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La Francia verso il secondo turno delle elezioni politiche

Domenica 7 luglio si svolgerà il secondo turno delle elezioni politiche francesi.

I candidati che avevano avuto almeno il 12,5% dei voti rispetto agli aventi diritto nelle 577 circoscrizioni di cui è composto il paese avevano fino alle 18 di martedì per scegliere se confermare la propria presenza al ballottaggio, o desistere trasformando le inedite competizioni a tre – talvolta a quattro – a veri e propri duelli.

Bisogna ricordare che con il primo turno del 30 giugno sono già stati eletti 76 deputati – rispetto ai 77 che i primi calcoli lasciavano intendere – perché oltre ad avere avuto più del 50% dei consensi, hanno superato/eguagliato in percentuale il 25% degli iscritti elettorali.

Sono 39 coloro che sono stati eletti tra le file dell’alleanza stipulata tra il Rassemblement National e la parte dei gollisti che fa capo al presidente Eric Ciotti, e l’ex-transfuga del RN Marion Maréchal, alcuni con percentuali attorno al 60%.

In totale hanno ottenuto il 33,2% con più di 10 milioni e 700 mila voti, il secondo risultato migliore di sempre in termini di voti assoluti, considerati i 13,3 ottenuti dalla Le Pen al ballottaggio delle presidenziali nel 2022.

Fa un certo effetto considerato che l’erede del “gruppuscolo” – allora Front National – di nostalgici del regime collaborazionista di Vichy e della colonizzazione algerina fondato nel 1972 da Le Pen padre, nel 1981 otteneva circa 100 mila voti.

Sono 31 quelli eletti tra le fila del Nuovo Fronte Popolare che ha ottenuto circa 5 punti percentuali in meno dell’alleanza di estrema-destra: 20 de La France insoumise, 5 del partito socialista, 4 “ecologisti” e 2 comunisti. Tutti gli eletti del NFP sono in ambito metropolitano, con le percentuali più alte ottenute nell’Esagono, e superando il 60% in alcune circoscrizioni.

Riportiamo qui di seguito alcuni, eletti della LFI, per far comprendere i livelli di consenso di cui gode la formazione nei quartieri popolari a Parigi e a Marsiglia:

Bastien Lachaud (LFI, Seine-Saint-Denis, 71,7 %), Manuel Bompard (LFI, Bouches-du-Rhône, 67,5 %), Eric Coquerel (LFI, Seine-Saint-Denis, 65,3 %), Elsa Faucillon (PCF, Hauts-de-Seine, 64,8 %), Danièle Obono (LFI, Paris, 64,2 %), Aurélie Trouvé (LFI, Seine-Saint-Denis, 63,2 %), Clémentine Autain (LFI, Seine-Saint-Denis, 62,7 %), Sarah Legrain (LFI, Paris, 62,5 %).

Il numero dei deputati già eletti, composto prevalentemente da deputati uscenti, è notevolmente più elevato di quella del 2022 (5), del 2017 (4), o del 2012 (36), ma inferiore a quella registrata nel 2007 (110).

Questo dato è dovuto all’inedita partecipazione elettorale (66,7%) e della forte concentrazione di più dell’82% dei suffragi su tre blocchi di candidati.

Se la sinistra unita si rafforza nelle grandi città e nei quartieri popolari subisce una cocente sconfitta nelle ruralità e nei centri minori della Francia “peri-urbana”.

Per anni la sinistra ha visto nell’astensionismo il suo principale nemico ed ipotizzava che un ritorno alla partecipazione popolare al voto potesse portarla automaticamente alla vittoria, ma i risultati del primo turno di domenica smentiscono queste previsioni.

Se Parigi, Lione, Marsiglia, Tolosa, Lille e Bordeaux il NFP – tranne che in alcune zone della capitale e nella sua Petite Couronne – riesce a presentare candidati al secondo turno, i vuoti “a macchia di leopardo” da ovest verso est si dilatano nel nord-est.

Questo ha penalizzato in particolare il PCF con il suo “comunismo municipale” radicato nelle ruralità e nei centri minori industrializzati.

C’è un rischio, per la sinistra, di divenire un arcipelago (“archipélisation” in francese) afferma giustamente Roger Martelli, storico del PCF.

Ed anche nelle situazioni dove i vari candidati della sinistra nelle “sotto-prefetture” sono più radicati, sono comunque minacciati dalla crescita dell’estrema destra.

E su una buona parte del territorio dell’Esagono dalla costa Atlantica verso est, il NFP (ed in maniera preponderante al Nord) sono giunti terzi.

La logica del bastione non paga.

Da registrare che sui 14 candidati del NFP ben 164 sono della LFI – 121 socialisti, 68 ecologisti, 33 del PCF – e 48 sono giunti primi contro 40 socialisti, 23 ecologisti e 5 comunisti.

Come dicevamo all’inizio, nonostante una parte delle sfide dei ballottaggi prevedessero un “triello”, in realtà nella maggior parte delle circoscrizioni si tratterà di una sfida a due, a causa della scelta di ritirarsi operata sistematicamente dal NFP nei casi in cui è giunta terza, dando indicazione di voto per chiunque sfidi un candidato dell’alleanza del RN.

Una scelta che è stata condivisa da parte dello schieramento presidenziale centrista Ensemble, ma non fatta propria dai gollisti che, con il loro 10% al primo turno, non hanno dato indicazione di voto contro l’estrema-destra.

Il NFP aveva raggiunto il ballottaggio in 414 circoscrizioni, totalizzando 9 milioni di voti.

Secondo quanto conteggiato da Le Monde a mezzogiorno di martedì la scelta della rinuncia al ballottagio è stata fatta propria da 127 candidati del NFP che avrebbero potuto partecipare al ballottaggio, e da 75 del campo presidenziale, con una cifra delle sfide a tre che si attesterebbe ad un centinaio di casi.

Il RN, tranne casi più unici che rari – come in una circoscrizioni della Corsica -, ha scelto di concorre ovunque abbia avuto accesso ai ballottaggi, senza per così dire “ricambiare il favore” ai gollisti che per la seconda volta hanno scelto di auto-escludersi dal “Fronte Repubblicano” per erigere una diga contro Le Pen e soci.

L’obiettivo dichiarato di Bardella e soci, rimane quello di avere la maggioranza assoluta nella nuova Assemblea Nazionale, o di raggiungere una cifra che gli si avvicini molto rimpinguando con solo alcuni nomi – 2/3 secondo Bardella, 5/7 per la Le Pen – che gli permetta di governare il paese in coabitazione – almeno fino al 2027 – con Macron.

Il RN denuncia l’accordo “contro natura” all’interno del “Fronte Repubblicano”, presentandolo come una sorta di accordo “di sistema”. E proprio la narrazione anti-establishment della Le Pen era iniziata negli anni 2000 con l’allora Front National – divenuto RN – nel 2018, denunciando “l’UMPS” – la crasi tra gli acronimi dell’allora partito gollista e del partito socialista che ha hanno governato in coabitazione ed in alternanza.

Un sistema che impediva alla variabile populista di destra della Le Pen di potere aspirare alla stanza dei bottoni, delegittimando una parte della volontà dell’elettorato.

Saranno circa 400 su pressapoco 500 circoscrizioni le sfide a due, ed un centinaio quelle a tre.

Difficile fare una previsione, ma è chiaro che il bipolarismo tra un piuttosto eterogeneo “Fronte Repubblicano” che va da una parte del campo presidenziale all’estrema sinistra del NPA – passando per le forze del NFP – ad un’alleanza imperniata sull’estrema destra che potrebbe contare su quell’ultriore bacino di voti sia di una parte dell’elettorato gollista che delle formazioni neo-fasciste alla destra della Le Pen e di Bardella.

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2 Commenti


  • Giancarlo Staffo

    Per sconfiggere la destra la “vittoria” sarà un pilota automatico diretto o indiretto da un Draghi francese con guerra, neocolonialismo, Nato, tagli a pensioni,, salari e sanità , privatzzazioni, fino a quando l’eurocentrismo suicida e ottuso dominera la “sinistra euro-atlantica???


  • Giancarlo Staffo

    Tra i candidati da votare per la “sinistra desistente” anche la ex ministra autrice della legge che aumenta età pensionabile. Tafazzismo suicida a go go..

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