Menu

Potere al Popolo. Perché non siamo all’incontro di De Magistris

Oggi non saremo a Roma al Teatro Italia alla presentazione del movimento di De Magistris. Siccome in molti ci hanno chiesto il perché, e siccome avevamo scritto qualche giorno fa che ci saremmo stati, ci sembra giusto scrivere queste righe per spiegare cos’è cambiato.

La settimana scorsa avevamo ricevuto, sulla mail personale della nostra portavoce Viola Carofalo, un invito a intervenire, e con piacere avevamo accettato. Innanzitutto perché siamo aperti al confronto con tutti quelli che davvero vogliono cambiare le cose, poi perché abbiamo tante idee e pratiche da condividere e infine perché stimiamo il Sindaco di Napoli che ha dimostrato in più occasioni onestà e coraggio.

Purtroppo abbiamo saputo due giorni fa dagli organizzatori dell’evento che l’incontro si sarebbe svolto nel seguente modo: 23 interventi già fissati di 5 minuti, nessun intervento “politico” ma solo di “esperienze sociali”. Noi avremmo potuto intervenire una volta, ma non presentandoci come Potere al Popolo!, non facendo parlare un napoletano (!), e non parlando come realtà politica, ma solo raccontando qualche lotta in cui siamo impegnati come singoli militanti. I soli soggetti politici titolati a parlare sarebbero stati il coordinatore di DEMA all’inizio e De Magistris alla fine.

Morale della favola: Viola, anche se ha militato per 20 anni nei centri sociali, non poteva parlare in quanto Ka$taaaaa; anzi proprio Potere al Popolo! non poteva parlare. Anche se non è un partito, ma un movimento esattamente come DEMA. Anche se siamo nati da solo un anno proprio come movimento sociale imperniato intorno alle Case del Popolo. Siamo stati considerati, da un soggetto politico che peraltro è al governo di una grande città, identici a chi è stato nel centrosinistra e solo fino pochi mesi fa era candidato con D’Alema e soci…

Ma c’è di più. Visto che ai precedenti incontri organizzati da De Magistris erano intervenuti tutti i partiti da Sinistra Italiana a Rifondazione, passando per formazioni minori, visto che Sinistra Italiana risultava persino organizzatrice dell’iniziativa su FB, non potevamo non chiederci: ma che fine hanno fatto questi?

Dopo poco si è svelato l’arcano: i partiti c’erano. Non sarebbero intervenuti i leader, che fanno tanto “sfigati della sinistra”, ma membri significativi di quei partiti nella veste di attivisti sociali. Di modo che il racconto della giornata avrebbe potuto essere: “ci siamo raccolti dal basso, siamo una coalizione civica, i cattivi partiti non ci sono, questa non è Rivoluzione Civile o l’Altra Europa 2”…

Ora, a sinistra negli ultimi anni si son viste tante cose strane, eh. Ma una cosa così non l’avevamo ancora sentita. Certo, sarebbe stato divertente giocare a “trova l’intruso” e passare la mattinata in teatro a scoprire chi dei relatori ha una o più tessere in tasca, ma il tempo della vita è breve e preferiamo declinare. Capiamo che i vecchi partiti della sinistra si aggrappino a tutto perché per esistere devono eleggere e oggi De Magistris sembra un buon cavallo, ma a tutto c’è un limite… Com’è possibile che migliaia di militanti di quei partiti si trovino trascinati ancora una volta in un nuovo cartello senza che nessuno li interpelli?

Da un anno noi stiamo provando a “fare tutto al contrario”: partire non da appelli vaghi, leaderismi, candidature, ma dalle assemblee territoriali, dal lavoro a contatto con il blocco sociale, da processi democratici, da un programma chiaro e radicale. L’unità è certo un valore, ma non si fa cucendo un vestito da Arlecchino, dove sta insieme tutto e il contrario di tutto. L’unità si deve fare innanzitutto con il nostro blocco sociale, su questioni concrete, su contenuti chiari: deve servire alle persone per essere più forti, non a residuali gruppi dirigenti per sopravvivere. 

Avremmo detto questo se fossimo intervenuti: che bisogna rompere con le modalità della vecchia sinistra, per la quale per cambiare questa situazione basterebbe mettersi tutti insieme, avere un “uomo della provvidenza” o un marketing più allettante. No: per il disastro che è stato prodotto negli ultimi trent’anni, bisogna ricominciare rendendosi credibili nelle lotte, coerenti nelle posizioni. Non esistono scorciatoie. Bisogna lavorare capillarmente, trasformare la mentalità delle persone con gesti concreti. Bisogna anche iniziare a far apparire un orizzonte diverso dal presente, mostrare che le singole lotte non possono fare a meno di proporre un’altra idea di società, in cui un potere popolare controlli mercato e profitto, riavviando la marcia verso il superamento del capitalismo. In passato si è riusciti a cambiare il mondo proprio perché non si ha avuto paura di ribaltarlo. Se invece la sinistra educa alla rassegnazione, all’adattamento, al meno peggio, si rivela inutile e destinata a sparire.  

Avremmo anche detto che bisogna dire basta alla falsa alternativa tra l’europeismo liberista della sinistra e il nazionalismo liberista della destra. L’Unione Europea con i suoi trattati e il suo sistema di poteri e regole è l’inevitabile avversario di ogni progetto di eguaglianza sociale e di ritorno al controllo democratico sul mercato e sulla finanza. I trattati europei sono stati costruiti su principi che sono in totale contrasto con i valori della Costituzione del 1948. Il popolo italiano non ha mai votato su quei trattati. Ci vogliono imprigionare nella falsa dicotomia europeisti vs anti-europeisti, ma la verità è che c’è un’unica Unione Europea che fa le stesse politiche sociali contro i lavoratori, i migranti, i servizi pubblici, fa le stesse guerre e speculazioni, e si divide solo su come si spartisce il bottino. Non esiste alcuna possibilità di costruire un’alternativa popolare stando dentro i vincoli liberisti dei trattati UE o di quelli guerrafondai della NATO. Si può e si deve discutere sul come, ma non più se rompere o meno con i trattati. L’unità dei popoli europei può avvenire solo su basi completamente diverse da quelle che finora ci sono state imposte.

È di come fare tutto questo che stiamo discutendo nelle nostre assemblee territoriali. Fra un mese finiremo questa discussione, miglioreremo il nostro programma, e le proposte emerse nel dibattito saranno messe in votazione sulla piattaforma su cui tutti gli iscritti potranno votare e scegliere cosa dovrà fare Potere al Popolo! alle prossime elezioni europee.

Speriamo che su questi temi ci sarà modo di parlare anche con chi oggi era al Teatro Italia sinceramente preoccupato della situazione e motivato a cambiarla. Noi siamo aperti al confronto con chiunque, perché ci interessa essere creativi, sperimentare strade nuove, e non chiuderci nelle vecchie liturgie.

Nel frattempo invitiamo tutte e tutti sia a partecipare al lavoro di base nelle nostre Case del Popolo, per mostrare concretamente che c’è un altro modo di fare politica, sia a scendere in piazza l’8 dicembre, innanzitutto a Torino, per reagire a quella vergogna, a quel coacervo di interessi speculativi, mafie, politicume chiamato SI TAV, ma anche in Salento per dire No alla TAP, in Sicilia per dire No al MUOS, alle opere inutili e alla devastazione ambientale.

Inoltre, invitiamo tutte e tutti il 15 dicembre a Roma, per la manifestazione “Get up, stand up”, che vedrà protagonisti migranti, braccianti, lavoratori italiani e stranieri insieme. Le elezioni in fondo non fanno che fotografare rapporti di forza reali. Crediamo che una grande piazza in cui si tocchi con mano l’unità degli sfruttati sia il miglior viatico per combattere l’Unione Europea non solo di Orban e Salvini, ma anche di Merkel, Juncker e Macron.

*****

Qui di seguito i “cinque punti” su cui Potere al Popolo ha avviato la discussione tra gli attivisti e su cui, naturalmente, si confronta con chiunque.

CINQUE PUNTI PER LA DISCUSSIONE SULL’EUROPA E SULLE ELEZIONI EUROPEE

Si avvicinano le elezioni europee e, come per il cambio d’abito con il cambiamento di stagione, nei partiti di una sempre più ristretta sinistra radicale italiana, prima si realizzano le solite scissioni e poi ci si prepara ad indossare il vestito dell’unità.

L’unità nasce da un sacrosanto bisogno di unione degli oppressi contro il potere,  necessità che sta nel nucleo della nostra storia: proletari di tutto il mondo unitevi. Ogni lotta ha bisogno di unione e cerca di costruirla, ma questo bisogno vitale di unità nulla ha a che vedere con l’uso che ne fanno alcuni ceti politici per giustificare sé stessi.

Periodicamente si annuncia che questo vestito unitario sarà nuovo, di fattura completamente diversa da quelli dismessi ed abbandonati nelle stagioni precedenti, che avrà un nuovo nome ed un nuovo sarto. In questo tornante elettorale il sarto dovrebbe essere Luigi De Magistris, che in effetti ha delle buone credenziali: è persona onesta e combattiva ed ha una storia di successi elettorali comunali  che potrebbero diventare risultati utili alle elezioni europee. 

Noi abbiamo sostenuto De Magistris nella sua esperienza e nei suoi duri conflitti per guidare l’amministrazione di Napoli verso strade completamente diverse dal passato, soprattutto quando fu momentaneamente destituito da una manovra simile a quella che oggi colpisce il sindaco di Riace. Una manovra che egli seppe sconfiggere facendo con determinazione ed umiltà il sindaco di strada. Se la memoria non ci tradisce allora non erano in tanti a sostenerlo nei momenti più difficili e noi siamo stati con il sindaco. Per questo ci sentiamo oggi in dovere di essere franchi con lui.

Se Luigi De Magistris farà solo il confezionatore del vestito nuovo della vecchia sinistra, fallirà come sono falliti i cambi d’abito precedenti. Vorremmo evitare che ciò avvenisse, perché ad ogni progetto di unità della sinistra che finisce male la credibilità e la forza di tutto il nostro mondo si riduce. Ci sentiamo per questo in dovere di affermare quelli che, secondo noi,  dovrebbero essere i fondamenti affinché la battaglia elettorale delle europee non finisca come tutte le altre che l’hanno preceduta.

  1. Rompere con il tradimento della sinistra.

L’Italia è  stato il paese con la più grande sinistra dell’Europa Occidentale ed ora è il paese con la sinistra più debole.  Milioni di operai, disoccupati, poveri e sfruttati hanno deciso di abbandonare il campo politico/elettorale della sinistra per affidare le loro aspettative ai Cinque Stelle e alla Lega. La ragione é solo una e va affermata in tutta la sua immediata brutalità: la sinistra ha tradito chi doveva rappresentare, ha abbandonato la sua storia e cultura, per scegliere le privatizzazioni, la priorità delle imprese, il profitto. Oggi se in una fabbrica o in una periferia ci si qualifica come sinistra ci si sente accusare di essere i colpevoli del Jobs Act, della legge Fornero, delle privatizzazioni. La vecchia destra reazionaria e fascista, che è una delle anime profonde del paese, ha sfruttato fino in fondo questo tradimento sociale della sinistra, trasformandolo in occasione di rivincita storica. Il ritorno di forze e valori reazionari, oggi principalmente interpretato dalla Lega di Salvini, non può essere affrontato da una sinistra che ha abbandonato il campo della eguaglianza sociale nel nome del libero mercato e della intoccabilità dei vincoli europei. Se si resta in questo campo la destra continuerà a presentarsi come forza di popolo contro le élites. Anche quando si accorderà con le élites per conservare il potere. 

Anche la sinistra cosiddetta radicale, anche quando riscuoteva un certo consenso, non é stata in grado di contrastare, né tantomeno di costruire un’alternativa, alla deriva neoliberale del PD e del centrosinistra.

Occorre quindi una autocritica complessiva e una rottura aperta, pubblica, dichiarata su ciò che è stata la sinistra in Italia negli ultimi decenni, autocritica che porti a programmi diverse, a diverse pratiche, a una diversa sfida e interlocuzione sociale sulla rappresentanza.

2) No alla falsa alternativa tra europeismo neoliberale e euronazionalismo

L’Unione Europea con i suoi trattati ed il suo sistema di poteri e regole è l’inevitabile avversario di ogni progetto di eguaglianza sociale e di ritorno al controllo dei poteri democratici e pubblici sul mercato e sulla finanza. I trattati europei sono stati costruiti su principi e vincoli liberisti che sono in totale contrasto con i principi e valori della Costituzione del 1948, a partire dall’articolo 3. Le forze reazionarie, razziste non sono affatto una alternativa, seppure barbara, alla UE liberista ma una sua forma di adattamento alla crisi economica. L’Europa fortezza, nemica sia dei popoli del sud che della Russia e della Cina, può tranquillamente continuare le politiche liberiste mentre affonda le barche dei migranti e finanzia la guerra dei  fascisti Ucraini. Anche i governi più reazionari e xenofobi della UE, quelli di Austria e Ungheria, sono stati i più rigidi contro i timidi tentativi del governo  gialloverde di allargare le maglie del Fiscal Compact. Ma anche l’alternativa di un fronte che vada da Macron a Tsipras non cambierebbe la sostanza di un sistema di potere UE che ha come scopo fondamentale la distruzione dello stato sociale e dei diritti  del lavoro. Da un lato una UE nemica dei migranti e dei poveri, dall’altro una UE più amica delle multinazionali e delle guerre NATO, entrambe con le stesse politiche economiche e sociali. Questa è la finta contrapposizione che bisogna combattere e rovesciare. Questo è possibile solo mettendo in campo una alternativa fondata sulla rottura con i vincoli liberisti dei trattati UE, così come con quelli guerrafondai della NATO. Non esiste alcuna possibilità di costruire una alternativa di sinistra sociale e popolare stando dentro questi vincoli. Si può  e si deve discutere sul come, ma non più se rompere o meno con i Trattati europei. Questa è una discriminante di fondo, averla ignorata sta portando al suicidio della sinistra. Questa UE non è riformabile se non in peggio, l’unità dei popoli europei può avvenire solo su basi completamente diverse da quelle disegnate e imposte dai trattati liberisti della UE e fuori dalla NATO, dalle sue politiche di riarmo e guerra.  

3) Noi agiamo per un’altra società 

Non basta più enunciare i singoli provvedimenti che si rivendicano, le ingiustizie che si vogliono combattere. La sinistra popolare, socialista,  comunista ha rotto con la sinistra borghese e liberale più di un secolo e mezzo fa nel nome della critica al capitalismo e della questione sociale. Gli ultimi trenta e più anni di dominio del capitalismo hanno invece  distrutto in Europa grandi  conquiste sociali e frantumato il mondo del lavoro, restaurando il sistema del più brutale sfruttamento ed estendendo tale sfruttamento devastante dalle persone alla natura.

Con questa restaurazione si è affermata anche l’ideologia liberale come unico orizzonte possibile della umanità. Per cui anche le persone sfruttate hanno finito per rassegnarsi, o perfino colpevolizzarsi della, loro condizione. Non ci sono alternative è il motto autoritario che oggi distrugge la democrazia riducendola ad una competizione tra elites che hanno gli stessi programmi economici.

In questo contesto il “riformismo”, inteso come pura sottomissione ai vincoli del sistema dominante, è diventato l’ideologia ufficiale della sinistra europea e della maggioranza delle direzioni sindacali. Eppure mai come oggi é chiaro come anche i piccoli cambiamenti richiedano rotture di sistema. Ogni volta che un movimento o una lotta arrivano a conseguire risultati, il sistema reagisce o isolando quegli stessi risultati, o travolgendoli con la forza della propria immodificabilità.

Le singole rivendicazioni e lotte non possono fare meno di proporre un’altra società, ove un potere pubblico, democratico e sociale controlli e sottometta mercato e profitto, riavviando la marcia verso il superamento del capitalismo, verso il socialismo. Bisogna avere il coraggio di proporre un’alternativa di società alle persone oppresse e sfruttate, istigate e imbrigliate da un scetticismo secondo cui questo é il mondo e tu non ci puoi fare niente. La sinistra è stata capace di cambiare il mondo proprio perché  non ha avuto paura di affermare la propria intenzione di ribaltarlo. Se invece educa alla rassegnazione, all’adattamento, al meno peggio, la sinistra si rivela inutile e per questo scompare.  

4) Riscostruire l’unità sui contenuti per unire le forze

Non si possono semplicemente mettere assieme i residui della sinistra se si vuole costruire una unità utile alle lotte e per il cambiamento sociale. Bisogna avere la consapevolezza che bisogna ricostruire pratiche sociali e punti di vista, bisogna lottare per emanciparsi ed emanciparsi per lottare. La manifestazione per il SI al TAV a Torino, che ha visto un fronte politico che va dal PD all’estrema destra, rivela un fronte sociale corporativo con sindacati complici e imprese, un fronte culturale che va da intellettuali democratici ai teorici della libera impresa e delle Grandi opere. Quel fronte è nostro avversario, allo stesso modo del fronte fondato su legge ordine e xenofobia che si raggruppa attorno Salvini. 

Sono i contenuti che determinano gli schieramenti. È tra i contenuti che bisogna ricostruire l’unità. Oggi una rigorosa  piattaforma di rivendicazioni sociali, popolari, ambientaliste, democratiche è la prima discriminante in politica. E’ diventata una forma di ipocrisia sostenere che non va discusso ciò che è “divisivo”. No, é proprio su ciò che è divisivo che bisogna discutere se si vuole costruire una  unità che serva alle persone  e non soltanto agli equilibri tra i gruppi dirigenti. 

5) Le alleanze elettorali non sono un taxi per arrivare al seggio.

Si possono avere alleanze elettorali tra forze diverse, ma queste non possono avere come unico scopo quello di essere eletti ad ogni costo. I (sempre più scarsi) risultati raggiunti in questo modo, hanno dimostrato di non essere affatto un accumulo delle forze di cui abbiamo necessità per rovesciare il tavolo. Al contrario alleanze basate su questa logica hanno ampiamente dimostrato di essere fallimentari e non solo perché spesso hanno mancato l’obiettivo, ma perché non hanno consolidato nulla dopo il voto. Devono essere sempre i comportamenti reali e i contenuti dei programmi a decidere. 

Per quanto riguarda le elezioni europee, una alleanza elettorale di forze e movimenti che lottano  contro il razzismo, il capitalismo, il patriarcato e la distruzione dell’ambiente dovrebbe rispondere ad alcuni criteri di fondo. A) Essere in chiara opposizione al governo gialloverde, ma anche alternativa al PD e al centrosinistra.

b) Sostenere la posizione sulla Unione Europea del Patto di Lisbona tra diverse forze, in particolare sulla necessità di rompere con i trattati UE, contrastare tutti i diktat liberisti della Commissione Europea, rimettere in campo una alternativa alle istituzioni esistenti come indica l’approccio del “Piano B”. Fare dunque gruppo con le forze di quel patto nel parlamento UE. Da questo approccio derivano gli specifici punti di programma e di conflitto: abolizione del Fiscal Compact e cancellazione dei piani per le Grandi Opere; abrogazione della legge Fornero e progetto europeo di riduzione degli orari di lavoro; reintroduzione dell’articolo 18 e un piano europeo di diritti per il lavoro; controllo sui movimenti di capitali e divieto per le  delocalizzazioni e il dumping fiscale tra gli Stati; nazionalizzazioni in Italia e cancellazione del divieto di aiuti di Stato nella UE; libertà per le politiche di bilancio di ogni Stato e superamento del divieto per la BCE di sostenere gli stati in difficoltà.  Nella sostanza un programma di rottura con l’austerità e i suoi vincoli UE, da realizzare comunque. 

Infine ci vorrà una selezione dei candidati con procedure democratiche dal basso. È necessario che i gruppi dirigenti dei partiti della sinistra radicale e i candidati “a tutte le elezioni” facciano finalmente tutti un passo indietro e si ponga fine alla logica delle persone sole al comando. Ogni eventuale parlamentare dovrà rispondere al vincolo di mandato delle sue elettrici e dei suoi elettori. 

Se su questi punti sarà possibile un confronto aperto e trasparente con De Magistris e altre forze, un confronto che alla fine non produca le solite piattaforme genericamente antiliberiste del tutto inefficaci tra i settori popolari, Potere al Popolo parteciperà al confronto riservando comunque ai propri iscritti il giudizio finale sui risultati.

Se questo non sarà possibile, sarà allora necessario ribadire che  Potere al Popolo ha intrapreso il suo percorso proprio per cercare di costruire, negli obiettivi, nelle pratiche e anche nelle modalità di funzionamento dell’organizzazione, qualcosa di diverso dalle esperienze passate della sinistra radicale italiana. E PaP non metterà in discussione questa scelta di fondo solo per qualche posto in confusi aggregati elettorali. 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

4 Commenti


  • Franco Astengo

    1) E’ necessario che tutti si prenda atto del fatto che la sinistra alternativa in Italia, in questo momento, è in deficit di strutturazione e di capacità di rappresentanza politica e che occorre una nuova soggettività. Alcune ipotesi, come quella di Potere al Popolo e di Dema sono in piedi ma è necessario principiare il discorso senza riserve pregiudiziali. Questo discorso dell’inadeguatezza riguarda in particolare i partiti ancora presenti quale frutto della liquidazione del PCI e del tormento percorso di Rifondazione Comunista;
    2) Serve un più di presenza politica organizzata e non uno scivolamento verso scimmiottamenti “civici” e /o movimentisti, magari alimentati dal punto di vista del quadro delle relazioni politiche dall’uso del web come strumento decisionale;
    3) Di conseguenza al punto due: deve essere evitato ogni accostamento imitatorio rispetto al movimento 5 stelle. Tenendo conto che proprio quel movimento ha finito con l’aprire la strada alla peggiore destra che l’Italia ha conosciuto negli ultimi tristi tempi;Le “tensioni” verso sinistra che sembrano palesarsi in quel movimento debbono essere raccolte in un dialogo che stia dentro ad un progetto di ricostruzione complessiva;
    4) E’ necessaria la rappresentanza del lavoro, quello vero e vivo: il grande negletto di questi tempi e non soltanto la rappresentanza delle contraddizioni post – materialiste;
    5) Sarebbe bene che le forze politiche (penso alle recenti esperienze sia sul versante di LeU, sia su quello di PaP) aprissero tra loro un dibattito aperto non nascondendosi dietro a infingimenti di tipo “civico” o di “rappresentanza delle lotte”. I responsabili politici, negli orgnaisimi dirigenti deve essere espressa la responsabilità di esprimere con chiarezza le posizioni.
    6) Le esperienze passate ci dicono che dimostrare di affidarsi a un eccesso di personalizzazione, addirittura sul piano dell’intestazione della lista, sarebbe del tutto sbagliato;
    7) E’ necessaria una franca discussione intorno alla problematica centrale delle prossime elezioni riguardante i riferimenti europei che l’eventuale lista sarà chiamata ad assumere;

    8)Occorre anche discutere d’identità e del patrimonio storico del movimento operaio italiano.


  • Fabrizio

    De Magistris non e’ mai stato comunista, men che mai anticapitalista…..C’e’ bisogno di aggiungere qualcosa?


  • Nino Ruffa

    Ci sono tante cose che non mi tornano, ma ne indico solo una. E’ completamente sbagliato dire: “la sinistra ha approvato la Fornero e il Jobs Act”. Lo ha fatto la destra e il PD. Bersani, segretario del PD, si è definito liberale non di sinistra.
    Viene affermato: “l’unità si deve fare su questioni concrete, su contenuti chiari”. Chiedo: quando e con chi avete intenzione di confrontarvi? La rappresentanza politica vi interessa o comincerete a pensarci fra qualche anno?


    • Redazione Contropiano

      Il linguaggio è sociale, non dipende cioè dalle definizioni personali, ma da quelle comunemente utilizzate.
      Dunque, pur essendo completamente d’accordo con il definire Bersani e tutto il Pd (prima e dopo Renzi) e tutta LeU (prima e dopo lo scioglimento) come “liberali”, purtroppo nel linguaggio sociale sono definiti “sinistra”. E in questo senso siamo costretti anche noi – in una certa misura – a definire noi stessi in contrapposizione a questa “sinistra”. Non dipende insomma da noi (e da te).
      Se la priorità sono i “contenuti chiari” ne consegue che ci si confronta con chiunque li condivida.
      Se invece chiedi “quando e con chi avete intenzione di confrontarvi?”, si rovescia il discorso e gli interlocutori (o i “contenitori”) vengono prima dei contenuti. E la nostra gente continua a sputarci in faccia.
      La rappresentanza politica la stiamo ricostruendo, con tutte queste fatiche, ma non ci sono scorciatoie. Né “uomini della provvidenza” che possano farci saltare qualche tappa.
      Al contrario, ci sono fenomeni sociali reali – come quello francese – che possono diventare contagiosi. E allora tutto diventa più veloce.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *