La maggioranza sbanda, il governo tecnico dà i numeri e si rassegna (“abbiamo fatto quello che dovevamo, la crescita dipende dai mercati e dall’Europa”).
Diventa chiaro che non c’è nessuna “strategia di sviluppo”, ma solo un ricondurre a schiavitù il lavoro, in miseria gli anziani, al remo i rematori.
La folla mormora, chiede cambiamento, è disposta a votare persino un comico in disarmo piuttosto che una banda di predoni travestiti da “partiti”.
Anche a sinistra la forza del ricatto ventennale – “o noi o Berlusconi” – ha perso quasi tutta la forza. Si scende in piazza, si mormora più insistentemente di sciopero generale. Bisogna pur fare qualcosa, cavolo…
Un cadavere politico ed anche economico – le aziende del Cavaliere sono in uno stato comatoso, a partire da Mediaset – che non può più spaventare nessuno e che si è rinchiuso nell’autodifesa. Il pericolo è chiaro: può nascere qualcosa di indipendente dai loro giochini da scambisti (di poltrone).
Quindi, all’improvviso, proprio nel giorno che una sculettatrice professionista depone a Milano per dire che, sì, si travestiva da Obama e Boccassini in “intimo molto ricamato” per cercare di sollevareil Capo dall’impotenza senile, ecco che torna improvvisamente in campo per chiedere il “presidenzialismo alla francese”. Orrore, scandalo, indignazione, “il caimano è ancora alle porte”. Come se davvero quel vecchio impresario ridotto all’imitazione di se stesso potesse ancora spaventare qualcuno…
Povero Berlusconi, sventolato come una minaccia quando è ormai solo un pupazzo sfatto.
Usato, insomma, come il Fai…
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