Nell’incontro di ieri a Mosca con Vladimir Putin, il presidente serbo Aleksandr Vucic ha discusso con ogni evidenza, oltre ai temi della collaborazione economica, anche dei rapporti di Belgrado con il Kosovo, che continuano a inasprirsi.
Sabato scorso, Vucic aveva messo in assetto di guerra l’esercito e le truppe speciali del Ministero degli interni, in relazione all’arrivo di reparti speciali kosovari, sotto la supervisione di elicotteri e droni NATO-KFOR, nell’area del bacino che serve la centrale idroelettrica “Gazivode”, parte del sistema idroelettrico serbo, e attorno al centro di Zubin-Potok, abitato da una maggioranza serba nel nord del territorio kosovaro. I reparti di Priština dovevano assicurare la protezione del presidente Hashim Thaci, durante la sua veleggiata in barca sul bacino. Nondimeno, Belgrado l’ha considerata una provocazione bella e buona.
Denunciando l’intervento dei reparti speciali di Priština, Vucic aveva sottolineato come questi si fossero mossi con l’aperto beneplacito della NATO, ignorando gli elementari diritti della popolazione serba: “Ancora una volta, nessuno ha chiesto il parere dei serbi. Per loro, i serbi non esistono; o, quantomeno, loro vorrebbero così”, aveva dichiarato Vucic. Nonostante la linea filo-atlantica e proUE della Serbia, Vucic aveva immediatamente espresso la volontà di incontrarsi al più presto con Vladimir Putin, per chiedere il sostegno di Mosca, “in tutte le sedi internazionali”, sulla questione kosovara. Ed ecco che già ieri era a Mosca, anche se il portavoce presidenziale, Dmitrij Peskov, ha tenuto a sottolineare che l’incontro era programmato da mesi.
Vucic ha denunciato “l’ipocrisia dei funzionari UE” sulla questione del Kosovo. Dopo che la responsabile UE per i media, Maija Kotsiancic aveva chiesto moderazione alle parti, Vucic aveva replicato: “Ditemi, signori di Bruxelles, perché dovremmo ancora moderarci? O non siete piuttosto voi che dovete astenervi dall’ipocrisia, se potete”. Dopo aver “espresso sorpresa” per la violazione da parte kosovara di “tutti gli accordi raggiunti”, Vucic ha inviato una protesta al segretario generale della NATO Jens Stoltenberg “in relazione agli atti insolenti di Hashim Thaci e della leadership di Priština”. Proprio in relazione alle mosse della NATO, dopo la mobilitazione kosovara, gruppi di popolazione serba, servendosi di camion piazzati sul percorso, avevano bloccato l’afflusso di truppe NATO verso nord e il confine serbo, sulla direttrice Mitrovitsa-Ribaric.
L’occidente non permetterà al Cremlino di sostenere la Serbia, titolava ieri Aleksej Polubota su Svobodnaja Pressa. Il politologo Aleksandr Šatilov ritiene che, al di là di qualche dichiarazione di appoggio a Belgrado, anche eventuali forniture militari russe potrebbero ben poco aumentare la capacità serba di contrapporsi alla NATO; oltretutto, afferma Šatilov, dopo l’aggressione NATO del 1999, Belgrado stessa difficilmente si deciderebbe a ricorrere alla forza contro Priština, anche nel caso di altre provocazioni come quella recente: troppo forte la vocazione filo-NATO e filo-UE di Vucic. Dopo Miloševic, nessun leader serbo si è preso cura, se non a parole, dei serbi del Kosovo e la NATO, continua Šatilov, ha più volte fatto intendere a Belgrado che sarà punita, nel caso tenti di difendere i propri connazionali con la forza. Anche l’ipotesi di fornire S-300 e S-400 a Belgrado, sicuramente sarebbe osteggiata dallo stesso Montenegro, un tempo unito alla Serbia e oggi membro della NATO.
Oltretutto, osserva il politologo Mikhail Aleksandrov, la leadership serba, compreso Miloševic, non è mai stata ferma nell’ipotesi di stabilire un’alleanza militare con Mosca o di entrare nell’Unione Euroasiatica: in caso contrario, avrebbero potuto forse evitarsi i bombardamenti NATO e la separazione del Montenegro e Mosca avrebbe dislocato in Serbia una forte base militare. Oggi, conclude Aleksandrov, un’alleanza militare con Belgrado potrebbe non essere così vantaggiosa per Mosca, dato l’accerchiamento NATO della Serbia. Al massimo, nel caso la NATO si avventuri in azioni nel nord del Kosovo, si potrebbe difendere il territorio serbo coi missili “Kalibr”, dislocati a bordo delle navi sul mar Nero, che coprono l’intero territorio europeo. Ma, ancora una volta: si deciderà Vucic a proporre un’alleanza militare a Mosca?
Al momento, sembra che la tensione si sia “allentata”, pur se il problema dei rapporti Belgrado-Priština è più che mai attuale e l’aperto sostegno UE e NATO alla “indipendenza” del Kosovo, insieme alla presenza permanente, qui, di truppe atlantiche, continua a testimoniare, non fosss’altro, del doppio standard adottato da Bruxelles nelle questioni di “indipendenza referendaria”.
Tra gli altri paesi che non riconoscono l’indipendenza del Kosovo, oltre ovviamente alla Serbia, ci sono Russia, Cina, Israele, Iran, Spagna, Grecia.
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