmo portare sempre più persone. Io stesso sarò molto felice di vivere a Gaza“.

Gli intenti genocidiari non vengono insomma nascosti e neanche sul tema del passaggio degli aiuti: “Mi vergogno di essere l’unico nel governo ad aver votato contro il trasferimento delle spedizioni (di aiuti) a Gaza attraverso Kerem Shalom. Volete umanitarismo? Restituite gli ostaggi”.

A spalleggiare i deliri di Ben Gvir vi è lo stesso Netanyahu, il quale, pur non parlando esplicitamente di ri-colonizzazione di Gaza, sostiene che il controllo civile e militare dovrà rimanere in mano sionista perché “ad un hamastan non deve succedere un fatahstan”, escludendo quindi in pratica qualsiasi autorità palestinese, anche solo di facciata.

Rispetto al tema degli ostaggi, se l’ipotesi Gallant-Gantz apre alla ricerca di un accordo per uno scambio di prigionieri con la Resistenza Palestinese, l’ipotesi estremista sembra non curarsene più di tanto. Anzi, gli estremisti sionisti sembrano puntare a prolungare la guerra finché tutti gli ostaggi non verranno uccisi sotto le stesse bombe che teoricamente vengono sganciate per “liberarli”, per poi poter procedere con ancora più vigoria verso la pulizia etnica, o “emigrazione volontaria”, secondo la terminologia ultra-sionista.

In ogni caso, il fatto che l’ondivago Netanyahu si sia schierato con loro segnala come la posizione schiettamente genocidaria dell’estrema destra religiosa gli appaia, nella sua irrazionalità, “più realistica” rispetto alle formulazioni ancora vaghe di Gallant e Gantz.

La Resistenza Palestinese, infatti, ha chiarito più volte che non lascerà mai il campo a paesi o entità terze che vorranno governare la Striscia di Gaza entrandovi, in pratica, a bordo dei carri armati dell’occupante. “Hamas esisteva per restare”, ha ribadito il Capo dell’Ufficio Politico dell’organizzazione sunnita Haniyeh. “Il movimento deciderà, insieme a tutte le fazioni nazionali, l’amministrazione della Striscia di Gaza dopo la guerra”.

Dal canto loro, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, finora, hanno più volte declinato l’invito degli USA a partecipare ad una forza multinazionale che contribuisca al controllo della Striscia nel dopoguerra. Al momento, infatti, i rischi di insabbiarsi per via dell’ostilità della Resistenza Palestinese sono troppo alti. In più, lo stato sionista, attualmente, non si presenta affatto affidabile, vista l’egemonia estremista al suo interno.

Tuttavia, tale diniego non è da considerarsi definitivo. Secondo il Middle East Eye, il Bahrein, che spesso si comporta come l’appendice più filo-americana dell’Arabia Saudita, avrebbe dato la propria disponibilità agli USA.

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