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Libri al 41bis, la Consulta avalla il divieto

La costruzione di un sistema carcerario disumano fa un notevole passo avanti. La Corte Costituzionale,ieri, ha ribadito la legittimità del divieto di ricevere e spedire libri per i detenuti sottoposti al 41 bis. Come si dovrebbe ricordare, si tratta di quel regime di "massima sicurezza" che lo Stato riserva a detenuti per reati di associazione mafiosa o per "terrorismo".

La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dal magistrato di sorveglianza di Spoleto, competente territorialmente per il carcere speciale di Terni, in seguito al ricorso di un detenuto.

La norma contenuta nell'art. 41 è una classica scappatoia che consente di annullare tutto il resto di un regolamento che si presenta ancora come "garantista" dei diritti dei detenuti, in quanto viene dato al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria – ossia al ministero – il potere di emanare circolari e direttive che vietano praticamente tutto.

La questione sollevata riguarda soltanto libri e riviste provenienti dall'esterno, inviati da parenti e amici, mentre teoricamente non colpisce il diritto a tenersi informati comprando, attraverso il carcere pubblicazioni di ogni genere. E questa limitazione consente per esempio al parlamentare del Pd Davide Mattiello, componente delle Commissioni Giustizia e Antimafia, di gioire "democraticamente". "La sentenza della Corte è un respiro di sollievo per l'efficacia del 41 bis. Nessuno mette in discussione la possibilità del detenuto anche in regime di 41 bis di leggere e studiare, ma la possibilità che ciò avvenga anche attraverso la possibilità di ricevere dall'esterno o spedire all'esterno libri e riviste. Ma ci immaginiamo a quale mostruoso lavoro sarebbe stata costretta diversamente la Polizia Penitenziaria che avrebbe dovuto garantire che in nessun modo questo via vai di testi potesse contenere messaggi nascosti volti a mantenere in funzione la relazione criminale? Si pensi ai sodali che spediscano al boss detenuto Guerra e Pace".

Come si vede, la motivazione reale è semplicemente quella di scaricare la polizia penitenziaria di un compito ritenuto "gravoso". La libertà di comprare testi e riviste è però a questo punto seriamente limitata, perch{ I libri acquistabile tramite carcere sono soltanto quelli in distribuzione al momento della richiesta. Dunque diventa impreovisamente irreperibile tutto ciò che è stato "reso" dalle librerie alle case editrici o ai distributori.

In secondo luogo, i detenuti più poveri (in genere quelli politici) non potranno avere accesso ai libri già comprati e magari rimandati a casa (c'è ovviamente anche un problema di spazio fisico nelle celle, oltre a limitazioni regolamentari al numero di libri e riviste che è possibile tenere con sè). E quindi un diritto teoricamente mantenuto diventa praticamente inesigibile…

Infine, si potrebbe disquisire a lungo sulla estensibilità a piacere della contestazione del reato di "terrorismo" (ogni paese del mondo, Italia in primo luogo) definisce "terroristi" con una certa facilità I propri oppositori politici. E anche quella di associazione mafiosa, da qualche anno, è diventata parecchio arbitraria. E' notizia di pochi giorni fa, per esempio, che la contestazione di questo reato è caduta per tutti gli imputati al processo di "Mafia Capitale" (da Alemanno a Carminati), fermi restando ovviamente tuti gli altri reati (corruzione, ecc).

Una dimostrazione empirica su come sia allo stesso tempo facile "evocare" determinati reati associativi e molto più complicato dimostrarli in tribunale. Mentre sulla sottrazione di diritti elementari come quello all'istruzione si può procedere d'autorità senza più incappare negli strali della Consulta.

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