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Nessun oblio sulla strage di Piazza Fontana

Il quarantatreesimo anniversario della strage di Piazza Fontana, aggiunge alla rilevanza della memoria storica e della valutazione politica il crisma dell’attualità. Abbiamo affermato in questi anni che la verità giudiziaria sulla strage del 12 dicembre 1969 a Milano è ormai seppellita sotto due processi e la contraddittoria sentenza definitiva del secondo. Questa sentenza afferma infatti che i colpevoli erano quelli giudicati innocenti nel primo processo (Freda, Ventura etc., mentre gli accusati del secondo (Zorzi, Maggi etc) sono stati scagionati. Ma i primi sono stati già giudicati e quindi non possono esser giudicati una seconda volta per lo stesso reato. Una lapide su ogni anelito di verità che potesse uscire dalle aule di un tribunale. Dunque, sulla strage di Piazza Fontana rimangono solo la verità storica e la valutazione politica per cercare di capire, spiegare e affermare un giudizio che resti nella memoria collettiva del paese e che lasci tracce sufficienti per le generazioni future.

Il quadro che emerge dalla seconda inchiesta (Salvini) e dal secondo processo per la strage di Piazza Fontana, chiama direttamente in causa nella strategia delle stragi i servizi segreti militari USA, soprattutto quelli di stanza nella base del comando FTASE di Verona, i quali attraverso i loro agenti italiani (Digilio, Minetto, Soffiatti) agivano in modo coordinato con le cellule neofasciste di Ordine Nuovo e con gli apparati dello stato italiano nella “guerra sul fronte interno” contro i comunisti, i sindacati e i settori della DC recalcitranti a trasformare la “guerra fredda in guerra civile”. L’amerikano supervisore della rete degli uomini neri ha il nome di Joseph Luongo (insieme a lui c’era anche Leo Joseph Pagnotta) ed è l’agente che cooptò nella guerra di bassa intensità anche alcuni criminali nazisti come Karl Hass (con cui Longo si fa fotografare insieme in un matrimonio). Gli “uomini neri” cioè gli autori delle stragi non erano più di venticinque/trenta persone organizzati su cinque cellule collocate una a Milano e quattro nel Nordest.

L’inchiesta del giudice Salvini ha portato alla luce tutto o gran parte di quello che c’era da sapere dietro e dopo la strage di Piazza Fontana sul piano giudiziario. Ma la sentenza del 2005 per un verso e la complice inerzia della politica (inclusi i partiti della sinistra eredi del PCI) dall’altro, hanno scientemente perseguito l’obiettivo di lasciare impunita la strage di Stato e di depistare l’attenzione su mille piste diverse che hanno confuso quella giusta. Le audizioni del giudice Salvini davanti alla Commissione parlamentare d’Inchiesta sulle stragi, invocavano proprio questo pericolo e questa necessità. Sul piano giudiziario si era avanti al massimo delle possibilità di ricostruzione con nomi, cognomi, dettagli, ma molti testimoni chiave nel frattempo erano morti. Toccava dunque alla politica trarre conclusioni che la verità giudiziaria non poteva affermare. Ma la verità sui mandanti era scomoda per il potere democristiano ma anche per l’opposizione che scelse il compromesso storico con la DC e la subalternità agli USA e alla NATO. Quando nel primo governo Prodi (1996-2001) ci fu la possibilità di fare chiarezza (il Ministro degli Interni era l’attuale presidente della Repubblica, Napolitano) prevalse invece la decisione di lasciare la verità seppellita negli archivi e in sentenze assolutorie. Di questo occorre essere consapevoli e da questo occorre partire per una battaglia di verità storica e politica sulla strage di Stato che non deve e non può fare sconti a nessuno.

E’ per questo motivo che ci riesce difficile rimanere indifferenti di fronte alle polemiche e ai fatti ai quali stiamo assistendo in questi mesi relativamente all’inchiesta in corso sulla trattativa tra Stato e mafia dopo le stragi del ’92 e ’93. Da essi emerge ancora una volta la naturalità con cui gli apparati della “ragion di Stato” non esitano a praticare il lavoro sporco per ottenerne dei risultati sul piano della stabilità. E a finire nei guai (o peggio) sono i magistrati che cercano di svelare queste pratiche, magistrati che vengono stoppati, isolati e talvolta tolti di mezzo dalla supremazia degli interessi dello Stato. La politica se ne rende complice e, pagando qui e lì qualche prezzo in termini di credibilità, non produce alcuno scostamento, al contrario contribuisce a eliminare i recalcitranti.

Picciotti o neofascisti, stragi, agenti dei servizi segreti e dei carabinieri a fare da tramite o copertura, ragion di Stato come mission strategica, fanno si che gli eventi di oggi rendano più nitidi anche quelli di ieri, strage di Piazza Fontana inclusa.
Se negli anni della “guerra a bassa intensità” (la stagione delle stragi) i fascisti sono stati usati come manovalanza dagli apparati dello stato e dai servizi statunitensi in funzione anticomunista, i fascisti del “terzo millennio” come amano definirsi, sembrano aver assunto un ruolo di “cerniera” tra il lavoro sporco legale e il lavoro sporco illegale. I fascisti che diventano tutti “pazzi” solo dopo aver messo una bomba al Manifesto o aver ucciso due immigrati senegalesi a Firenze.

Il ruolo dei fascisti oggi
Quello dei fascisti è un ruolo finalizzato rendere disponibile manovalanza per un movimento reazionario di massa da utilizzare nella crisi in corso per sostenere una parte della borghesia (quella più arretrata e marginalizzata espressa dal blocco berlusconiano) – magari invocando una innaturale alleanza con settori popolari – contro un’altra parte (quella più internazionalizzata e integrata con il nucleo duro europeo espressa da Monti) e contro le organizzazioni dei lavoratori e della sinistra che fanno da tappo alle opzioni reazionarie e xenofobe. “Per noi Berlusconi ha avuto un ruolo strumentale. Scherzando – ma neanche troppo – un giorno spiegai ad un ex Pci, deputato alla Camera, che per noi Berlusconi è la dittatura del proletariato, quella situazione teoricamente non auspicabile ma necessaria come passaggio, come momento di transizione, per arrivare “all’anno zero” ha dichiarato il caporione fascista Marcello De Angelis agli autori del libro “I ripuliti”.
Altri fascisti si sono invece ricollocati a ridosso degli ambiti istituzionali della destra, ottenendone però la copertura politica e cospicui finanziamenti. Con questi soldi hanno aperto sedi e circoli in tutto il paese, ma soprattutto hanno potuto assicurare un reddito a decine di persone a tempo pieno con i quali riempire l’agenda politica con le loro iniziative “esemplari”. 
Il fenomeno più emblematico è quello dei nietzsciani di destra di Casa Pound (definiti appropriatamente Cassa Pound) che hanno teorizzato e saputo praticare con una certa efficacia questo collateralismo economico ed istituzionale affiancandolo ad una estetica del gesto molto dannunziana.
Ma se i business-squadristi di Casa Pound tengono a segnare la loro discontinuità con l’attivismo neofascista dei decenni precedenti (che ci riescano è un altro conto), organizzazioni fasciste più tradizionali come Forza Nuova si muovono invece in piena continuità. Forza Nuova dispone di ingenti risorse economiche (sul tesoretto di Fiore & c. esiste una montagna di pubblicazioni) e questo la pone come “primus inter pares” nelle iniziative di “area” (come viene definito il milieu neofascista attivo) e nutre ambizioni politiche a livello nazionale ed europeo. La destra istituzionale “coccola” continuamente Fn come bacino elettorale e spesso gli affida il lavoro sporco nei territori e nei quartieri popolari.
C’è poi un’altra componente della destra neofascista che compete con le altre due e ambisce a rappresentare la continuità con il Msi di Almirante. E’  La Destra di Storace e Bontempo che conducono una campagna di logoramento sui fianchi degli ex An transitati nel PdL, sono sempre stati nel “cuore” di Berlusconi e non nascondono di voler diventare il perno di un movimento reazionario di massa che possa approfittare delle conseguenze sociali della crisi economica per indicare soluzioni reazionarie di fronte allo strapotere delle banche, delle istituzioni europee e dei governi tecnici. “Nella coalizione di centrodestra non saremo sudditi di nessuno, e le alleanze che eventualmente ci saranno, serviranno per fare una politica di destra, sociale, per l’Italia” ha tuonato Storace in occasione di una manifestazione de La Destra sui temi della crisi, delle banche e del governo Monti.
I fascisti, in tutte le loro espressioni, aspirano a sentirsi protagonisti di se stessi ma sono ancora manovalanza, come lo sono stati nei decenni precedenti. I poteri forti gli hanno fatto ponti d’oro in un alcune fasi e li hanno scaricati in altre. Oggi possono tornare utili alla parte peggiore di questo paese, un’ottima ragione per impedirgli di crescere e rafforzarsi.

Parlare della strage di Piazza Fontana quarantatre anni dopo, impone a tutti il senso di questa complessità e dell’intreccio tra storia, conflitto di classe e controrivoluzione reazionaria nelle vicende recenti del nostro paese, la “guerra di bassa intensità” appunto, come l’abbiamo definita in una nostra pubblicazione. Per questo la Strage di Stato non dovrà e non potrà mai essere condannata all’oblìo.
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Qui di seguito trovate i link di quattro capitoli della pubblicazione di Contropiano:
“Piazza Fontana. Una strage lunga quaranta anni”

– Italia. Una storia rovesciata
(https://www.contropiano.org/it/cultura/item/5676)
– Una strage lunga quarant’anni
(https://www.contropiano.org/it/cultura/item/5739)
– Gli “uomini neri” nell’Italia delle stragi
(https://www.contropiano.org/it/cultura/item/5785)
– La sinistra contro la strategia delle stragi
(https://www.contropiano.org/it/cultura/item/5837)


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