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Uniti e conflittuali contro il governo Monti

La gravità dell’attacco ai lavoratori richiede scelte importanti e mobilitazioni significative, cresce l’opposizione dentro la Cgil, segnala la relazione introduttiva, ma è ormai tutto il sindacalismo conflittuale che deve farsi carico di questo problema.

Numerosissimi gli interventi dei delegati di diverse fabbriche e aziende private e pubbliche. Moscetti, il delegato Usb della Manuli licenziato e riassunto grazie all’art.18, ha ricordato come “i padroni si possono battere e ha chiesto che l’assemblea serva anche a dare il colpo d’accelleratore sulla convocazione dello sciopero generale augurandosi che anche la Cgil venga tirata in ballo. Il ferroviere Dante De Angelis, anche lui licenziato e riassunto grazie all’art.18 (purtroppo è andata diversamente pochi giorni fa a Sandro Giuliani, altro ferroviere licenziato ma condannato anche dal tribunale), ha denunciato come nel nostro paese “il problema è che pochi ricchi decidono per tutti”. L’abolizione dell’art.18 “non farà migliorare l’economia ma solo peggiorare lo spirito e le condizioni dei lavoratori”, per questo – ha affermato – “occorre rimettere il lavoro al centro della politica”.

Molto suggestivo l’intervento del giurista Carlo Guglielmi (del Forum Diritti Lavoro) il quale ha evocato la parola greca parresia che significa il “dovere di dire parole di verità”. Il richiamo è quello ad agire sulla base di una verità che viene occultata: “Dobbiamo fare come se la Repubblica del 99% della popolazione già esistesse e che in questa sala già ci fosse il sindacato che lo rappresenta”. Il preambolo del DdL Foriero che intende abolire l’art.18, punta sul “mutato contesto rispetto alla sua introduzione”. Facendo riferimento proprio ai contesti storici, Guglielmi ha ricordato come nel 1945 il movimento dei lavoratori in Italia avesse il problema di identificare il nemico principale tra i tre nemici che aveva di fronte: i padroni, i fascisti e i tedeschi (una triade che sembra attuale anche oggi), ma sciolse la discussione chiedendo già all’epoca quattro obiettivi fondamentali e di straordinaria attualità nuovamente oggi: il blocco dei licenziamenti, la cassa integrazione, l’adeguamento dei salari ai prezzi e nel 1946, la parità salariale tra il Nord e il Meridione.

Staccioli, uno dei lavoratori licenziati dall’Alitalia, ha segnalato come a differenza di Moscetti e De Angelis, “la vicenda Alitalia è la dimostrazione di come l’art.18 in questo caso non abbia funzionato”, con questa assemblea – ha detto Staccioli – “dobbiamo dimostrare che esiste un sindacato diverso e un sistema informativo diverso”.

Significativo l’intervento di Pullino, delegato Fiom della Fincantieri di Ancona, che ha denunciato come l’idea che gli scioperi e gli scioperi generali non servano più e che viene diffusa ampiamente, sia smentita dalla realtà. In Grecia i ripetuti scioperi generali e la resistenza ai diktat hanno creato le condizioni per una alternativa politica che prima non c’era. “Di fronte ai ricatti della Fincantieri abbiamo occupato il cantiere e non ci siamo arresi”, “questo non è più tempo di suicidi ma di ribellione”. Sono intervenuti anche i precari della scuola (Calcagno) invitando tutti alla manifestazione che si terrà nel pomeriggio e denunciando come un provvedimento micidiale per la scuola come il DdL Aprea, sia passato in commissione con l’appoggio anche del Pd e di tutti i sindacati.

Paolo Di Vetta, dell’Asia-Usb ha segnalato la necessità che si costituiscono anche i “delegati del territorio”, perché “se dobbiamo ripartire occorre tenere conto che il mondo del lavoro è cambiato tantissimo e occorre chiedersi quale tipo di sindacato può rappresentare oggi il mondo del lavoro e il mondo del non lavoro”. Nel territorio oggi esiste e si esprime molto di quello che non riesce a organizzarsi e rappresentarsi nei luoghi di lavoro. “Occorre trovare le connessioni tra lavoro e territorio contro la rendita e il profitto”. Ha evocato l’esigenza di una manifestazione nazionale per il diritto alla casa in autunno (dall’Imu alla questione degli sfratti) e la mobilitazione a fine giugno contro gli Stati Generali sui servizi promossi dal sindaco Alemanno ed a cui parteciperanno anche la ministra Fornero e Monti. “La lotta per ri-pubblicizzazione dei servizi e contro le privatizzazioni deve vedere la rivolta come bene comune”. Daniela Cortesi (delegata Snater di Telecom) ha ricordato come “la stessa Istat abbia certificato che uno dei maggiori arretramenti dei lavoratori sia iniziata proprio con la concertazione padroni-governo-sindacati del 1993”. La concertazione è stata micidiale per i lavoratori, i loro salari e i loro diritti, le sconfitte di oggi sono conseguenza di quelle scelte. Molto applaudito l’intervento di Luigi Sorge (Fiat Cassino) che ha invitato ad una chiara scelta di campo anticapitalista. Un intervento che invece rischia di spaccare e dividere una esperienza come quella che si è andata costruendo con l’assemblea di oggi, è stato l’intervento di Murgo (Fiom della Marcegaglia) che di fatto ha chiesto che l’assemblea approvasse la data del 15 giugno (convocata dalla Fiom) come data di mobilitazione. Un evidente tentativo di mettere in discussione l’agenda dei sindacati di base che hanno indicato già nell’8 giugno la data su cui mobilitarsi sotto il Parlamento dove è in discussione la controriforma del lavoro. Dunque una forzatura inutile e dannosa per i tentativi di costruzione di percorsi unitari tra realtà collocate diversamente sul piano sindacale. Una preoccupazione questa denunciata esplicitamente da Giorgio Cremaschi che ha parlato delle “molte pressioni sui compagni della Cgil per non farli venire a questa assemblea”. Cremaschi ha parlato all’assemblea invitandola a prendersi la responsabilità della mobilitazione ed ha sottolineato che “non è scritto da nessuna parte che la politica unitaria nel sindacato sia solo quella tra Cgil Cisl Uil”, oggi è la pubblica dimostrazione di un sindacalismo antagonista conflittuale che sta dentro e fuori la Cgil, “rivendico di poter e voler fare una politica unitaria con i compagni dell’Usb e mi auguro che questa assemblea sia un contagio”, esattamente come quello che Monti teme possa propagarsi dalla Grecia anche in Italia. L’atteso intervento di Pierpaolo Leonardi (Usb) ha valorizzato l’assemblea – “una assemblea non facile sia per la situazione dei lavoratori sia per la sua convocazione” – ed ha invitato a cambiare passo: “se prima ci accontentavamo di colpire uniti e marciare divisi, da adesso in poi dovremo colpire uniti e marciare uniti”. La tesi di un sindacalismo conflittuale esteso e che scende in campo contro le politiche antipopolari del governo “ci dice che finito quella sorta di apartheid e di divisione secondo cui c’era l’idea che o si lotta solo fuori dalla Cgil o solo dentro la Cgil, questa assemblea manda un messaggio diverso”. Leonardi ha confermato come per l’8 giugno siano già in campo unitariamente lo sciopero dei lavoratori del Pubblico Impiego e dei Trasporti e una manifestazione al Parlamento. L’invito è quello di estendere questa mobilitazione agli altri settori del lavoro e della società.

All’assemblea hanno portato il loro saluto anche i Comitati per l’Acqua Pubblica (che hanno invitato tutti alla manifestazione del 2 giugno per la Res-Pubblica), Stefano D’Errico dell’Unicobas, l’Usi e gli studenti universitari reduci dalle mobilitazioni di Francoforte.

Fin qui la cronaca di buona parte dell’assemblea che è poi proseguita con l’approvazione di un documento finale così come torneremo con altre valutazioni su questo importante evento sindacale che lascia ben sperare.

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L’ordine del giorno approvato dall’assemblea

L’ assemblea convocata da RSU e RSA a Roma il 26 maggio ha raccolto la spinta di chi sta lottando contro l’aggressione scatenata dal governo verso il mondo del lavoro. Ma siamo soprattutto indignati per la rassegnazione o, perfino, l’assenso con cui le direzioni confederali CGIL, CISL e UIL hanno accompagnato e favorito questa aggressione.

L’Assemblea condivide quanto proposto nella relazione e raccoglie le indicazioni e i contributi emersi dal dibattito.

Le pensioni sono in via di essere ridotte a sussidi di sopravvivenza e l’età di quiescenza è stata portata a livelli inediti in Europa.

Centinaia di migliaia di lavoratori messi fuori dalle aziende con accordi spesso ricattatori vengono messi in condizione di non avere più né un salario, né una pensione, né un ammortizzatore sociale.

I salari sono fermi da almeno 20 anni, mentre i prezzi galoppano. I contratti nazionali sanciscono la riduzione delle retribuzioni, l’aumento degli orari di fatto e la regola delle deroghe.

La precarietà è diventata la forma generalizzata di assunzione: un esercito di milioni di giovani vive quotidianamente senza diritti e nell’incertezza più totale sul proprio futuro.

La disoccupazione tocca livelli inediti ed è destinata a crescere ulteriormente, per la chiusura di tante fabbriche ma anche attraverso la drastica riduzione dell’occupazione nel pubblico impiego.

I servizi sono stati privatizzati, peggiorandone la qualità e aumentandone i costi per l’utenza, mentre si faceva cassa sui diritti e sulle retribuzioni degli addetti.

Il padrone sceglie i sindacati da legittimare, mentre gli altri in particolare FIOM e sindacati di base, vengono cacciati dalla porta delle aziende.

Infine l’articolo 18, quella norma che giusto 42 anni fa ha posto un limite all’arbitrio e all’autoritarismo padronali, è in procinto di essere cancellata, sopprimendo la funzione deterrente della reintegra e ripristinando l’effetto intimidatorio della minaccia di licenziamento contro chi si attiva politicamente o sindacalmente o contro chi, comunque, ha un comportamento non gradito al padrone e ai capi.

In queste settimane in molte aziende c’è stata una massiccia reazione contro questo stravolgimento dell’articolo 18, con fermate, scioperi, picchettaggi, blocchi stradali e manifestazioni. Ma se stessimo all’azione del sindacalismo confederale di CGIL CISL e UIL tutto ciò sta passando senza una resistenza degna di questo nome o addirittura con un vero e proprio consenso, in nome della governabilità e della nuova “unità nazionale” che sostiene il governo dei “tecnici” diretta emanazione della Bce, dell’ Unione Europea e del Fondo monetario internazionale, della Confindustria e del sistema bancario italiano. Noi non ci riconosciamo in questa unita’ nazionale ma anzi ci battiamo per cacciare il governo Monti Fornero.

Il movimento di lotta nelle fabbriche e nei posti di lavoro a cui anche molti dei delegati e delle delegate qui presenti hanno dato vita nei giorni scorsi deve continuare, con l’obiettivo di impedire la trasformazione in legge del disegno Fornero. Siamo disponibili a valutare e sostenere ogni iniziativa di mobilitazione che persegua gli stessi obiettivi.

Ma questa mobilitazione dovrà rimettere in campo non solo la difesa dell’articolo 18 e la sua estensione ai milioni di lavoratrici e di lavoratori che non ne sono tutelati (i precari e i dipendenti delle piccole aziende), ma anche una piattaforma complessiva, per invertire la tendenza a far pagare la crisi ai lavoratori e alle classi popolari. intendiamo elaborare questa piattaforma in maniera compiuta in un prossimo appuntamento assembleare analogo a questo. In ogni caso gia’ da oggi proponiamo alcuni punti irrinunciabili:

> Il blocco dei licenziamenti;

> Il rinnovo di tutti i contratti attraverso piattaforme costruite con la partecipazione democratica dei lavoratori;

> La riduzione degli orari di lavoro a parità di salario;

> Un aumento dei salari e delle pensioni generalizzato e consistente;

> Il ripristino di una scala mobile dei salari e delle pensioni per tutelarli dalla nuova inflazione;

> La riconquista del pensionamento di vecchiaia a 60 anni di importo adeguato;

> No ai fondi pensione privati;

> La definitiva abolizione di tutte le forme contrattuali precarie;

> Il blocco delle privatizzazioni e la ripubblicizzazione dei servizi gia’ privatizzati;

> Una politica fiscale di forti sgravi sul lavoro dipendente e sulle pensioni compensati dall’aumento della progressività delle aliquote e da una patrimoniale sulle rendite e sulle ricchezze;

> Il diritto al reddito, alla casa e alla gratuita’ di tutti i servizi pubblici per precari e disoccupati;

> La elezione libera dei propri rappresentanti sindacali, senza alcuna limitazione da parte del padrone e senza riserva per nessuno;

> L’abolizione della Bossi/Fini e uguali diritti per i migranti.

Si tratta delle rivendicazioni minime e essenziali per preservare livelli di vita e di dignità basilari in un paese civile. Se sembrano incompatibili con il pagamento del debito, diciamo: è il debito che non va pagato.

Per questi motivi, e per difendere l’articolo 18 nel suo valore di fondo e nella sua essenza simbolica, noi invitiamo tutte le RSU, le RSA, le organizzazioni e le aree sindacali che condividono queste esigenze a organizzare nelle prossime giornate dell’8 e del 9 giugno momenti di lotta: fermate, scioperi, azioni di protesta, presidi.

Indiciamo per il pomeriggio dell’8 maggio, a partire dalle 16,00 a piazza Montecitorio un presidio della Camera dei deputati che sta dibattendo del futuro dei nostri diritti

Invitiamo tutte e tutti, RSU, RSA, organizzazioni e aree sindacali a rendere permanente la lotta anche nei giorni successivi, fino all’ultimo giorno utile per impedire l’approvazione parlamentare della controriforma Fornero e ancora oltre nei prossimi mesi.

Roma, 26 maggio 2012

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1 Commento


  • Anita

    Assegno unico di disoccupazione a prescindere dalle tipologie contrattuali di euro mille mensili.

    Pesanti sanzioni ai datori di lavoro che abusano della licenziabilità., defiscalizzazioni per chi invece crea realtà lavorative virtuose, con servizi per la qualità della vita dei lavoratori.

    Finanziamenti trasparenti ed equi all’imprenditoria, vincolati a ferrei controlli dello stato della gestione aziendale per almeno dieci anni o trentennali per finanziamenti superiori ai 70.000 euro.

    Reddito Minimo Garantito Sociale di euro mille mensili per i disoccupati e/o inoccupati che non rientrano nel requisito dei due anni contributivi, che dovrebbe sparire insieme alle forme lavorative precarie.

    Sostegno per il pagamento dell’affitto a chi costretto ad affittare da privati e/o mutuo, fino ad importi di euro 800 mensili per i singoli, 1300 per nuclei familiari.

    Reale riconoscimento delle disabilità lavorative, e non solo se si è gravemente menomati, con l’attivazione di reali politiche per il collocamento lavorativo compatibile alle condizioni fisiche.

    Istituzione di scuole statali gratuite, per l’apprendimento delle professioni ed aggiornamento delle professionalità, al posto della dispersione dei fondi nella miriade di corsi di formazione inutili, limitati nell’offerta formativa, metodica e nei tempi di apprendimento, che servono solo ad arricchire vari enti di formazione privati. Aperte a qualunque cittadino interessato, disoccupato o impiegato, o anche pensionato che abbia ancora voglia di fare altro nella vita, magari in proprio.

    Assegni sociali di almeno euro mille mensili per le categorie sociali disagiate: Disabili, Anziani, Senza fissa dimora, etc….

    Pensioni lavorative per singolo cittadino non inferiori ad euro 1500 mensili e non eccedenti i tremila euro mensili, nessuno escluso, operai, dirigenti, medici, imprenditori, politici, parlamentari, insegnanti, religiosi e laici…Tutti a prescindere.

    Nazionalizzazione di tutte attività produttive vive e minacciate da speculazioni economiche.

    Garanzia reale statale di tutti i bisogni sociali essenziali, primari e non:
    Abitare, Educazione, Sanità (fisica e psicologica), Lavoro, Formazione lavorativa,Trasporto, Controllo sulla qualità ed esercizio di contenimento dei prezzi di consumi energetici, acqua e alimentazione.

    Riorganizzazione della tv pubblica, con criterio di mezzo da utilizzarsi anche per la promulgazione dell’ educazione ed informazione e non solo per la ricreazione passiva e l’assoggettamento politico dei cittadini, feudo lobbistico per assegnamento di favori e regalie miliardarie.
    Divulgazione dei vari diritti di cittadinanza tramite programmi tematici del servizio televisivo.

    Utilizzo attivo di strutture pubbliche quali scuole, biblioteche, teatri, caseggiati nei parchi, per incontri ed iniziative sociali, culturali e per dare luogo a servizi comunitari e laboratori, con fini educativi, culturali, sportivi, ricreativi e ludici, a prezzi calmierati e/o gratuiti per tutte le fasce di età della cittadinanza.

    Basta a dispersione di soldi pubblici con finanziamenti a istituzioni private operanti nell’istruzione, formazione del lavoro, sanità, ricovero anziani, sociale, etc…. I soggetti privati che volessero operare in queste realtà, usufruendo di contribuiti statali, si dovrebbero allineare a standard di gratuità e o prezzo limitato con criterio unico nazionale, e, supervisione reale delle loro gestioni da parte dello stato.

    E convinta che il lavoro non sia tutto nella vita, sogno un paese con più verde curato ed attrezzato per tutti.
    Spazi verdi che siano concepiti come luoghi fulcro della comunità, dimore per le opere d’arte e l’arte viva .
    Attrezzati con strutture per consentire la convivialità delle persone e l’accoglimento di varie iniziative culturali, sportive, musicali, teatrali, di dibattito e confronto, libere e/o organizzate, stazioni gestite di affitto di biciclette, gruppi di ginnastica, le attività ricreative dei bambini, tavoli e panchine per la ristorazione e l’intrattenimento di gruppo, o per il relax solitario per leggere e scrivere etc.
    E mai più giardini pubblici e pseudo spazi verdi relegati al secondario ruolo di copertura a parcheggi sotterranei, risultato folle di logiche speculative e ridicoli progetti di project financing, in assoluta antitesi con l’idea di luogo che dovrebbero ospitare la natura, i cittadini, la convivialità, il libero movimento, il relax.

    E perché no, che fossero pure luoghi per corsi di docenza comunitaria e partecipativa di giardinaggio, botanica, manutenzione, architettura, e design degli spazi verdi.

    E stanziamenti economici per il recupero di quelli adibiti ad uso comune anche dei non residenti, presenti

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