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Eurogruppo diviso, Unione Europea in bilico

L’Eurogruppo ha certificato che non esiste alcuna “unità solidale” tra i Paesi aderenti all’Unione Europea. Sedici ore di discussione – prima tra gli sherpa, che dovevano “cucinare” le proposte in modo che i ministri economici potessero confrontarsi su una base chiara – non hanno portato ad alcun risultato. La discussione riprende domani, giovedì 9, sempre per via telematica.

Ma neanche questa condizione abnorme – alcuni degli uomini più potenti d’Europa costretti a parlarsi come i normali cittadini (come facciamo tutti noi su piattaforme simil-Skype, anche se in alta definizione e altissima protezione) – ha smosso di un millimetro posizioni di rendita cui nessuno vuole rinunciare. Men che mai i Paesi del “grande Nord austero”, giustamente soprannominati di recente l’”osso tedesco” (il matrimonio di fatto tra Germania, Austria e Olanda).

Neanche la pandemia è uguale per tutti, sul terreno economico. E qualcuno che è entrato in questo tunnel in condizioni migliori di altri pensa di poterne sfruttare le “opportunità” per una razzia corsara al termine della notte, contando sul fatto che loro saranno molto indeboliti, ma gli altri – l’Italia e i Paesi mediterranei in genere – nella bara. O credete che sia un caso che il governo italico più “europeista” – quello attuale – abbia scoperto la necessità di imporre la golden share per le aziende in una lunga serie di “comparti strategici”)?

Persino il consueto aplomb dei giornali economici “europeisti” è venuto meno, costringendo per esempio IlSole24Ore a titolare polemicamente “l’Olanda ferma l’Eurogruppo sul Mes”, a un passo da “anche le formiche nel loro piccolo…”.

La ricostruzione è ovviamente ipotetica per tutti, visto che nessuno – tranne i ministri e i relativi staff (gli sherpa, appunto) – ha potuto assistere alla riunione infinita e tantomeno leggere un testo che non c’è, causa il mancato accordo.

Quel che sembra comunque pacificamente ammesso è la conferma dell’atteggiamento dei dieci Paesi, tra cui l’Italia, che avevano inviato una lettera in cui chiedono l’istituzione di “coronabond”, ossia titoli di debito europei garantiti da tutti i Paesi dell’Unione.

In realtà questa proposta è già sbiadita – per iniziativa di Macron, che punta chiaramente ad assumere un ruolo di “cerniera”, senza rompere lo storico legame con la Germania – in un più generico “fondo per la ripresa”, condiviso una tantum.

Dal lato opposto della barricata, i tedeschi hanno come al solito lasciato all’Olanda il compito di fare il “poliziotto cattivo”, mostrandosi più disponibili e quasi dispiaciuti per la mancata condivisione di una proposta di compromesso. Ma sembra davvero poco credibile che l’Olanda da sola possa bloccare un Continente di 500 milioni di abitanti e con un Pil (ante-covid) al livello degli Usa.

Al tavolo, oltre questa proposta che “non passerà mai” (come aveva del resto anticipato Paolo Gentiloni, ora Commissario europeo agli affari economici), ce n’erano altre tre. Quella preferita dall’”osso tedesco” resta naturalmente il Meccanismo Europeo di Stabilità, con le sue condizioni-capestro di cui ha fatto esperienza, fin qui, soltanto la Grecia (di cui non si ha più notizia da tempo, quasi passata a miglior vita…).

Al massimo della “generosità”, gli olandesi si sarebbero detti disposti ad attenuarne la durezza solo per quanto riguarda la spesa sanitaria eccezionale da affrontare nell’immediato. Il ministro delle Finanze olandese Wopke Hoekstra lo ha ammesso pubblicamente via Twitter: «A causa dell’attuale crisi, dobbiamo fare un’eccezione e il Mes può essere utilizzato senza condizioni per coprire i costi medici. Quanto al sostegno economico a lungo termine, riteniamo ragionevole associare l’uso del Mes con determinate condizioni economiche».

Condizioni-capestro a parte, il Mes è assolutamente inadeguato – per dimensione dei fondi – rispetto alla crisi attuale. Dispone infatti di appena 410 miliardi per tutti i Paesi aderenti, e questi possono attingere a prestiti solo per l’equivalente del 2% del Pil. Per l’Italia, insomma, appena 35 miliardi – a fronte di una manovra da 400, teorici – e in cambio della consegna delle chiavi del bilancio statale per i prossimi anni.

No, grazie” è a quel punto venuto in mente anche a Giuseppe Conte e al ministro dell’economia Gualtieri, peraltro ex funzionario di alto livello della stessa Ue.

Le altre due “gambe” sono forse meno scalcianti del Mes, ma altrettanto rachitiche. Il cosiddetto fondo Sure, proposto dal presidente della Commissione, la tedesca, Ursula von der Leyen per coprire i sussidi di disoccupazione o la cassa integrazione dei lavoratori che stanno perdendo o perderanno il posto, è “venduto” mediaticamente come un fondo “da 100 miliardi”.

Ma andando a guardarlo da vicino si scopre che in realtà i miliardi sono solo 10 l’anno. E per tutta l’Europa…

Per avere un’idea, bastano appena per un mese, considerando una platea di beneficiari – molto ottimistica – di 10 milioni di lavoratori a spasso.

Resta la Bei, ossia la Banca Europea degli Investimenti, che promette di far arrivare – volendo – 200 miliardi alle piccole e medie imprese, ovviamente a tassi molto agevolati (zero interessi, come quelli della Bce per le banche). Ma anche qui la cifra dovrebbe bastare per tutta l’Europa, il che fa sinceramente ridere (solo l’Italia ha appena “programmato” un cifra del genere, per cominciare…).

Insomma, spremendosi le meningi, i ministri economici dell’Eurogruppo avrebbero messo in campo ipotesi per 500 miliardi, scaglionati su più anni, mentre le prime stime fatte dagli economisti andavano dai 1.500 in su. E soprattutto – che è la questione politicamente più rilevante – senza alcuna condivisione comunitaria. Ognun per sé, e se ti servono più soldi accetti le mie condizioni e ti ipoteco il futuro.

Domani proveranno ad evitare la spaccatura ufficiale dell’Unione Europea, questo è certo. Ma la strada per arrivare a quel risultato – nulla è impossibile, quando bisogna “cucinare le parole” per stendere un documento – passa per lo svuotamento degli strumenti operativi. In altri termini, il “compromesso” che sarà raggiunto dovrà comportare un costo minimo per chi non vuole impegnarsi neanche un po’.

Poi c’è il problema di “farlo capire al coronavirus” e al tracollo economico del Vecchio Continente… Perché non è praticamente possibile che una soluzione condivisa tra interessi materiali diversi possa essere anche una soluzione efficace.

La Ue non si dividerà in tre domani, forse, ma le crepe saranno più visibili di quanto non fossero fino a un mese fa. E questa crisi è ancora solo agli inizi…

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