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Ancora pressione finanziaria per scongiurare la Brexit

Il gioco di borsa si fa teso e tetro. Dopo il big bang di venerdì scorso, i mercati europei proseguono la corsa al ribasso a ritmi molto elevato. Alle 11.30 Milano – la peggiore d’Europa – perde il 2,6%, seguita a distanza da Madrid a -1,9, Parigi -1,5, mentre resta per il momento irraggiungibile Tokyo con il suo -3,3.

Il dato lievemente paradossale è quello di Londra, che perde solo lo 0,4%, pur essendo considerata la Brexit come causa scatenante di questa ondata ribassista. Sembra quasi una conferma di quello che alcuni analisti vanno ripetendo (inutilmente) da qualche tempo: la Brexit sarebbe un problema più per l’Unione Europea che per la Gran Bretagna. La quale è infatti importatrice netta, soprattutto di merci europee, e quindi la Ue non avrebbe alcun vantaggio dal minacciare “ritorsioni” (come l’innalzamento dei dazi doganali, ecc), perché si farebbe del male da sola. I calcoli oscillano tra un -1 e un -2% annuo, per quanto riguarda il Pil dell’eurozona.

Per altri versi, però, non c’è dubbio che i mercati finanziari stiano comportandosi come se la Brexit fosse data già per realizzata. Ci sono vendite sul mercato azionario (in Italia soprattutto sui titoli bancari), corsa ai beni rifugio (oro in testa, ma anche yen e titoli di stato “sicuri”), sterlina in ribasso.

Dunque l’impressione generale resta quella dello scorso fine settimana: è in corso un massiccio tentativo di immoral suasion nei confronti dell’elettorato britannico perché al referendum di giovedì prossimo si pronunci per restare nell’Unione. Il tentativo non sembra per ora aver ottenuto risultati (alcuni sondaggi danno gli euroscettici 10 punti avanti agli “europeisti tiepidi”), ma di sicuro sta facendo riposizionare diversamente molti capitali multinazionali.

 

 

 

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