Il Centre Delàs per la Pau è un centro di studi catalano che dal 1999 si occupa di riarmo, difesa, sicurezza e di tutto il vasto tema dei conflitti armati. Assieme a Transform Europe, Attac España e Attac Italia tra gli altri, è uno dei soggetti promotori della campagna Stop Rearm Europe, volta a contrastare la deriva militarista intrapresa dai governi dell’Unione Europea, sia conservatori che sedicenti progressisti.
Recentemente ha pubblicato un’inchiesta, significativamente intitolata Benefici collaterali1, che dimostra come il commercio d’armi tra la Spagna e Israele si sia mantenuto fiorente sia dopo il 7 ottobre che dopo il riconoscimento dello stato palestinese, promosso con enfasi da Pedro Sánchez l’anno scorso.
Sulla base dei dati raccolti, i redattori dell’inchiesta affermano che “mai come adesso tante imprese spagnole o stabilite in Spagna hanno sviluppato così tanti progetti insieme ad imprese israeliane e mai come adesso la industria israeliana si è aggiudicata così tanti contratti del Ministero della Difesa spagnolo, sia in quantità (numero di contratti) che in volume d’affari”.
Tra il 7 ottobre e il febbraio 2025 la Spagna ha importato da Israele armi e munizioni per un valore pari a 37,6 milioni di euro: l’ultimo trimestre del 2023 registra un picco di importazioni tanto da far affermare ai ricercatori che “mai la Spagna aveva importato così tanto come dopo il 7 ottobre”.
L’importanza di queste importazioni sta nel fatto che si traducono in un vero e proprio finanziamento dell’occupazione israeliana e delle costose operazioni militari condotte dall’IDF a Gaza e in Cisgiordania. In altre parole, al netto del riconoscimento formale dello stato palestinese, il governo del PSOE ha continuato a fornire ossigeno al progetto genocida del sionismo.
Scrivono i ricercatori del Centre Delàs: “a partire dal 7 ottobre 2023, le imprese di difesa e sicurezza israeliane, le loro filiali o imprese terze collegate a prodotti israeliani, si sono aggiudicate almeno 46 contratti dalle istituzioni spagnole, per un valore di più di 1 miliardo e 44 milioni di euro”.
Il grosso di questi contratti ha beneficiato due grandi imprese israeliane: Elbit System e Rafael. Elbit, la prima industria d’armamenti israeliana, è la principale fornitrice sia di droni che di tutto l’equipaggiamento di terra dell’IDF, pubblicizzato apertamente con lo slogan “provato in combattimento”.
Tra i suoi prodotti spicca il mortaio Cardom, dotato del proiettile guidato Iron Sting, sperimentato sul campo per la prima volta a Gaza nell’ottobre 2023. L’esercito spagnolo acquista da Elbit proprio il mortaio Cardom, oltre a lanciarazzi, camere termiche, radio e sistemi di puntamento laser.
Rafael è la seconda impresa israeliana di armamenti, di proprietà dell’IDF, e rifornisce l’esercito spagnolo, sia direttamente che attraverso le proprie filiali, del sistema di puntamento laser POD per il combattimento aereo, del missile Spike LR2 e di altro materiale relativo alla sicurezza.
La cooperazione tra l’industria di armamenti spagnola e quella israeliana, sostiene lo studio, è in crescita proprio dopo il 7 ottobre. I contratti più importanti stipulati tra le imprese spagnole e quelle israeliane riguardano il veicolo blindato Dragon, sviluppato delle spagnole Escribano M&E, Indra, Santa Barbara Sistemas, Sapa Placencia e le israeliane Plasan, Elbit, e Rafael; il sistema di lanciarazzi SILAM, sviluppato da Escribano M&E, Elbit e la tedesca Rheinmetall Expal; il missile anticarro Spike, costruito da un consorzio formato da Escribano, Tecnobit, FMG, Expal e Pap Tecnos (la filiale spagnola di Rafael).
Due accordi commerciali in particolare hanno indignato una vasta area dell’opinione pubblica: il 3 0ttobre 2023 il consiglio dei ministri spagnolo ha autorizzato l’acquisto di 1680 missili Spike di quinta generazione e il relativo contratto “è stato formalizzato il 22 novembre, mentre Rafael testava nella striscia di Gaza i nuovi missili Spike di sesta generazione”.
Qualche giorno fa, il ministero della Difesa spagnolo ha annunciato la sostituzione della tecnologia e delle imprese israeliane coinvolte nella produzione degli Spike e del lanciarazzi SILAM. Altrettanto controversa la vicenda dell’acquisto da parte del Ministero della Difesa spagnolo di più di 15 milioni di proiettili destinati alla Guardia Cívil (per un importo di 6,6 milioni di euro) fabbricati dalla israeliana Elbit.
In seguito alla pubblicazione della notizia alla fine di aprile, Izquierda Unida ha minacciato l’uscita dal governo, costringendo Pedro Sánchez a fare marcia indietro e a rescindere il contratto. Ma la disconnessione dall’industria e dalla tecnologia militare israeliana è ancora lontana. Basti pensare al programma spia Pegasus, prodotto dalla israeliana NSO e destinato esclusivamente agli apparati di intelligence degli stati, con il quale si sono infettati negli ultimi anni numerosi telefoni cellulari riconducibili sia all’esquerra independentista e anticapitalista che all’izquierda abertzale.
Tornando ai dati diffusi dal Centre Delàs, nel primo semestre del 2023 le esportazioni spagnole di materiale bellico in Israele ammontano a una cifra modesta (713.397 euro) che però si moltiplica vertiginosamente in contemporanea all’invasione di Gaza fino a raggiungere i 47.986.423 euro nel secondo semestre dello stesso anno.
Nonostante le assicurazioni del governo spagnolo, secondo il quale dopo il 7 ottobre la Spagna avrebbe smesso di fornire armi ad Israele, questo divieto è stato variamente aggirato: nel novembre 2023 l’impresa Nammo Palencia, filiale spagnola della norvegese Nammo, ha esportato in Israele munizioni per un valore di 987.000 euro.
La multinazionale norvegese si fa beffe del divieto di vendere armi a Israele, imposto dalla propria legislazione nazionale, inviandole da Palencia (Castiglia e Leon). Secondo i dati della Segreteria dello stato per il Commercio, le esportazioni di materiale bellico spagnolo in Israele registrano una significativa battuta d’arresto (1.255.384 euro) nel primo semestre del 2024, dovuta al forte movimento di solidarietà con il popolo palestinese che già all’indomani del 7 ottobre si sviluppa in ampie frange della società spagnola.
Ciononostante, secondo i dati pubblicati dal governo israeliano, citati nello studio del Centre Delàs, tra il 7 ottobre 2023 e il marzo 2025 la Spagna ha continuato a fornire armi e munizioni all’entità sionista per un valore di 5,3 milioni di euro.
A parere del governo spagnolo, il grosso di queste esportazioni si riferisce a veicoli blindati di terra inviati in Israele ma con destinazione finale le Filippine. In ogni caso, l’opinione dei ricercatori del Centre Delàs è che i dati ufficiali consentono una certa opacità: per esempio nella voce relativa ai veicoli di terra sono infatti comprese anche armi e munizioni; i sistemi ottici di tiro non sono contabilizzati se non accompagnano le armi sulle quali vengono montati… Ed è quantomeno curioso che la crescita delle esportazioni di armi in Israele registrata nel secondo semestre del 2023 avvenga proprio nel pieno delle operazioni scatenate dall’IDF a Gaza.
L’opacità è rafforzata anche dalla scelta oculata del momento della pubblicazione dei dati: attesa tra il giugno e il dicembre 2024, la loro diffusione è slittata fino al 21 marzo 2025. Il governo non ha rivelato il motivo di questo ritardo.
Quello che è certo e che rispettare il calendario abituale avrebbe significato pubblicare le cifre del commercio d’armi con Israele proprio nei giorni successivi all’annuncio di Pedro Sánchez sul riconoscimento dello stato palestinese (28 maggio 2024) ridimensionandone la portata e dando così fiato alle perplessità da più parti sollevate sulla reale credibilità dell’impegno spagnolo per la Palestina, in assenza di un vero e proprio embargo a Israele.
L’introduzione della figura giuridica dell’embargo nella legislazione spagnola sul commercio d’armi è il nocciolo di una proposta di legge, condivisa da un ampio schieramento di organizzazioni della società civile e presentata al Congresso spagnolo il 12 luglio 2024 dal Bloc Nacionalista Galego, EH Bildu, Esquerra Republicana de Catalunya, Podemos e Sumar.
Il governo del PSOE ha bloccato questa riforma per quasi un anno, fino al 20 maggio scorso, quando si è deciso a sostenerla. La riforma però non è ancora entrata in vigore: il suo iter parlamentare, che prevede un esame in commissione e un nuovo voto nel plenum del Congresso, potrebbe richiedere fino a due anni.
Eppure il gruppo dei Giuristi per la Palestina segnala che sarebbe sufficiente un decreto legge del governo per applicare immediatamente l’embargo integrale sulla compravendita di armi e bloccare ogni collaborazione militare con Israele.
Dello stesso avviso è anche Podemos che denuncia l’ipocrisia del governo. Secondo il segretario d’organizzazione della formazione Pablo Fernández, “la complicità del governo con lo stato genocida d’Israele si mantiene intatta”.
Mentre la tragedia di Gaza si fa ogni giorno più insopportabile, il governo spagnolo pratica obtorto collo la politica degli annunci ad effetto, mosso più dalla pressione esercitata dai collettivi di solidarietà con il popolo palestinese e da alcuni dei partiti che sostengono il governo, che da una chiara volontà politica di porre fine alla cooperazione militare con Israele e al genocidio in corso.
1 https://centredelas.org/publicacions/benefici-collateral/
L’inchiesta è integralmente disponibile in spagnolo e in inglese.
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